Storia vera con nomi inventati......uno scorcio di vita Vallatese - a cura del Dott. Erminio D’Addesa - www.Vallata.org

Storia vera con nomi inventati......uno scorcio di vita Vallatese
a cura del Dott. Erminio D’Addesa

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     La tristezza ed a volte l’infelicità di un paese, di una comunità le noti già la mattina presto; queste sensazioni, questi stati d’animo si percepiscono già , di buon mattino, nella quiete del mattino.
     Chi si leva di buon mattino e va incontro al giorno, ad una nuova giornata fatta forse di lavoro, di incontri, sicuramente di pensieri e di preoccupazioni e mentre forse sta a preparare la macchinetta del caffè da mettere sulla cucina, pensa a tante cose, riflette su tanti momenti della vita, situazioni che forse non riesce più a gestire, a governare o che vorrebbe modificare; mentre il caffè esce dalla macchinetta ed il profumo si irradia per la casa e per la via perché intanto ha aperto la finestra della cucina per gustare l’aria fresca e la quiete del mattino ed inizia a vedere passare le prime persone a piedi; le prime macchine scivolare via velocemente.
     Gente che con il piccolo trattore va in campagna per coltivare l’orto, chi va al lavoro con la macchina, chi in ufficio; ormai riconosci le auto e quindi le persone dal rumore del motore e dal modo di guidare, senti il passo leggero dell’avvocato in pensione che guadagna la strada per la piazza per il primo caffè della giornata e per acquistare il giornale; il silenzio del mattino è scosso dall’abbaiare del cane che la vicina di casa porta a passeggio prima di recarsi al lavoro; i piccioni che hanno la loro dimora nel palazzone diroccato e volando si posano sull’asfalto della strada incuranti di qualche veicolo che transita. Poi mentre sta sorseggiando il caffè arriva Mario, con passo veloce e silenzioso, a volte se lo trova all’improvviso davanti o alle spalle, se è girato, e quasi si spaventa; gli chiede se il caffè è pronto, cosa che fa quasi abitualmente ogni mattina e lo fa anche con altri al bar ; lo fa entrare e gli porge il caffè che trangugia velocemente anche se caldo, forse caldissimo e scappa via, Alberto che fa il maratoneta ed inizia la sua corsa, Ludovico che alle 6 e 45 va al lavoro con la sua auto, Gilberto che arriva dall’Annunziata, Rocco che scende da Santa Maria. Intanto ancora qualche auto che passa, ad una certa ora passa anche il mezzo degli operatori ecologici, nel frattempo va a vestirsi, raccoglie le sue cose ed esce di casa.
     Arrivato in piazza Fontana a volte non incontra quasi nessuno, dipende anche dall’ora di apertura dei bar e dal turno riposo settimanale degli stessi, viene preso da una tristezza, una malinconia del perché vivere in questo paese, in questi paesi del Meridione, lontani da tutto e da tutti. Man mano però la piazza si riempie di tante persone, di tante anime sole e forse felici sicuramente non tristi perché probabilmente contenti del proprio modo di essere, della loro vita. Persone che sono accomunate da uno stato di solitudine; solitudine che sa tanto di disagio se non di disabilità; disagio fisico, disagio mentale, disagio affettivo o sentimentale; comunque persone che sono sole, che vivono in solitudine la propria vita e la piazza, l’agorà diventa la loro casa comune, forse la loro famiglia; la piazza che diventa l’immensa cucina di casa dove al mattino una famiglia normale si incontra, dove forse si discute dell’organizzazione della giornata, della scuola dei figli, delle materie studiate o meno, del lavoro che stanca, che manca o scoccia, dei soldi che non bastano, del pranzo già preparato di buon mattina o tardi la sera precedente per chi ha impegni lavorativi.
     Ecco la piazza che diventa la cucina di casa, dove si ritrova o meglio si trova la compagnia che è mancata la sera e la notte trascorsa; c’è Giorgio, vedovo e solo, che già beve di buon mattino la sua prima birra della giornata in un angolo di Largo Mercato, Alberto, single, che va a ritirare i giornale all’edicola per il bar; Luigi, vedovo, che spunta lentamente appoggiandosi al bastone e fumando la prima sigaretta della giornata; Michele, anche lui solo con i figli al nord, a prendere un caffè al bar; altri, che iniziano a parlare di politica e di cose amministrative ed intanto le macchine corrono velocemente perché lo spazio dalle sette alle otto è il tempo di raggiungere il posto di lavoro, per chi lo ha ancora anche se quasi sempre precario e con poche prospettive, mentre per la parte economicamente ricca e facoltosa non è ancora iniziata la giornata a parte per qualche professionista che ha l’abitudine di iniziare di buon mattino la propria attività. E questo è il tran tran quotidiano di un paese che si va man mano fisicamente svuotando; anche per il resto della giornata è così anzi si rafforza in piazza la presenza di infelici alla ricerca di compagnia e forse di solidarietà; un paese, una comunità che si va antropologicamente e socialmente modificando, un paese di tanti soli, che aumentano sempre più al di là dei motivi, e di tanta solitudine che resta tale pur stando insieme.


    Vallata, lì 27 Giugno 2012

Dott. Erminio D’Addesa

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