VALLATA E IL SIMBOLO DEL GALLO: UN RAPPORTO ENIGMATICO. SU UNA ANTICA PIETRA GIA’ IN VIA TRIONFO RAFFIGURATI BEN QUATTRO GALLETTI. INDECIFRABILE IL SIGNIFICATO CONNESSO. Prof. Rocco De Paola

VALLATA E IL SIMBOLO DEL GALLO:
UN RAPPORTO ENIGMATICO.
SU UNA ANTICA PIETRA GIA’ IN VIA TRIONFO
RAFFIGURATI BEN QUATTRO GALLETTI.
INDECIFRABILE IL SIGNIFICATO CONNESSO.
A CURA DI ROCCO DE PAOLA


A cura del Prof. Rocco De Paola
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     La casa di via Trionfo, della quale,in un mio recente articolo,ho riprodotto una antica foto(1), ritraendola dal testo di don Gerardo De Paola(2), già disabitata da anni e ormai fatiscente, fu demolita completamente negli anni Ottanta del secolo scorso. La facciata comprendeva due architravi di un certo interesse, di cui uno con iscrizioni in latino. Un architrave era sormontato da una croce in rilievo, sulla parte sommitale dell’altro c’era (vedi foto) una sorta di maschera in pietra con tratti somatici di fattura molto primitiva.

     Vi erano, poi, due piccoli blocchi lapidei di cui uno riproduceva dei galletti, con delle iscrizioni nella parte superiore, mentre l’altro presentava solo un’epigrafe in latino. Questo materiale è stato preservato dalla possibile dispersione per merito encomiabile di alcuni cittadini che, sensibili alle sorti del nostro patrimonio culturale,hanno avuto cura di recuperarlo e custodirlo, meno la misteriosa figura che sovrastava uno dei portali, forse il pezzo più interessante dal punto di vista archeologico,di cui si sono perse le tracce.
     La pietra oggetto del presente lavoro e l’altra con la sola epigrafe furono recuperate da Mauro Stanco, all’epoca Presidente della “Pro loco”, e depositate presso il vecchio Asilo Infantile di via Trevico, ove sono rimaste ignorate per decenni. Della pietra con i galletti conservavo solo una larvata immagine ormai sbiadita dagli anni. Poi, qualche mese orsono, venuto a conoscenza del luogo dove erano parcheggiate le due pietre, ho provveduto a rintracciarle e recuperarle, in collaborazione con Mauro e con l’amico Severino, per timore che andassero definitivamente disperse e per poterle esaminare, onde trarne qualche indicazione sul significato delle raffigurazioni e delle scritte e sulla loro eventuale destinazione. La pietra che riproduce i galletti è in arenaria e misura cm 65 di lunghezza e cm 42 di larghezza, per uno spessore di cm 15. Nella parte inferiore, in una doppia cornicedi cm 59 X cm 20, con listelli arrotondati, sono scolpiti quattro galletti in stiacciato e quello più a destra volge la testa agli altri tre che sembrano seguirlo ed essere ai suoi ordini. Il significato di questi gallinacei risulta abbastanza sibillino.

     Eppure in Vallata il gallo ha largo spazio nei cognomi (Gallo, Gallicchio), nella toponomastica (via del Gallo ed annessi vicoli), ed è raffigurato nelle chiavi di diversi portali di palazzi gentilizi ed anche di case comuni. Persiste il mistero sul perché di una così ampia presenza, anche per la assoluta carenza di fonti scritte o di una qualsivoglia tradizione orale. Un ascendente va, forse, ritrovato nella antichissima simbologia, secondo la quale il gallo veniva ad assumere diversi significati. Già nell’antica Grecia quell’animaletto è “consacrato al sole, indicatore del tempo e sorgente di vita, poiché ne annuncia il sorgere. Come tale non è solo nunzio del giorno, ma anche fautore della nascente luce della vita”(3). Sacro ad Asclepio(4), il dio che restituisce la sanità, il gallo assurge anche a simbolo della guarigione-vita e della morte-vita(5).
     Anche nella Magna Grecia ritroviamo il simbolo del pennuto, raffigurato nel rovescio di una moneta di bronzo coniata a Crotone, come è dato rilevare dal monogramma KPO formato dalle iniziali del nome di quella località, con la K nella forma arcaica. L’animale è associato, nel dritto, alla testa galeata di Marte, dio della guerra, evidentemente a causa della sua indole pugnace che ben si adatta a quella divinità(6).
     Il gallo è un riferimento anche della dea Minerva e, per traslato, di Atena, come uno degli animali sacri ad essa dedicati. La testa galeata di Atena, con elmo corinzio, compare, nel dritto, su monete di bronzo dell’area culturale osco-sannita e nel rovescio viene raffigurato proprio il gallo. A Cales, a Suessaed in numerose altre località vennero coniate monete con quelle raffigurazioni.


In questa moneta di Suessa è visibile nel rovescio il gallo con la scritta “SVESANO”.
(L’immagine è tratta da Summa gallicana/lessic/numismatica).

     Il mondo romano oscilla tra scetticismo e credenza nelle virtù divinatorie del gallo ed un atteggiamento di ricerca razionale circa gli atteggiamenti e le potenzialità proprie dell’uccello. Se Lucrezio fornisce una presunta spiegazione “scientifica” sul potere del gallo di incutere timore persino ai leoni, Plinio ne mette in evidenza la naturale propensione ad assumere un ruolo di leader, di cui è manifestazione l’atteggiamento altero assunto nei riguardi della “plebs”(7), tanto da meritare che la porpora romana gli renda onore!
     Più tardi, in ambito cristiano, il simbolismo legato al volatile si arricchisce di ulteriori attributi. Già agli albori del Cristianesimo si ritrova l’immagine del gallo su moltissime lucerne, sarcofagi, iscrizioni funebri, mosaici,non solo come riflesso dell'episodio, citato nei Vangeli, del rinnegamento di Pietro, ma anche come tangibile segno di vigilanza sul defunto e come emblema evidente della resurrezione, essendo esso il nunzio del giorno, col rinnovarsi della vita alri-sorgere del sole(8). Nel secolo X si ha la prima testimonianza dell’utilizzo della sua immagine sui campanili e nel secolo successivo, sotto il pontificato di Pasquale II, fu apposto un gallo sulla basilica del Laterano(9). Oltre che per l’evidente simbologia che lo identificava come animale solare per eccellenza (già nell’antica religione mazdea era consacrato al dio della luce Ahura-Mazda), la banderuola con la sua immagine aveva anche la funzione pratica di indicare la direzione dei venti, intesi, tuttavia, come manifestazione di una forza soprannaturale. Più tardi tale usanza si estese alle abitazioni private, in quanto una banderuola sul tetto era il simbolo ed il segno della preminenza, rispetto alla comunità, di un individuo, di una casta o di una corporazione(10). Per i Padri della Chiesa il gallo assunse la duplice valenza di scuotere i pigri, richiamandoli al culto mattutino, dopo aver discacciato con il suo canto gli spiriti cattivi, dissipando le larve notturne, e di fare le veci della stessa immagine di Cristo, vincitore delle tenebre del peccato e dell’Inferno e risuscitato sul far dell’alba(11). Quando poi la medicina si caratterizzò come scienza svincolata dalla teologia, il gallo divenne il simbolo delle arti mediche e farmaceutiche, in continuità con la classicità greca che lo sacrificava ad Esculapio(12).
     Anche nella cultura musulmana il gallo, in specie quello bianco, assume delle caratteristiche che lo rendono un animale degno di una particolare venerazione, essendo il prediletto del Profeta, in quanto “nemico del nemico di Dio”(13).
     Per i Celti, pur essendo considerato un animale solare, viene più spesso associato al mondo ctonio ed al Mercurio celtico nella sua parte più tenebrosa.
     Nell’ambito della Massoneria il gallo è annunziatore della luce che il “recipendiario” (neofita) sta per ricevere e ne è il segno esoterico in quanto, durante il rito dell’iniziazione, il neo-adepto perverrà ad una luce che farà chiarezza nella sua anima.
     Come ben si vede da questa breve e sommaria disamina, il gallo, fin dalla più remota antichità, è stato assunto come animale connotato da una molteplicità di raffigurazioni simboliche. Tuttavia, quanto siamo andati dicendo solo in parte può esserci di ausilio nella ricerca del significato dei galletti scolpiti sulla pietra recuperata in via Trionfo. Il galletto sulla destra sembra avere una posizione preminente sugli altri, sulla “plebs”, e questo potrebbe stare ad indicare la prevalenza di un individuo, di una classe sociale o di un ceto sulla massa.
     Si potrebbe anche ipotizzare, per il fatto che larga parte della toponomastica,immediatamente a valle della Chiesa Madre, sia stata intitolata al fiero e spavaldo pennuto, che nelle dimore di quelle strade vi fosse allocata una qualche corporazione d’arte o una confraternita o una forte componente etnica immigrata o dedotta.
     Non si trascuri di considerare come Vallata fin da tempi remoti abbia accolto popolazioni e truppe di origine orientale(14) e, nei secoli posteriori, nella cittadella fortificata si stabilì “una piccola ma fiorente comunità ebraica”(15).
     Tuttavia, la nostra interpretazione non può spingersi oltre, se non a pena di arbitrarie forzature. Certo è che la simbologia ed il significato recondito di questa misteriosa pietra non trovano riscontri né nella tradizione scritta od orale né nella iconografia conosciuta. Né, tanto meno, ci è di aiuto la scritta soprastante. Sicuramente essa è in una forma di italiano arcaico, ma, comunque, il senso complessivo rimane in gran parte inafferrabile, anche per il fatto che è completamente erasa sia nella parte destra che nella parte sinistra e difficilmente potrebbe essere reintegrata in qualche modo. Sono state poste in essere diverse “tecniche” per metterne in evidenza le lettere, mediante lo spargimento di terriccio sulla superficie, con foto a luce radente ed a luce naturale. Qualche risultato si è ottenuto con la “tecnica” meno nobile, ossia con il trattamento con terriccio, come si può agevolmente osservare dalla foto allegata sopra. Con il programma “paint” del computer, poi, sono stati ripassati i contorni delle lettere visibili ed alla fine del processo si è ottenuto un risultato discreto (vedi foto sottostante), che, comunque, consente di poter interpretare solo in parte il testo.
     Tuttavia, il significato globale della scritta resta oscuro e soprattutto non serve a denotare il messaggio criptico insito nei quattro galletti disposti in quel modo.


     Le lettere del testo superiore sono in rilievo anziché incavate e non difettano di una certa ricercatezza, anche se si nota la simultanea presenza di talune lettere in minuscolo, come si può vedere nella foto, forse per ragioni di spazio. Le parole sono separate da segni diacritici a forma di “esse” rovescia.
     Sulla sinistra si può identificare un “del” o un “nel” cui segue “gallecto” e poi “cata(…)”. La scritta sottostante, che sembra essere un graffito, è ancora meno decifrabile, come si evince dall’immagine. Le chiavi dei portali delle case gentilizie che riproducono il gallo, forse, offrono la opportunità di una più semplice esegesi, anche per il fatto che la esposizione al pubblico doveva essere di immediata “lettura” anche per gli indòtti. L’animale denota certamente una preminenza del casato rispetto alla massa o, più semplicemente, designa una tradizionale pratica professionale nel campo della medicina esercitata nel corso del tempo. Certamente in tal senso va interpretata l’immagine del gallo che fronteggia un serpente che è raffigurata nella chiave del portale di palazzo Pelosi prospiciente piazza Garibaldi.Analoga interpretazione è dovuta per un portale di palazzo Batta, in via Niviera, in cui si osserva un galletto rivolto verso un caduceo, tradizionale simbolo della scienza medica. In altre chiavi, il gallo è semplicemente opposto ad altri animali, a volte rampanti, oppure campeggia solitario, come nella chiave del portale di palazzo Gallicchio, dove, con tutta probabilità, esso richiama appunto il cognome di quella famiglia gentilizia. Occorre fare anche un cenno alla presenza del gallo nella iconografia tradizionale di San Vito, che si ritrova specie nei paesi nordici. A Vallata il gallo era da tempo immemorabile una presenza costante della fiera di quel Santo Martire che ancora si svolge il 15 giugno, festa del compatrono del paese(16). Quest’antica tradizione,che conferiva una vivace nota di colore alla festività, purtroppo, da qualche anno, è caduta in disuso per imperio delle autorità sanitarie!
     Una possibile chiave di lettura per interpretare il significato recondito dei quattro galletti è legato a un del tutto personale, remoto ricordo legato alla figura del defunto arciprete don Arturo Saponara il quale, talvolta, negli anni Sessanta del secolo scorso, guidava presso quel venerando rudere un gruppetto di giovani, tra i quali il sottoscritto, fornendo delle spiegazioni a quegli imberbi discenti circa i cimeli che si trovavano su quella facciata. Tra l’altro, rammento, sia pur vagamente, che quel sacerdote avrebbe sostenuto che quella pietra con i galletti sarebbe risalita ai primi tempi del Cristianesimo, essendo essi uno dei simboli noti di quella religione primitiva. Ovviamente si tratta di una reminiscenza da adottare con le dovute cautele, a causa del trascorrere dei tanti decenni che rendono incerta e poco affidabile qualsiasi traccia mnestica che ancora alberghi nei recessi della memoria. Ad essa, dunque, non si può attribuire certezza di prova inoppugnabile sulla possibile datazione di quel monolito, per la ragione testé addotta e per il fatto che la scritta, su di essa incisa,sembra riportare a secoli più recenti. E, pur tuttavia, se una tale labile traccia potesse essere comprovata da ulteriori studi e da testimonianze più probanti, si potrebbero aprire scenari interessanti circa l’ipotesi di un’origine ancora più remota del nostro paese rispetto a quanto si è ritenuto finora.
     Allo stato, però, l’enigma dei galletti raffigurati sulla pietra di via Trionfo, persiste e, forse, potrà essere sciolto solo con il concorso di studiosi addestrati a leggere, attraverso pur labili indizi, le lapidi che, a causa dell’usura determinata dal tempo e dagli eventi, rappresentano una sfida e un arduo cimento che richiedono capacità ermeneutiche non comuni per un loro compiuto disvelamento.
     Il guanto di questa appassionante tenzone può idealmente essere lanciato a giovani studiosi che volessero mettersi alla prova per dissolvere, infine, l’arcano che aleggia ancora su questi misteriosi animaletti.

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1) Vedi l’articolo“Portali con iscrizioni. Un antichissimo architrave con epigrafe…” in Vallata.org.
2) Gerardo De Paola, Vallata rassegna storica civile religiosa, Valsele, 1983, pag. 32.
3) Louis CharbonneauLassay, Il Bestiario del Cristo, trad. it., Arkeios, Roma, seconda ed., 1995. A pag. 223si afferma che nelle antiche rappresentazioni di Esculapio, il gallo, uccello di luce e di vita, è generalmente opposto al serpente. Il rettile rappresenta la malattia che dà la morte, il gallo, invece, la guarigione che ridona la vita.
4) Giovanna Maria Pintus, Storia di un simbolo: il gallo, articolo pubblicato su “Sandalion, quaderni di cultura classica, cristiana e medioevale”, Università degli Studi di Sassari, 1986, pag. 244.
5) Idem, ibidem, pag. 245.
6) Giuseppe Fiorelli, Osservazioni sopra talune monete rare di città greche, Napoli, tip.Virgilio, MDCCCXLIII, pag. 59. Nella tavola II, n° 4/b12, è raffigurata la moneta con le immagini di Marte e del gallo.
7) Idem ibidem, pag. 256 e segg.
8) Edouard Urech, Dizionario dei simboli cristiani, ed. Arkeios, Roma, 1995, pag. 106.
9) Jean Hani, Il simbolismo del tempio cristiano, trad. it., ed. Arkeios. Roma, 1996, pag. 82.
10) E. Urech, op. cit., pag. 106.
11) J.Hani, op. cit., pag. 82.
12) G. M. Pintus, op, cit, pag. 245.
13) MalekChebel, Dizionario dei simboli islamici, trad. it., Arkeios, Roma, 1997, pag. 143.
14) Relazione del prof. Francesco Barra tenuta in occasione della celebrazione del V° centenario della battaglia di Vallata il 4-5-6 maggio 1996, pubblicato nel bollettino annuale a cura dell’Amministrazione, pag. 53.
15) Idem ibidem, pag. 58.
16) Angela Cataldo, Vito Antonio Nufrio, La festa-fiera di San Vito a Vallata, ermeneutica degli aspetti religiosi, civici, culturali e folcloristici, Rotostampa srl, Nusco, 2011.

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