Le valli dei Giganti - Italo
Vallata:
“Le valli dei Giganti”

    Le Valli dei Giganti : Umile omaggio a tutti gli anziani dei vari contadi nelle soffocate afose valli, col precipuo rievocarli nelle più dure vicissitudini che hanno caratterizzato le loro pur sofferte esistenze in estenuanti prigionie e soggiorni.
    Oltre i confini dell’Italia

   Dante Cicchetti ..(Barone). Pasquale Branca …. Tanucc’- M’ceglie…. Rokk -r’ Torr (Forgione)…. Il vecchio Ciriaco Del Sordi…Gaspare Maiorano…Rocco Mariconda, i vari esattori di Vallon-Castello (Rinaldi Antonio, Bartolomeo, Carolina.. ecc.)… Michel’ Cap’yangh…Z’ Cekk’ -Vignarul… (Garruto) Z’Cekk’ -r’ Stef’n’…( Di Stefano) -Rokk’ r’ Ant’nion’.. (De Salvatore)- Z’alfons -Muskar’t’l…Z’Cekk’- S’n’kess.. .Z’Giuvonn’ Santuccill’…(Cerullo) Vit e Dumen’k’ Di Leo.. Giuvonn’ Zabbaron’ ( Lu pocc’e, Cosmo)..Giovann’ Biancamano (Zabbaron’) Nicola -Zapp’ddon’…Fonz’ Manfourr’..Lu-Vikk’ye -r’Zuzz’… e con particolare riferimento a “un uomo…un amico, Z’antoni’e -Pakk’tell (Rauseo)”da mezzana –perazze (che seppe rivelarmi i misteriosi canti notturni su un vecchio sito Pagano atto a riti religiosi) e a suo dire, a ridosso del naturale cammino fluviale Calaggio-chiangaredd –Mont’vakkar’ (percorso forse anche dal Condottiero Annibale, e si annovera nella leggenda che lo stesso abbia perduto nelle zone citate il proprio pugnale d’oro con nel manico dei diamanti)

    Nella mia pur breve missione di latore, portatore di messaggi, di piccole gioie e di tante cattive notizie, dedico a questi uomini l’omaggio nel rievocarli come Maestri di vita dalle più esecranti difficoltà, supportate nelle oneste intenzioni di voler prosieguo e doveroso insegnamento ai posteri che nelle ragioni di utile cultura hanno donato il prezioso precetto per le più solide capacità di prospettive future.
    Drammatici ricordi di vecchie storie d’America- reduci di sordite battaglie della 1° guerra –Mondiale e successive lotte belliche nelle vane coloniche conquiste, in lunghi mortificanti periodi di prigionia.
    Accaniti caparbi profeti dei valori della Natura.
    Omaggiare quest’uomini è dar prestigio alle loro progenie che reduci da lontani pregi vollero roride rose nel sofferto cammino di notti infelici, e nel placar quiete, sfoggiaron sguardi tristi agli ormai lontani orizzonti.
    In una convinta recita di drammatico ricordo di vecchie storie d’America,
    qui la storia di un uomo chiamato “Pasquale Branca”:
    Il raro batter di ciglia faceva severo il suo sguardo.
    Come una minaccia rendeva pesante il silenzio, mai nessuna parola era di affronto alla luce dei suoi occhi grigio-chiaro che penetranti squarciavano l’animo dei più ostinati arroganti malaugurati raffronti.
    La falda del suo cappello più volte sollecitata dal vento, si ribellava al compito di adombrare le stesse palpebre in una convinta missione, nell’aleggiare i difficili pensieri che, a stento si racchiudevano in una cosi stretta e soffocata mente.
    In cima a quel poggio avvolto nella vecchia mantella a ridosso della schiena, lasciava che i suoi lembi ormai collaudati alle più difficili bufere, sfilacciandosi cedevano più alla danza delle sue isteriche agitazioni che non al difficile compito di conforto a quell’immagine patriarcale.
    L’orizzonte avvolto in un concerto di alterni colli si prestava come teatro ai suoi lontani ricordi. Ormai non più giovane, costretto a un lento mortificante andirivieni in cima a quel rilievo, confortato solo dall’ubbidienza del massiccio cane che coll’agitate curiose scorribande lungo tutto il cammino del recinto, faceva chiaro il pericoloso confino.
    Era autunno inoltrato, il tempo incerto dava ancor più triste quella grigia giornata che minacciata da plumbee nubi, si preannunciava in un lacrimare nel maldestro vento.
    Appoggiato all’artigianale bastone , imperturbabile lasciava che lo sguardo consumasse la stanca e silenziosa valle in un pesante rimembrare alla luce delle più difficili e rassegnate esperienze.
    A ridosso del punto di osservazione, un casato fatto di vecchie pietre dava la pallida idea di una confortevole abitazione, e nell’eloquente punto nero in una cornice semi-rotonda e grigia rendeva difficile l’idea di una porta d’ingresso che, dimezzata nella parte sottostante da una precaria portella di legno fungeva da fantasioso riparo al difficile clima.
    Il terreno indurito dalle insolite stagioni, cercava conforto nelle sparute e rinsecchite sterpi di ormai passati raccolti; inutilmente si rallegravano alle eccitanti isteriche danze dell’ultime sterpaglie nell’augurato proposito di altre semine.
    Tuoni lontani, accecanti lampi in fragorosi rotolarsi di paurosi rimbombi non turbavano quella sacra figura, che convinto allo stoico ruolo, ormai forgiato nel difficile cammino di ripetuti espedienti, non viveva più di tanto la sua dura esistenza. Un uomo, che non si ripeteva in inutili gesti, ma che ponderato alle sue convinzioni sapeva solo nella sintesi i valori più essenziali.
    Il silenzio vuole il buio per ascoltare alla luce degli utili pensieri, che se alleviate da ventilati fischi alterni, tolleravano la malcapitata portella nel fastidioso insulto.

    Un giorno, io preso dallo svolgere il monotono quotidiano giro, con alterno programma già indicato nella tabella settimanale, mi accingevo quel sabato a fare consegne sin verso il confino di Guardia-Lombardi,attraversando dopo la discesa della via del Toro-Montalbi e quindi verso la salita di Terzo-di mezzo che si affiancava in una valle alle pendici di Piano-calcato in uno scenario di lussureggiante verde. Ove in tempi utili da mano esperte e occhi allenati si faceva incetta di quei caratteristici funghi chiamati “cardoncelle” che solo nel prestigio di un uomo chiamato “ il Gigante della valle - Tanucc’e m’cegl’ie” si capiva quanto importante e’ sapere nelle sue alterne fasi con il saggio evolversi a si capite ragioni tanta saggia natura. Interpretando con muta gestualità l’agreste filosofia in naturali intuiti di azzeccate previsioni.

    Qui in una curiosa circostanza, da Z’ Pasqual’ r’ Brank , nacque naturale una delle sue battute spiritose. Quanto nostalgico acuto riferimento:
    -col volermi ringraziare per aver portato l’esigua pensione, in tono mesto e succinto pregava la moglie del prendere una piccola “maciotta di cacio” da regalarmi. Per una curiosa e malcapitata perdita di pochi minuti, la moglie si dilungò nel sistemare le spase asciugate nell’apposita vecchia credenza. Z’Pasquale irretito ripeté l’invito con toni più decisi. La povera signora, quasi impacciata si precipitò con veemenza e nell’eseguire l’ordine con gli scarponi chiodati inciampò sui ciottoli di pietra del pavimento e con acrobatica manovra , come una robusta “giumenta” seppe riequilibrarsi scatenando scintille per l’attrito. La scena sembrò drammatica e ridicola, e Z’ Pasquale con espressione severa, ironica e compiaciuta, aggiunse: «ma tu word’ sta’ ndomm’ a quest’età ankour’ ka fac’ scatedd»
    Non seppi resistere a una fragorosa risata e con divertito commiato mi congedai attingendo in quel muto abbozzato sorriso il felice prosieguo.
    La sua solitudine racchiusa nel rassegnato silenzio continuava con mano decisa nel lento agitare “lu jatatur’” sfregando in vivide scintille i tizzoni ardenti.
    Nei pirotecnici scoppiettii in alterni colori di fiamme, il vecchio camino tirava l’emozione di quei monotoni gestuali raccapricci. Consunto il rassegnarsi a un’altra triste e fredda stagione invernale. Tra le vivide fiamme, in un crepitio di bluastre scintille, l’evidente rammarico in riflessioni di idee ormai svanite.
    All’indomani dell’ennesimo giro ,con tanta tristezza notai lo sventolio del drappo nero , che sollecitato dal vento si estendeva verso la valle recitando un ultimo commovente saluto. E senza l’ostinato andirivieni di quel fedele cane, mi rese certezza del triste evento. I lenti cupi dispari rintocchi dalla vecchia chiesa, come un saluto da lontano echeggiava in tutto il contado con l’annuncio della triste dipartita.
    Moriva Pasquale Branca spegnendo la sua leggenda in una cruda inevitabile realtà, e nel triste drammatico ricordo di quelle vecchie storie d’America, arricchiva la sua dimensione di uomo nel naturale esempio ai posteri l’ utile insegnamento.

    “….Longum iter esta praecepta,
                        breve et efficax per exsempla
,,

    (Lunga è la strada che passa per i precetti,
                        - Breve ed efficace quella attraverso gli esempi
)

    Con orgoglio e infinito rispetto.

Italo Antonio Di Donato

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