D’antico Maniero a Palazzo dei Nobili - Italo

D’antico Maniero a Palazzo dei Nobili

Le ataviche famiglie:

TULLIO – CATALDO- LAURELLI


     In tempi ormai lontani,fanciullo mi portavo a vivere innocenti giochi in Piazza Tiglio.
     Piccolo borghetto dallo spiazzo vasolato con a centro una statuina della “Madonnina delle Grazie,, sistemata su un’ansa che si affaccia sulla sottostante strada, in un panorama esteso lungo tutta una visuale che si perde sin verso le pianure delle Apulie ai confini dell’ Adriatico,ove in mattini di particolare nitidezza si osserva una striscia azzurra del mare lungo tutto l’orizzonte.
     La monotonia del vivere quotidiano – specie d’estate- si animava solo verso sera in quello spiazzo, che raccogliendo in confusi schiamazzi si riunivano tanti ragazzi di tutt’intorno. Eran tempi miseri, i pochi indumenti lerci e trasandati ci rendevano vittime di discriminati giochi, e senza accorgerci più di tanto la nostra era una presenza non certo da protagonisti ; e vinti nel trambusto della confusione ci illudevamo d’esserci divertiti.
     A ridosso dello stesso spiazzale, superbo dominava il palazzo “Tullio,, ove in un robusto recinto tra profumati tigli, si notava l’evidente differenza di ceti, - fatti salvi da antichi lignaggi che si perdono si verso prestigiose origini Romane. - L’insieme di alberi e fiori,in un clima di giardino, fungeva piuttosto da ingresso ai vari locali ad uso di depositi e cantine,ben protetti da un robusto cancello armato da sonoro adunco percussore.
     Dai gradini, si saliva in un percorso fresco ed ombrato ai piani superiori, che tra ripetute vetrine, si accedeva ai vari ambienti interni. Qui in un silenzio di rispetto si accedeva da un ingresso provvisto di doppie vetrate;e solo a chieder con toni accesi : veniva consentito l’entrare con modi rispettosi e garbati. Nel primo ambiente piccolo e suggestivo, per un’abitudine di palazzo, si sostava in attesa d’esser introdotti dal “Nobile don Pietro,, che col rispondere – avanti… avanti giovanotto – ti faceva sentire importante e gratificato; tanto più che al momento di congedarsi regalava con mano generosa un’insieme di profumati biscotti.- e ancor oggi in ripetuti analoghi profumi, vivi mi ritornano quei piacevoli ricordi. E ai vari pomeriggi in cui lo stesso “Nobile,, ci ospitava a vedere i vari programmi televisivi si avvertiva la suggestiva, preziosa presenza dell’anziano genitore,che raccolto in un angolo vicino all’enorme camino, alimentato da grossi ceppi, rendeva l’idea, in tutta la dimensione, il prestigio di essere “ Nobili,,.
     Era tempo d’inverno, il clima poco generoso ci trascinava sin verso i primi tepori primaverili. Le scarse condizioni di conforto in case poco riscaldate ci costringevano a quella mortificante indigenza. Tempo di scuola . In aule come provvisori rifugi venivamo istruiti nelle più variegate forme d’insegnamento che edotte da insegnanti severi ci forgiavano l’animo alle più assurde pretese didattiche. La cosciente necessità di dover soffrire alle tante elaborate fantasie di inculca mento,incrudiva il carattere alle future recite di sopravivenza che inevitabilmente ci accompagnavano durante il difficile percorso della nostra esistenza.
     Qui in questo mio piccolo paese, troppe erano le necessità di rinnovo, che fantasticate dai facili eloqui di politici compiaciuti, non si vedeva mai ombra di opportuno miglioramento.
     I caliginosi mattini freddi e umidi si facevano più evidenti al rovistar quaderni e penne con calamaio da portar a scuola. L’isterico richiamo della campana a rispettar i contati rintocchi ci spingevan per le strade innevate,con una confusa zavorra ripiena di castagne,mele e tozzi di pane da poter consumare nelle pause durante le lezioni. In alterni passaggi ognuno poteva anche usufruire pochi minuti di calore rubati a un braciere, che, soffocato dal bruciare bucce di mele e mandarini, esalava velenosi ossidi di carbonio tra le confortate gambe di un’incosciente insegnante.
     Tra i tristi giorni di quelle realtà, a volte, per ordine di mio padre, dipendente delle poste in Vallata,venivo incaricato di consegnare i giornali quotidiani a casa “ Tullio ,, ove gia’ si ripetevano occasionali informatori nei meri compiti di aggiornare l’attenzione delle più variegate fantasiose vicissitudini quotidiane.
     Al giungere a quel doppio ingresso,e consentito l’accesso, gia’ mi sentivo confortato in quel tepor di caldo ambiente.
     E a saper di dover attendere, mi lasciavo coinvolgere in quel ticchettio di pendolo, che, cadenzato, si ripeteva sin verso gli alterni estremi nell’inutile tentativo di trovare i confini del tempo.
     E qui in una curiosa immagine il pensiero a “DonCiccio ,, che in un mattino soffocato da piovigginosa nebbia nell’ostentato triste e lento rintocco volle lasciare l’ultimo messaggio :
     “ogni uomo, sia esso ricco e nobile, o povero e megero, costretto e’ quel richiamo non può sfuggir al suo destino,e quand’anche un pendolo,fedele compagno in mille altri confortevoli rintocchi, ostinato al suo compito, non pretende ragioni alle già designate sorti, che estesi sin verso gli ultimi brandelli di ingialliti ricordi non cancella le origini di quegli animi di si generosi nobili…!!!

     “” Ab urbe nobilitate progenie
     sacralis
     possunt in laudate memoris “”

     E io nel saper ringraziare, devoto…
     Lontano saprò portar ricordo

Italo Antonio Di Donato

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home