- I Proietti (o l'infanzia abbandonata) nel settecento, ottocento e novecento anche a Vallata - A cura del Prof Severino Ragazzo

- I Proietti -

-(o l'infanzia abbandonata)-
- nel settecento, ottocento e novecento anche a Vallata -

A cura del Prof Severino Ragazzo.
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     I neonati che venivano abbandonati dai genitori venivano chiamati “proietti”, termine che è il participio passato di proiettare (dal tardo latino proiectus del verbo proiectare) che significa letteralmente gettare fuori o davanti a se o dinanzi a un luogo altrui.
     Alcuni usano il termine “esposto “ per indicare la persona messa in evidenza oppure a volte si dice “ignoto “ di persona di cui non si conosce la legittimità paterna e materna o di una delle due,oppure si dice volgarmente figlio di N.N. per intenderlo alla maniera omerica del termine oppure figlio di ‘canzerr’ che nel gergo locale è inteso in modo dispregiativo.
     IL fenomeno dell’abbandono dei minori era una piaga che interessava l’Europa e anche il Regno di Napoli se è vero che nel 1785 solo in questo ultimo territorio il dato dei proietti era di circa 25.000.
     Anche a Vallata troviamo casi del genere in quel periodo, come si può evincere dai registri parrocchiali in mancanza di documenti dell’allora università (o municipio).
     Le cause vanno individuate soprattutto nelle turbolenze sociali, nell’indigenza e nell’onorabilità.
     Vedremo come il fenomeno è maggiore nei periodi di sconvolgimenti sociali (rivoluzioni) ed economici (carestie, congiunture,emigrazione forzata), ma anche a volte il frutto di rapporti illeciti come ad esempio l’incesto, da occultare dinanzi alla collettività.
     Osservando a Vallata l’incidenza del fenomeno, si vede come esso è maggiore alla fine del 700’, all’inizio dell’ 800’, dopo l’unità d’Italia quando, sconfitto il brigantaggio, inizia la fuga disperata all’estero con gli emigranti, e alla fine del secolo e gli inizi del 900’ con le ricorrenti congiunture economiche (A volte i mariti lasciavano le mogli per fino in stato di gravidanza per cui l’abbandono anche da parte della madre diventava necessitato).
     I proietti venivano lasciati o nelle cosiddette “ruote”(congegni girevoli) dei paesi dove esistevano, o in luoghi pii, o dinanzi a case private (spesso a Vallata davanti alle case delle levatrici o ostetriche o “vammane”).
     A Napoli la struttura più nota di raccolta era ‘la Real casa dellAnnunziata’ che oltre ai proietti della città accoglieva anche alcuni provenienti dalle altre province soprattutto di quelle più vicine.
     Nel triennio 1785-1787 da Avellino ne giunsero 156 e da Ariano 29.
     Nel primo ottocento col decennio napoleonico (1806-1815) le istituzioni civili cominciarono ad occuparsi compiutamente del problema.
     Con la legge del 30|4|1811 confermata il 21|9|1826 dai Borboni, si stabilì che i comuni dovevano versare una somma per l’amministrazione della pubblica beneficenza e l’obbligo agli enti locali di provvedere alla formazione e manutenzione di ruote nonché allo stipendio di pie ricevitrici e di nutrici.
     Vallata adempie prontamente a tale obbligo come si nota nel registro delle nascite del 1809 dove si parla della ruota e anche della persona fisica responsabile della custodia della medesima.
     Spesso gli intendenti provinciali sono costretti a richiamare le amministrazioni comunali perché capitava che qualche nutrice disonesta sottraeva anche il minimo al neonato.
     Si formarono apposite commissioni di gestione della pubblica beneficenza che comprendeva il sindaco o un suo delegato,il parroco o altra persona del clero, un ‘invigilatore’ (addetto alla vigilanza) e un perito sanitario che spesso sarà il medico del paese allora chiamato fisico.
     L’intendente denunciava anche lo stratagemma con cui i proietti venivano affidati alle stesse madri naturali, assunte come balie (solo che mantenevano nascosta la cosa pretendendo di non essere nominate come madri legittime) ed era questo un espediente che serviva anche ad alleviare il dramma della povertà dei genitori costretti all’abbandono perchè nel frattempo per quella custodia percepivano pure dei contributi.
     Nel 1854 il governo borbonico nel riconfermare la legge precedente, assegna anche a ciascun comune il numero presumibile di proietti da dover assistere.
     L’anno successivo viene pubblicata la statistica dei proietti dei comuni dell’anno precedente : Avellino 149 con 77 in più del previsto, Ariano 146 con 106 in più, Atripalda 41, Mirabella 41, Serino 38, Lacedonia 36, Vallata 27, Altavilla 22, Solofra 21 ecc…
     Dei 135 comuni di cui allora era composta la provincia di Avellino 36 non denunciarono nessun proietto ma molto probabilmente li abbandonavano in altri paesi dove era stata istituita la ruota (penso che una cosa del genere avvenisse dai paesi della Baronia verso Vallata).
     Dopo l’unità d’Italia o se vogliamo l’occupazione dei Savoia del resto dell’Italia compreso il regno delle due Sicilie e da qui qualcuno vuole fare iniziare “il problema del mezzogiorno”, il fenomeno dell’abbandono resta invariato : cambiano solo i nomi dei soggetti interessati nel senso che il consiglio provinciale svolge i compiti dell’intendente e il comune affida alle congreghe di carità il compito dell’assistenza e da ultimo saranno gli uffici ECA demandati a tale compito.
     Dal libro di don Gerardo De Paola “Rassegna storica, civile e religiosa” apprendiamo che nell’anno del Signore 1779 un giorno di febbraio il reverendo don Giuseppe Zamarra tesoriere e coadiutore del parroco battezzò una figliola, nata lo stesso giorno,di genitori ignoti, che era stata esposta la notte antecedente dinanzi alla porta della casa di Antonio Vella sindaco della terra di Vallata:
     furono padrini il sindaco e Eleonora Pellegrino allora ostetrica.
     Dal registro delle nascite del comune di Vallata il 7|12|1809 dinanzi al sindaco dell’università si presenta una signora che è destinata alla custodia della ruota che porta con se un bambino che è stato esposto alla stessa ruota, involto in piccoli cenci.
     E’ questo la conferma della istituzione a Vallata della ruota che anticipa addirittura di due anni la legge istitutiva.
     La ruota sarà mantenuta per diversi decenni solo che viene fatta alternare nella custodia essendo di volta in volta un’altra persona diversa come assegnataria e prevalentemente ostetrica e titolata come pia ricevitrice di proietti.
     Non mancano però ritrovamenti fatti da persone qualsiasi, in ore notturne particolari con soli miseri panni addosso e in qualsiasi luogo del paese.
     Nell’assegnare il nome ad un proietto si teneva conto dei nomi come quelli dei neonati legittimi e che in quel periodo erano più in voga.
     I cognomi invece venivano inventati tenendo conto di diversi riferimenti :termini di città e di paesi come Mantova, Paduano, Palermo, Fiorentino, Taranto, Bergamo, Aquila, Vercelli, Rimini, Torino, Pisa, Messina, Firenze, Lucchese, Genuese, Romano, Andrettese, Villanova, Baltimora; termini di vie di Vallata:come Montalbi, Oliveto, Casino, Padula, Carosina, Palazzo, Del Tiglio, Della Corte, Marzano, Perazza, Pallone, Cesine, Taverna; termini di piante o parti di esse come: Basilico, Fiore, Fiorellino, Oliva, Giglio, Viola, Spinella, Pepe, Fiorita, Millefiori; termini di animali come: Castoro, Caprano, Pesce, Pescatore, Agnello, Falconella, Volpicella, Grillo, Rondine, Sirena, Gallina; termini dai caratteri fisici del neonato o dallo stato umorale come: Albano, Alfiero, Bellino, Brillante, Caponigro, Dannoso, Gagliardo, Galante, Pappone, Bevilacqua, Valente, Bruno, Sanitario, Moreno, Brillantino, Fortunato, Calcacreta, Piccolina, Torricelli, Preziosi, Lazzarone ecct...
     Certo c’era un bel da fare nel trovare sempre cognomi nuovi e allora la fantasia intellettiva dell’autorità comunale o del religioso di turno spaziava dappertutto come ad esempio mettere cognomi anche con riferimenti storici particolari come ad esempio: Caracciolo, Armeno, Bertaldo, Fernando, Natalino, Parnaso, Casimiro, Danese, Domizio, Gualtieri, Bartolino, Saturno, Luna, Croce, Crocetta, Guglielmo, Gianduia, Persichella, Maltese, Cicchitella, Barocco.
     C’è da dire che la maggior parte di questi esseri umani sfortunati morivano in tenera età, anche perché le condizioni igieniche e sanitarie di allora erano quelle che erano.
     Si può notare come dopo l’unita’ vengano registrati alla nascita alcuni neonati che sono già morti.
     E’ anche da considerare che i neonati venivano battezzati subito alla nascita quasi in contemporanea con la registrazione civile, proprio perché la mortalità infantile era grande e lo scrupolo del familiare toccava anche la sfera religiosa; per cui era sollecitudine del sindaco e del parroco procedere nel tempo più breve possibile allo svolgimento delle due specifiche funzioni.
     Pur se per i proietti valeva una maggiore selezione naturale per la sopravvivenza, ho constatato che seppure pochi, ma alcuni proietti sono riusciti a sopravvivere e nel corso di un secolo hanno costituito dei nuclei familiari che oggi godono di tutto il rispetto del consesso civile.
     Dal punto di vista del saldo tra le nascite e le morti c’è stato sempre un vantaggio delle prime rispetto alle seconde anche perché le famiglie erano molto numerose.
     Casi di legittimazione da parte materna : molti sono i casi di legittimazione del neonato da parte della madre e in questo caso, essendo il padre ignoto,il cognome assegnato era quello della madre.
     Già alla fine del settecento, come dal libro di don Gerardo, sono segnalati casi di legittimazione solo materna, che poi continuano nell’ottocento e nel novecento come attestano gli archivi comunali.
     Nel libro dell’arciprete si fa riferimento pure ad adozioni di figli naturali per cui il cognome iniziale viene cambiato in un secondo cognome quello dell’adottante.
     Per motivi di semplice curiosità informativa sono da ricordare le levatrici o ostetriche o vammane che nell’ottocento e inizi del novecento hanno svolto la loro attività professionale a Vallata : Lobrace Arcangela, Di Fonzo Vincenza, Travisano Angela, Candelino Maria, Gallo Rosa Angela, Del Gaudio Carmela, Di Giorgio Vita Antonia, Cautillo Filomena, Carmelitana Florinda, Gallo Francesca, Nufrio Rosalba, Di Netta Vita Maria.
     Alcune di queste erano addette alla custodia della ruota e pie ricevitrici e quindi avevano il compito di presentare il proietto al comune per la registrazione e poi consegnare il neonato al rappresentante della istituzione di beneficenza per la custodia e per il nutrimento oppure ad un semplice privato cittadino che si assumeva la responsabilità di accudirlo.

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