DI UN QUADRO DI GIOVANNI BALDUCCI GIA’ ESISTENTE NELLA CHIESA DELL’ANNUNZIATA DI VALLATA. Rocco De Paola

Di un quadro di Giovanni Balducci già esistente nella chiesa dell'Annunziata di Vallata.

A cura di Rocco De Paola
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        Nell’Archivio Storico per le province napoletane c’è una nota riguardante un dipinto del pittore fiorentino Giovanni Balducci, detto il Cosci, che si trovava “nell’ecclesia della Nunziata di Vallata”(1). La nota in oggetto è riportata da Giovanni Battista D’Addosio e recita testualmente: “A 24 luglio 1599. Gio. Thomas e Burrello paga D.ti 100 a Giovanni Balducci, fiorentino pittore, per Gio. Thomas e Brando in conto della pittura di una cona che li have pintato nell’Ecclesia della Nunziata di Vallata” (2).
        Dall’esame del testo è possibile ricavare alcuni elementi incontrovertibili. Innanzitutto la congruenza della data del pagamento con le vicende artistiche e biografiche di Balducci. E’ noto come il pittore operasse già dalla fine del XVI secolo a Napoli, dove poi sarebbe morto nel 1631. Di quel periodo fecondo si conservano numerose opere non solo nell’allora capitale del regno, ma anche in diverse località della Campania. Proprio D’Addosio ricorda, nel medesimo articolo, che, tra gli altri, lasciò lavori interessanti nello stesso Duomo di Napoli. Al Nostro, infatti, sono ascrivibili alcune tele del prezioso soffitto a cassettoni, in legno intagliato e dorato, della Cattedrale napoletana, fatto costruire per volontà del Cardinale Dario Carafa nel 1621. Altre opere pregevoli del periodo napoletano si conservano nella basilica di S. Maria della Sanità. A Maddaloni decorò il soffitto a cassettoni della Chiesa dell’Annunziata. Di grande rilievo artistico è la Pala d‘altare, denominata “del Perdono”, datata 1609 e commissionata da Carlo Gesualdo, e oggi custodita nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie di Gesualdo. Al Balducci sono attribuiti, inoltre, il quadro della Beata Vergine del Rosario, nella omonima Chiesa di Taurasi, e l’olio su tavola, “l’Annunciazione”, della Chiesa dell’Annunziata di Piedimonte d’Alife. E’, quindi, assolutamente verosimile che Balducci possa aver lavorato ad un dipinto, nel periodo indicato, per la nostra Chiesa dell’Annunziata.
        Il termine “cona” lascia alquanto dubbiosi, anche se ricorre di frequente in altre “polizze” riportate da D’Addosio. Esso, difatti, potrebbe designare sia un quadro di piccole dimensioni che, e a rigore, un affresco.
        Si consideri che il “Cosci”, all’inizio della sua carriera, collaborò con Federico Zuccari al completamento degli affreschi del Giudizio Universale della cupola di S. Maria del Fiore in Firenze. Lavorò, poi, con il suo maestro Giovanni Battista Naldini agli affreschi della Trinità dei Monti a Roma. Fece, ancora, parte del gruppo di artisti, capeggiati da Alessandro Allori, che decorarono i soffitti dei corridoi dell’ultimo piano degli Uffizi. Quindi, il nostro pittore era pienamente padrone della tecnica dell’ “affrescare”.
        L’ipotesi dell’affresco, non appare, pertanto, tanto peregrina anche facendo una attenta anamnesi delle parole del testo. In esso si afferma che il compenso, abbastanza rilevante, di 100 ducati, è stato corrisposto per la pittura di una “icona”, non di un quadro, come è detto in altre simili polizze. Inoltre, l’espressione “li ha pintato” nella Chiesa dell’Annunziata può essere interpretato in modi diversi. Quel “li” può essere inteso come pronome “gli”, con riferimento al committente, o, con una leggera forzatura, come avverbio di luogo “lì”, in quel luogo, ossia “nella Chiesa della Nunziata”. Anche la locuzione “ha pintato” può rafforzare l’ipotesi dell’affresco. Questo indurrebbe a credere alla dimora dell’artista in paese per qualche mese, per concepire e creare la sua opera.
        Inoltre, la scomparsa del dipinto si spiegherebbe meglio, nell’ipotesi che sia andato distrutto, in una con la Chiesa, nel corso dei frequenti e ricorrenti eventi tellurici che hanno devastato il paese nel corso dei secoli. Del resto, mentre la “Nunziata” è sempre stata riedificata, la medesima sorte non è toccata alla vetusta Chiesa di San Giorgio, edificata prima del 1261 (3), di cui si sono perse persino le vestigia, se non la denominazione toponomastica dell’omonimo quartiere, dopo il disastroso terremoto del 1604.
        Quanto al committente (o ai committenti) dell’opera, il testo riportato da D’Addosio non è molto perspicuo. Un certo Giovanni Tommaso di Burrello avrebbe corrisposto la somma di 100 ducati a Balducci, in nome e per conto ( “per”) di Giovanni Tommaso di Brando. Si può ritenere che l’anonimo estensore della polizza del Banco di Santo Spirito (4), da cui è stata estrapolata la nota del pagamento, abbia fatto qualche confusione tra la persona del committente e colui che avrebbe saldato in sua vece l’opera. E’ piuttosto singolare, difatti, che avessero nomi del tutto simili.
        I Banchi Pubblici Napoletani da tempo immemorabile provvedevano al pagamento dei compensi che spettavano ad artisti come pittori, scultori, architetti, “marmorari” ed “intagliatori” (5).
        L’ammontare del compenso fa ritenere che l’opera avesse notevole pregio, se è vero che opere consimili venivano retribuite con somme relativamente modeste ( 40, 30, 25 ducati ed ancor meno) (6). Riguardo al soggetto del dipinto possiamo solo supporre che avesse come tema l’Annunciazione a Maria.
        Del resto, tale soggetto è abbastanza comune nelle opere di Balducci che, nel periodo in cui operò a Napoli, subì l’influsso del manierismo spagnoleggiante, come è evidente nella Pala del Perdono di Gesualdo.
        Le scarse notizie relative all’opera perduta non ci consentono voli pindarici su quello che doveva essere l’aspetto e lo stile pittorico della “cona”. L’unico riferimento certo è il documento che ci è restituito per merito di studiosi come D’Addosio ed altri (7) e della Società di Storia Patria, che ha curato negli anni la pubblicazione dell’Archivio Storico per le province napoletane.
        Si tratta, comunque, di un prezioso frammento della storia di Vallata che non va disperso, ma va salvaguardato a futura memoria.
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(1) Gerardo De Paola, “Vallata, rassegna storica, civile, religiosa”, pag. 44. Valsele tipografica,1983.
(2) G. B. D’Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani dei secoli XVI e XVIL (XVII n.d.r.). Dalle polizze dei Banchi (contin.), pag 380, in Archivio Storico per le province napoletane pubblicato a cura della Società di Storia Patria, Nuova Serie. Anno V. XLiv (XLIV n.d.r.) dell’intera collezione, Faso. I – IV 31 maggio 1920, Napoli, Luigi Lubkano (Lubrano n.d.r.), Editore, 1919.
(3) G. De Paola, op. cit, pag. 39.
(4) Articolo di D’Addosio citato, pag. 375.
(5) Eduardo Nappi ( a cura di), Catalogo delle pubblicazioni edite ed inedite dal 1883 al 1990, riguardanti le opere di architetti, pittori, scultori, marmorari ed intagliatori per i secoli XVI e XVII, pagate tramite gli antichi Banchi Pubblici Napoletani (Ricerche sul ‘600 napoletano). Milano, 1992. Edizioni L&T.
(6) Articolo di D’Addosio citato, pag. 375 e seguenti.
(7) Barone Nicola, Le cedole di Tesoreria dell’Archivio di Stato di Napoli, dal 1460 al 1504, Napoli, 1885. In Archivio Storico per le province napoletane.
(8) Le notizie relative alla figura ed all’opera di Giovanni Balducci sono state attinte da Wikipedia.

Rocco De Paola

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