CENNI STORICI - Conoscere l'Irpinia

ROCCA SAN FELICE

I

Rocca San Felice è un piccolo borgo dell'alta Irpinia disteso ai piedi di una rocca al centro di un'alta conca. Il paese conserva un'impronta e un fascino tipicamente medievali e presenta molte attrazioni di carattere sia storico che archeologico ed ambientale. Appena giunti in paese, mi hanno colpito subito i caratteristici vicoli stretti, le casette basse, le mura in pietra locale, i filari di mattoni e i davanzali scolpiti nella pietra. In questo peculiare insediamento non mancano taluni archi, alcune abitazioni bifore o monofore e le vecchie, rustiche botteghe locali. Al centro del paese si distende la piazza dominata da un tiglio secolare, le cui radici risalgono alla rivoluzione partenopea, durante la quale sono state piantate per inneggiare alla libertà. Questo imponente tiglio è divenuto simbolo di forza e di protezione e mi ha dato l'immediata sensazione di essere il nucleo nevralgico del paese: luogo d'incontro e di discussione. Dì fronte a questo scenario sono stato colto da una forte suggestione, che si è rafforzata osservando ai lati del tiglio un'armonica serie d'archi in pietra e la fontana monumentale, dalle linee classiche. Sull'orizzonte si stagliano la facciata della Chiesa Madre ed il torrione del castello: l'area fortificata situata sulla sommità della rocca. Ci siamo, così, recati nel cortile del castello dal quale si accede al Dojon, la torre cilindrica costruita nel XII secolo, nonché antico fulcro del castello. Subito mi sono sentito pervaso dalla tipica atmosfera medievale ed il passato, pur così remoto, ha fatto irruzione nella mia vita, con il suo carico di guerre, gesta eroiche e antiche memorie cavalleresche. Con quest'animo mi sono portato all'interno della torre, dove ho scorto strutture difensive persino preesistenti alla stessa. Il torrione è fondato sulla roccia ed è stato edificato, come ci hanno spiegato, secondo la tecnica del riempimento a "sacco" in cortine di conci calcarei. A sostegno dei muri ho notato frammenti di tegole e coppi. Originariamente, in cima ai quattro piani della torre c'era una copertura finalizzata alla difesa e all'avvistamento. Infatti, il castello di Rocca San Felice, insieme alle fortezze di S. Angelo a Pesco, rappresentavano le sedi del controllo del principato di Benevento scisso da quello di Salerno nell'848 dal re Ludovico dopo anni di contese del principato originario, che li vedeva uniti. Nella fortezza di Rocca, inizialmente, abitarono i soldati, mentre nel torrione il capitano.
Oltre a questa visita, che per me si è rivelata motivo di un'appassionata immersione nel passato, abbiamo apprezzato, scendendo a valle, la parte più antica del centro storico: il borgo. Questo mi ha colpito per il fascino delle strette stradine e delle case ritagliate nella roccia, nonché delle finestre abbandonate ad un ordine disarmonico. Anche la pietra dei davanzali, ornati e ravvivati da gerani, ha calamitato la mia attenzione: è una pietra piatta lavorata in maniera grezza.
Ho trovato molto interessante anche il museo civico ricavato dalla ristrutturazione di alcune vecchie abitazioni dell'antico borgo. Qui sono esposti manufatti in pietra, in legno, terracotta, osso, vetro, ceramica e metallo, rinvenuti durante il lavoro di restauro del borgo e del castello. Ho ammirato manufatti d'uso comune e da tavola, tra i quali ricordo coppe, boccali e bacini ornati secondo motivi geometrici, animalistici o vegetali, in più c'erano tegami e coperchi del tardo Medioevo. Mi sono rimaste impresse, inoltre, le monete, gli oggetti in metallo, come gli spilli, i chiodi, i coltelli e i ferri da cavallo, il piedritto di camino, i proiettili in pietra per catapulte di varie dimensioni, gli oggetti di osso lavorato e i frammenti di vetro. Ritornando all'esterno, mi sono, così, ritrovato, tra questi scorci pittoreschi che fiancheggiano la roccia, a respirare l'atmosfera incontaminata del Medioevo, in un momento di straordinario silenzio, e mi sono accorto di quanto poco sia necessario allontanarsi dalla propria routine quotidiana per imbattersi in culture, paesaggi naturali e costruzioni architettoniche storicamente significative.

Pasquale Morello

II

La prima tappa del percorso educativo per la scoperta dell'Irpinia è stata Rocca San Felice, situata nella valle D'Ansanto, centro dalle origini antichissime e ricco di storia, leggenda e cultura. La sua caratteristica principale è sicuramente la famosa rocca, situata ad un'altitudine di 754 m., da cui prende il nome il borgo che conserva ancora intatto un favoloso fascino medioevale. La rocca, che è stata ristrutturata di recente, è composta da una torre a pianta circolare e da un recinto murario all'interno del quale sono stati scoperti alcuni ambienti dell'epoca medioevale. Siamo rimasti affascinati da questo luogo, da cui si gode una panoramica molto suggestiva; ricordo che nonostante il freddo pungente di quella giornata nessuno rinunciò ad attendere qualche minuto per poter entrare all'interno della rocca. Lì abbiamo vissuto e confermato in modo diretto alcune conoscenze di storia quali il modo di difendersi delle popolazioni del tempo, i tipi di mattoni utilizzati per costruire ed i vari tipi di restaurazione; in questo modo abbiamo anche potuto riscontrare, in base alle narrazioni della guida, diverse caratteristiche del mondo medioevale. Rocca San Felice è importante anche per il suo museo che conserva frammenti di ceramiche e vasi unici per il loro valore storico; la maggior parte di questi è stata ritrovata dai contadini nelle loro terre; ciò è significativo del fatto che questo territorio, durante il Medio Evo, era fortemente abitato e vissuto. Il comune ha per questo attrazioni archeologiche, storiche ed ambientali uniche in Irpinia; conserva intatto il fascino del borgo medioevale e del castello ed impressiona con i fenomeni della Mefite, un laghetto dal perimetro di 48 m., in cui ribolle acqua melmosa emettendo esalazioni di anidride carbonica ed acido solfidrico. I viaggi alla scoperta dell'Irpinia sono stati un'esperienza molto positiva; non solo sono stati dei momenti vissuti all'insegna dell'istruzione, della conoscenza ma anche del divertimento. Mi hanno permesso di scoprire luoghi di straordinaria importanza archeologica nei dintorni di Avellino, di cui, sinceramente, non credevo l'esistenza. Inoltre l'Irpinia è un territorio di incantevole interesse panoramica ed ambientale, ricca di boschi, colline, corsi d'acqua, sorgenti, grotte che mi hanno permesso di vivere a contatto diretto con la bellezza della natura.

Paola Vannetiello

III

Per alcuni versi affine alle Solfatare di Pozzuoli, la Mefite è un piccolo lago dove si verificano esalazioni di gas compresso e di zolfo in particolare. Il nome deriva dalla divinità che veniva adorata in queste zone addirittura dal tempo degli Etruschi. Infatti, per le pressioni di questi ultimi sulle popolazioni locali, alcune tribù si trasferirono in quella che è l'attuale valle d'Ansanto e, rimaste affascinate dal mistero del posto, vi si insediarono. Poi, molto rapidamente, si diffusero storie di avvenimenti straordinari riguardanti una divinità degli Inferi che risiedeva nel lago, Mefite: tant'è che anche Virgilio nell'Eneide parla di questo luogo.
Il culto della Mefite crebbe talmente tanto che, da una fase in cui si compivano solo sacrifici, si arrivò a costruire un tempio in onore della dea; nel mese di luglio si celebrava una cerimonia alla quale partecipavano anche moltissimi pellegrini. Nel corso di questa cerimonia, le vittime sacrificali venivano spinte ancora vive verso il fondovalle, nei pressi del lago, in modo che fosse la stessa dea ad ucciderle. Una volta esalato l'ultimo respiro, le vittime venivano recuperate, in modo che si potessero osservare le viscere per trarne gli auspici e bruciare le carni sull'altare. Nell'età cristiana il tempio venne abbandonato e il culto della Mefite definitivamente dimenticato.
La cosa che più mi ha impressionato della Mefite è la vegetazione: sui pendii solo qualche ciuffo di ginestra, poi nient'altro. La ginestra rappresenta per gli impavidi che si avventurano a valle un punto sicuro, dato che lì c'è vita.
Un'altra cosa che mi ha stupito è stata la completa ignoranza da parte dei miei compagni dell'esistenza di questo posto, mentre tutti, invece, conoscono le Solfatare di Pozzuoli; secondo me luoghi del genere andrebbero meglio pubblicizzati o cadranno nell'oblio anche presso chi è del posto.

Roberto Pacilio

IV

AI centro della valle d'Ansanto, ai piedi di un dirupo, c'è il lago Mefite.
Gli antichi popoli italici lo identificarono come una delle porte dell'Ade.
I Sanniti e i Romani consideravano questa terra popolata da spiriti misteriosi con i quali era conveniente ed opportuno instaurare buone relazioni, perché potevano intervenire in difesa o in offesa delle famiglie.
Sintesi fra religione e magia era Mefite, personificazione della mefite stessa, cioè, del cattivo odore che fuoriesce dalle mofete.
Il fango di questo laghetto, però, è salutare sia per le malattie della pelle che per gli animali; infatti gli antichi lo utilizzavano per curare il bestiame; i gas erano ritenuti, invece, un potente insetticida, mentre, l'acqua sulfurea unita ad altri minerali dà sollievo allo stomaco.
Appena arrivati al lago, colpisce subito il profondo silenzio interrotto soltanto dal gorgoglio dell'acqua. Volgendo lo sguardo intorno, non si vede altro che una piana arida con chiazze gialle, non c'è vegetazione se non lontano dal lago.
La Mefite è senza dubbio un luogo suggestivo, la prima sensazione provata è di trovarsi in un luogo lontano dalla nostra vita di ogni giorno fatta di caos, un luogo incontaminato.
È un posto quasi magico ma... l'incantesimo viene rotto dall'aria irrespirabile, non si può sostare molto né avvicinarsi troppo al laghetto, perché i gas possono risultare asfissianti.
Questa atmosfera particolare, i colori insoliti dal cupo dell'acqua al bianco e al giallo della piana, circondati da lontani monti verdi sotto un cielo azzurro con qualche nuvola, ha provocato in me un vuoto, un profondo senso di solitudine.
Non credo che riuscirei ad andare da sola in questo posto, non sopporterei il vuoto accompagnato dal profondo silenzio che vi domina, per fortuna che noi eravamo in tanti e lo abbiamo interrotto, ci siamo così potuti immergere e farci catturare dalla magia del posto, senza però sentirci troppo soli...!!!

Fabiola Scorzeto

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