Vallata - un isola nel mare dei dialetti meridionali - Le vocali

LE VOCALI

        "A" - La lettera "a" (lat. ad) è la più semplice delle vocali. Si pronunzia con la lingua bassa, di riposo e l'apertura delle labbra come nella parola "mamma".
        La "a" si scrive e si pronunzia qualunque sia la sua posizione nella parola e la sua funzione grammaticale. In fine di parola, quando non è accentata, il suo suono si contrae e cade di tono (1).

       Esempi:
              la càsa            (la casa)
              a la càscia       (alla cassa)
              la massàra       (la massaia)
              ra mangià'       (da mangiare)

        La lettera "a", come in italiano, è anche:
- preposizione;
- prefisso di origine greca - alfa privativa - col significato di "senza", "estraneo", "contrario", "indifferente", ecc.;
- prefisso di origine latina (ad) che comporta il raddoppio della consonante iniziale della parola cui è premesso:
       accasà'              (lat. a + casa):
       accasare attizzà' (lat. a + titio-onis):
       attizzare arripà'   (lat. ad + ripa): arripare

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        “0” - La lettera "o" (lat. aut) è vocale orale labiale, intermedia fra la "a" e la "u". In italiano ha due timbri diversi che in realtà, nonostate l'unico segno grafico che li rappresenta, sono vocali distinte l'una dall'altra: "ò" ed "ó".
       La "o" della nostra parlata ha suono lungo ed aperto poiché continua la "o" breve latina. Si pronunzia come la "o" delle parole fòrte, lòtto (banco lotto) o come la "o" del dittongo "uò" di uòvo, di uòpo, ecc. (2).
       Molto probabilmente, per l'influenza del "rostrato" linguistico e fonetico degli Italici la variante detta ("ò" ed "ó") scomparve e rimase solo il suono della lunga ed aperta:

       lu vòv(e)       (lat. bos-bovis): il bove o bue
       lu culòr(e)     (lat. color-oris): il colore
       la pòrta      (lat. porta): la porta
       lu sòl(e)        (lat. sol-solis): il sole
       la sòra       (lat. soror-oris): la sora o sorella


        La lettera "o" senza l'accento o atona non si pronunzia tranne che non sia congiunzione. (3)

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LA "O" ITALICA
       La nostra "O" è la continuazione non solo della "o" breve latina, ma, soprattutto della "O" italica.
       Se si esamina, fra le tante, la parola latina "aurum" si trova che, già al tempo dei primi Imperatori romani, il popolo non pronunziava più la "m" finale di essa e, che già al tempo di Nerone, il popolo romano e delle province Italiche (Osci, Sanniti, Hirpini) pronunziavano "O" il dittongo "au" di "aurum". Cioè, il popolo non diceva più "aurum" ma "òru". (4)
       La "ò" del volgo italico che si sovrappose al dittongo latino "au" conserva, qui, nel timbro e nel tono, le peculiarità e le caratteristiche originarie che la rendono diversa e dissimile sia dalla "o" delle popolazioni vicine del meridione, sia dalla "o" dell'italiano. (5)
       Il suo suono, ripetiamo, è quello della "o" del dittongo "uò" ma con estensione più profonda e timbro più duro e grave. E' simile, anzi uguale, al suono della "o" delle seguenti parole spagnole:

               còmo (come), pòr (per), favòr (favore).

        Per una corretta pronunzia della nostra "ò", dunque, basta confrontare il vallatene bòr (bar) con lo spagnolo pòr (per) oppure:

       ru lòtt(e) (lat. lac-lactis): il latte
       con
       ru sòl(e) (lat. sal-salis): il sale
       con
       lu còrr(o) (lat. carrus): il carro
       con
       lu còn(e) (lat. canis-is): il cane
       con
       lu tòcc(o) (lat. tacones): il tacco
       con
       lu tòcc(o) (voc. pre-rom.): il tocco

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(1) Sulla "a", vocale dura ed aperta, si usa, per le sillabe toniche, l'accento grafico (grave); sulle parole tronche che terminano in "a" e su alcuni monosillabi (ddà, ecc.) si usa l'accento ortografico (grave).
(2) La "o" breve ed acuta è, invece, la continuazione della "O" lunga e della "U" breve ed acuta latine.
(3) Sulla "o" si usa, come per la "a", l'accento grave (\).
(4) Il passaggio dall'aurum latino all'òru volgare ci porta ad alcune considerazioni: a) gli Italici al momento di assimilare il latino, lingua del popolo vincitore, conservarono alcune loro peculiarità linguistiche e fonetiche; b) la progressiva totale o parziale "assimilazione" della lingua dei vincitori dipese da quanto viva, valida ed estesa fosse la cultura del popolo vinto; e) la sopravvivenza del "rostrato italico" testimonia il grado di sviluppo economico, sociale e civile di quei popoli.
(5) Della "ò" italica vi è traccia nella parlata della vicina Carife: lu p(i)jòtt(o) (plattus) il piatto, lu m(i)rcuòt(o) (mercatus-us) il mercato, lu r(i)jòv(i)l(o) (diabolus) il diavolo, ecc.


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