Vallata - brevi cenni storici - Vallata e l'Irpinia tra passato e presente, lavoro svolto nel 1991 dalla classe Terza A della Scuola Media di Vallata e curato dal prof. Giuseppe Soldati

CONDIZIONI DELL'AGRICOLTURA E DELLA CLASSE AGRICOLA IRPINA
SUL FINIRE DELL'800

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        Dall'inchiesta Iacini del 1882 abbiamo ricavato interessanti informazioni sull'economia dell'Irpinia con riguardo all'agricoltura che costituiva l'aspetto di gran lunga più importante, e sulle condizioni socio-culturali dei contadini. L'inchiesta sulla nostra provincia è stata condotta da R. Valagara. Egli divide l'Irpinia in due zone secondo le coltivazioni predominanti. La prima è composta dal circondario di Avellino e da quei comuni del circondario di Ariano e Sant'Angelo che sono a sinistra dei fiume Ofanto e a destra del torrente Ufita. La seconda dal resto dei comuni dei circondari di Ariano e Sant'Angelo.
        La prima ha una estensione di 1749 Kmq, la seconda di 19 Kmq. In totale 3649 Kmq rispetto ai 2792 Kmq di oggi. Nella prima zona predominano le colture arboree e tra quelle boschive il castagno; l'allevamento viene praticato nelle stalle. Nella seconda zona, di cui fa parte Vallata, vi è un bosco di alto fusto, sono diffuse le culture erbacee, scarseggiano le colture di alberi fruttiferi e rara è quella delle piante industriali. Valagara rileva che presso la popolazione rurale l'istruzione agraria è quasi dei tutto trascurata e ciò è causa dell'arretratezza assieme ad un altro fattore: la scarsità di capitali. Questo elemento è dovuto alla modesta produzione e alle "soverchianti imposte" che soffocano il risparmio e l'accumulo di capitali. Riguardo all'allevamento si osserva che le razze bovine sono affini a quelle delle regioni limitrofe.

        Nella seconda zona i bovini presentano i caratteri della razza pugliese. In genere "sono dotati di grande forza muscolare si accontentano di foraggi poco buoni e resistono agli agenti fisici e meteorici a segno che molti di essi passano l'inverno all'aperto nei boschi a Monticchio". Alcuni proprietari mantengono vacche svizzere per avere latte fresco. I bovini sono adibiti essenzialmente al lavoro dei campi; alcuni sono allevati per la produzione del latte; quelli inabili al lavoro vengono destinati al macello. La macellazione viene esercitata specialmente nel territorio di Avellino. Nella seconda zona ove prevalgono i grandi poderi si pratica l'allevamento all'aperto. Nella prima zona dove prevale la piccola coltura è molto diffuso l'allevamento frazionato.
        L'allevamento equino è circoscritto nella seconda zona in particolare nei comuni di Calitri, Frigento, Lacedonia, Vallata, Ariano e Bisaccia. Predomina il cavallo da tiro leggero. Ogni razza è fornita di stalloni propri e non si fa ricorso a stalloni di migliori razze. "Da ciò deriva che i cavalli di questa provincia sono forti ma non di belle forme". Il cavallo viene impiegato per il tiro leggero, per il servizio della sella e per la trebbiatura del frumento. Data la morfologia dei territorio il commercio "fece sulla soma il maggiore assegnamento" e pochi sono i contadini che non hanno il loro asino. Sviluppato nella seconda zona è pure l'allevamento ovino. Due sono le razze principali: l'indigena o nostrana e la meticcia, derivata dall'incrocio della nostrana con la merino. D'estate i greggi pascolano sugli Appennini, d'inverno si trasferiscono sulle pianure della Campania e delle Puglie. In alcuni paesi come Calitri e Bisaccia non si pratica la transumanza. Infatti d'estate pascolano sul territorio, d'inverno sono ricoverati in ovili detti "scavaiazzi" o "pannizze". Lo scopo principale dell'allevamento è la produzione della lana e dei latticini. "L'industria della pastorizia va in diminuzione annualmente a causa della coltivazione dei terreni erbiferi e massime dei demani comunali che si vanno quotizzando". L'allevamento delle capre è un'appendice di quello ovino e il latte di esse è unito a quello delle pecore e delle vacche nella produzione dei latticini. Nella prima zona l'alleva mento suino costituisce "la maggiore riserva alimentare delle classi sociali inferiori". Nella seconda zona predomina l'allevamento all'aperto, "per approfittare della frequenza dei querceti". Il tipo di porco che predomina nella prima zona è il casertano, nella seconda il maiale della razza bianca setolosa. Assai diffuso dovunque è l'allevamento dei pollame che provvede ai bisogni locali e sostiene l'esportazione di pollastri e capponi per il mercato di Napoli. Vi sono molte varietà di galline, ma la più diffusa è quella indigena che dà un numero ci uova superiore a quella delle altre razze. Assai limitata è l'industria dell'allevamento dei piccioni, tacchini, oche e conigli. L'apicoltura ha visto l'aumento degli allevatori e fa registrare un miglioramento della tecnica. La bachicoltura è stata per lungo tempo una fonte di ricchezza; dal 1856 ha attraversato un periodo di crisi "per effetto dell'atrofia onde fu colto il baco".
        Ma da qualche anno è stata organizzata una società bacologica che ha risollevato le sorti del settore producendo bozzoli di ottima qualità. Il Valagara si augura quindi che "questa ricca industria riacquisti il suo posto antico". Purtroppo le speranze di Valagara sono andate deluse, perchè come abbiamo saputo da altra fonte: "Momenti di moda in Irpinia" l'industria serica non è riuscita più a risollevarsi, nonostante fossero stati importati dei bachi dal Giappone.
        Qual è oggi la situazione dell'allevamento? In base ai dati recenti dell'88 si segnala un calo progressivo negli ultimi 20 anni di ovini, bovini e suini, mentre sono praticamente scomparsi i caprini e gli equini. Le cause sono da ricercare nel rifiuto dei giovani di una attività poco gratificante e nell'incapacità dei nostri allevatori di costituire allevamenti di una certa consistenza. In Irpinia, salvo nella zona dell'Arianese, mancano aziende moderne o cooperative, mentre all'opposto si assiste ad un'estrema e nociva frammentazione degli allevamenti. Ritornando all'inchiesta Iacini, i caseifici godono di notevole importanza nella seconda zona e soddisfano i bisogni del mercato locale e di quello napoletano dove caciocavalli, scamorze, burri, ricotte salate e mozzarelle trovano facile smercio. Come già si è visto per il documento dei circondario di Castelbaronia, (anno 1832), nei poderi piccoli si ha la rotazione biennale tra frumento e granone, mentre nei poderi più grandi prevale la rotazione triennale: primo anno a maggese, secondo a grani duri, il terzo a grani teneri o altri cereali o leguminosi.
        La rotazione biennale diventa però triennale o anche quadriennale, quando si coltiva una metà a grano e l' altra viene divisa tra granone associato ai fagioli, patate, e una parte a canapa, a lino o a fave. La parte più interessante dell'inchiesta Iacini è, forse, quella che contiene notizie diffuse di carattere sociale.
        "L'alimentazione dei contadini ha per base pane di grano, di segale o di granturco, fagioli e altri legumi, patate, carne pecorina, ortaglie, frutta fresche, vino, lardo e olio ... Le case sono in genere poco luminose, poco areate e anguste; scarse le masserizie e tutto affumicato e lurido e spesso nelle ore della notte tale abituro è diviso con i polli e col maiale. I contadini più agiati hanno due stanze, una per dormire, l'altra per cucina ... Il vestire dei contadini è semplice: panno di lana o tela ... tessuto negli stessi paesi o provenienti dalle fabbriche di Caserta e Salerno ... Le industrie casalinghe sono il filare e il tessere. Non si hanno stabilimenti industriali di qualche entità e le fonti di guadagno sono soltanto le opere pubbliche; con vantaggio potrebbesi cercare di utilizzare il legname dei numerosi boschi e le argille che sono eccellenti ...
        In tutta la provincia vi sono cinque ospedali: in Avellino, Monteforte, Sant'Angelo, Ariano e Atripalda ... si trovano altri 29 istituti ... l'opera di questi istituti consiste nel soccorrere a domicilio le famiglie povere con medinali e sussidi in contanti ...
        Facili sono i matrimoni trai contadini; rarissimi i celibi; il matrimonio civile precede sempre quello religioso per antica costumanza. Non esistono società di mutuo soccorso tra i contadini. Nella provincia sono 475 scuole diurne maschili, femminili, e miste, 190 scuole serali e festive, 45 scuole private. Se è soddisfacente il numero delle scuole, non lo è del pari quello degli alunni ... si ha ragione di credere che appena un quinto della classe agricola sappia leggere e scrivere".
        Valagara a questo punto espone le cause dell'insuccesso scolastico e le sue opinioni sulla scuola. Finchè, dice, le condizioni dei contadini resteranno misere non ci si potrà attendere una frequenza massiccia delle scuole poichè le braccia servono per lavorare. La scuola risponde alle esigenze della classe urbana, mentre è un danno per i contadini. Infatti i giovani istruiti disdegnano il lavoro dei padri e non vogliono più saperne di lavorare i campi. Pertanto, secondo Valagara, la scuola rurale dovrebbe distinguersi da quella urbana sia per le materie d'insegnamento che per la durata e l'orario. "Deve avere una propria finalità negli ammaestramenti utili che impartisce ai fanciulli della campagna, affezionandoli all'arte loro ..."

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