Comunità di Vallata tra Chiesa Madre, Cappellanie e Regia Dogana - Sergio Pelosi — Bonifica del Tavoliere.

Capitolo V
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5.2 Bonifica del Tavoliere.

        Ma, verso la fine del 1700, il governo cominciava a preoccuparsi più della questione del Tavoliere anziché nel continuare a mantenere i privilegi feudali della sua Regia Corte. Così, si cominciarono a verificare delle vere e proprie battaglie per la censuazione ed un uso più appropriato delle terre del Tavoliere delle Puglie ed i primi a discuterne furono degli illuministi di notevole fama come Domenico Cimaglia, Marino De Marino, Giuseppe Galanti e Gaetano Filangieri. Quest’ultimo lanciò l’idea di un affitto pluriennale come premessa della censuazione. Alla fine del 1787, si decise di porre fine al sistema della professazione istituita nel 1553 e consistente nella possibilità di ciascun locato di ottenere erbaggi in quantità corrispondente al numero di pecore dichiarate, anche se non possedute effettivamente. Allora subentrò l’affitto sessennale, primo esempio di contratto stabile e di censuazione che poteva diventare perpetua se i locati l’avessero richiesto perché terre molto vocate al loro scopo. I Locati, tramite la loro Assemblea, rivendicarono un’enfiteusi individuale e facoltativa con l’esclusione dei massari di campo, ma intanto, serpeggiava un gran malcontento, per cui già molte terre cominciavano ad essere assegnate ai locati meno abbienti a condizioni che non facessero subaffitti ed immettessero un certo numero di capi. Molte terre furono affittate con locazioni trentennali, seguite poi dai riposi e dalle marane ai locati meno ricchi sottraendoli alla censuazione perpetua di vecchi locati. Tra pronunciamenti negativi da parte di alcuni giudici togati di Napoli ed assemblee di locati che non sapevano se rinnovare il contratto d’affitto o chiedere la censuazione delle terre, tra contestazioni di piazza e minacce fiscali da parte dei “galantuomini”, si giunse al 1799 in cui, con l’avvento della Repubblica partenopea, venne eretto l’albero della libertà. Furono quelli gli anni del brigantaggio e della repressione che durarono per molti anni nel Sud del nostro Paese, sia nel periodo della dominazione francese  che successivamente con i borboni. Nel 1806, con una nuova legge del governo di Napoleone, si sciolsero tutti i vincoli e le servitù esistenti e furono concesse in enfiteusi perpetua, con preferenza per i locati, tutti i terreni del Tavoliere, accordando la facoltà di affrancazione per quelle sole terre che si intendevano mettere a coltura, mentre i terreni a pascolo furono maggiorati del 10% rispetto ai vecchi canoni. Con una famosa legge del 21 Maggio 1806 le competenze del Doganiere e di quel foro dei locati furono passate alla magistratura ordinaria. I censuari delle terre a seminativo, cioè gli ex locati dovettero versare entro il Novembre 1806 la somma di 54 ducati a carro se desideravano diventare enfiteuti  dei terreni di cui (1Carro= equivaleva a 24 ettari e sessantanove are; 1Catena= equivaleva ad are 3,40; ed 1 tomolo era un terzo di ettaro). Molti furono i casi di morosità, molti locati vendettero gli armenti ed altri cedettero alcuni terreni di proprietà. Tutti i locati di Vallata ebbero l’iscrizione sul borderò ipotecario e molti fecero ricorso ad usurai che operavano a Napoli ed Avellino, e di ciò c’è testimonianza sugli atti dell’Intendenza- Atti Vari, in cui le richieste di intimazione al pagamento arrivarono dall’Intendenza del Principato d’Ultra a quello di Foggia che poi, l’inoltrava alla Regia Dogana perché trattavasi di locati; anche se ufficialmente quel privilegio del Foro ad hoc non c’era più, questo sistema è andato avanti fino all’Unità d’Italia. Nell’anno 1834 fu istituito a Foggia il 1° Istituto di Credito, la Banca del Tavoliere, la cui funzione era quella di anticipare le prestazioni sia ai censuari, ai pastori ed agli agricoltori, effettuare anticipazioni per la coltivazione dei campi, concedendo così il famoso prestito di conduzione, ma la Banca durò solo 3 anni e nel 1837 per dissesti insanabili dovette chiudere. Per frenare l’usura, non restarono che i deboli Monti Frumentari a far fronte alle necessità dei più bisognosi il cui propugnatore all’epoca fu proprio il Cardinale Orsini così legato alla città di Vallata che tutti gli anni, come confermato dall’arciprete De Paola, anche da papa, veniva a trascorrere un periodo di riposo estivo nel Palazzo Ducale di famiglia.
        Sulla non convenienza dell’operazione di affrancazione delle terre del Tavoliere, quindi in modo contrario all’idea degli illuministi napoletani, si schierò Carlo Afan de Rivera20, che con la restaurata monarchia borbonica, era il Direttore Generale ai Lavori Pubblici e alle Bonifiche. Questi pensava che tale operazione non fosse conveniente ai censuari perché si trattava di bonificare interi territori su cui era impossibile mettere a cultura delle piantagioni redditizie che potessero favorire una industria campestre adeguata, anzi, i censuari, per la bramosia di diventare padroni assoluti di quei terreni avrebbero speso dei capitali che invece potevano essere investiti nel mantenimento dello status quo. Questi, all’inizio del suo mandato era molto sconfortato per le condizioni in cui versava il Tavoliere, senza parlare poi del clima e della diffusione epidemica di molte malattie tra cui la malaria ed a lui che fu il direttore generale si devono tante importantissime opere di bonifica con irreggimentazione delle acque del fiume Ofanto, del Carapelle, del Candelaro e del Cervaro, oltre a progetti arditi e finanziati dal Re come quelli del Lago di Salpi e delle colmate del Lago Verzentino. Nel 1824 de Rivera così scriveva letteralmente in un suo articolo che ci rende più chiara l’idea di cosa fosse la terra di Capitanata: “ per la malignità dell’aere che sotto pena di morte vieta agli uomini di soffermarsi in quella regione durante la state, fu abbandonata al pascolo di numerose mandrie che nel verno vi accorrono da’ paesi montuosi. Prima però di cominciare il mese di Giugno inaridendosi il suolo e cessando la vegetazione dell’erbe i pastori si affrettano a fuggirsene nelle montagne insieme alle mandrie. I lavoratori che sono allettati dalla grossa mercede derivante dalla trebbiatura e si trattengono, nell’inoltrarsi dell’estate pagano il fio della loro temerità soggiacendo a gravi malattie”. Se poi qualcuno si trattiene a Foggia per Affari, perché c’è la sede dell’Amministrazione della Provincia e del Tavoliere “ed in Luglio o in Agosto si muove da quella città verso San Severo, o verso Manfredonia, o verso Casaltrinità, o verso Cerignola, o da questo comune verso Barletta, credi di scorgere per 20 miglia un deserto dell’Africa. Ivi, per quanto lungi si distenda la vista non discopri un albero né una capanna per ristorarti dal soffocante caldo, né incontri nel lungo cammino anima vivente che nel caso di bisogno ti possa dar soccorso. Se poi per la stanchezza ti avvenisse soffermarti e chiudere gli occhi al sonno, soggiaceresti quasi con certezza a grave malattia.” In realtà la Puglia fu la ricchezza e la tomba di molti pastori, principalmente abruzzesi, che stimati in circa cinquemila ogni anno, trascorrevano in questa pianura otto mesi su dodici, andando spesso incontro a morte certa per via della malaria che regnava sovrana nei luoghi frequentati da loro come le mezzane e le marane. Il nome marana, per ironia del destino, viene proprio da un termine greco che significa appassire, spegnersi, ma che la piana fosse la tomba dei pastori e non solo, lo sapevano bene alcuni locati che hanno sempre saputo che, ad esempio, nella locazione di Salpi, tra Manfredonia e Cerignola, in una contrada  chiamata Alma dannata, le condizioni di vita erano impossibili e c’era il detto: ”Chi va all’Alma dannata e no more, vol di’ ca la morte gli è sore”.

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