Comunità di Vallata tra Chiesa Madre, Cappellanie e Regia Dogana - Sergio Pelosi — Don Antonio Pelosi e figli.

Capitolo VI
__________________________________________

6.2 Don Antonio Pelosi e figli.

        La prima traccia trovata circa il 1° personaggio di famiglia risale ad un documento della Dg. II b. 194 f. 4487, quando l’8 Agosto 1729 ci fu una causa tra la Cappella del Santissimo Sacramento di Vallata contro il notaio Angelo Evangelista della terra di San Nicola Baronia a riguardo di un titolo di credito di 1200 ducati concesso ai fratelli de Berardi, figli del defunto Francesco che provenivano dalla stessa terra del notaio. La storia si può così brevemente riassumere: il procuratore della Venerabile Cappella del Santissimo Sacramento di Vallata era Don Donato Zamarra che, recatosi alla Regia Dogana a Foggia raccontò come sin dall’anno precedente,  cioè nel  1728, aveva dato incarico di redigere un atto al notaio Angelo Evangelista di San Nicola Baronia, per costituire un annuo censo a favore di quella Cappella, concedendolo ai fratelli de Berardi, sopra un capitale di 1200 ducati. Ma, dopo aver stipulato l’atto ed aver concordato anche il giusto ristoro per il notaio, frutto delle sue fatiche, questi non solo non gli diede alcuna copia dell’atto ma ricusò anche il suo compenso. Pertanto, in quanto procuratore della Venerabile Cappella, Don Donato chiese al Doganiere di Foggia che si costringesse il notaio Evangelista a consegnare l’atto ed a tal fine esibì la ricevuta del pagamento fatto di 4 Ducati(=40 carlini) come compenso per il professionista, oltre a due dichiarazioni di altrettanti testimoni a suo favore, Leonardo Viola ed il Mag.co Don Antonio Pelosi. Quei due testimoni citati da don Donato Zamarra poiché faceva molto caldo e non avevano alcuna intenzione di recarsi a Foggia in quel torrido e pericoloso mese d’Agosto, si recarono a Mirabella dove c’era un delegato abilitato allo scopo e fecero la loro dichiarazione in una forma di latino maccheronico tipico dell’epoca ma che con l’aiuto degli archivisti di Foggia traduco: Davanti a me scrivano dello studio dell’Ufficiale Pubblico Giudiziario Avvocato Vincenzo del Porro della Terra di Mirabella, responsabile anche dei paesi viciniori, nella qualità di responsabile della Regia Dogana di Foggia in Principato Ulteriore, raccolgo e scrivo la testimonianza del Mag.co Don Antonio Pelosi della Terra di Vallata dalla sua viva voce: “Era il 15 Novembre 1728, era la controra, c’era ancora un poco di sole e con i miei due amici Giovanni e Leonardo Viola della mia stessa terra stavamo seduti sotto la croce di pietra e più stavamo lì, più sentivamo due persone che stavano venendo verso di noi che litigavano a voce piuttosto alta. Questi due litiganti, girarono verso di noi e riconoscemmo il nostro procuratore della Venerabile Cappella, Don Donato Zamarra, che parlava di soldi con un forestiero; poi, abbiamo riconosciuto che l’altro era il Notaio Angelo Evangelista della terra di San Nicolò la Baronia che mai s’era visto qui a Vallata. Giovanni, fratello di Leonardo se ne andò ed io rimasi lì con il mio compaesano e amico Leonardo. Non c’era nessun altro oltre a noi due, ma per il tono della voce usato, chi non voleva sentire poteva sentire lo stesso. L’argomento era un pagamento di un atto che il Notaio Evangelista avrebbe dovuto rilasciare a Don Donato e per la qual cosa quest’ultimo s’era fissato a volergli pagare 35 carlini ma il Notaio ne voleva 40. Dopo molte discussioni rimasero conclusi che l’accordo era per 40 carlini. Io,  pur se non mi occupo di quelle cose, come Maestro Razionale dell’Annona, avendo a casa mia i testi Pandectarum Sommariae, posso solo dire che questo tipo di atti si pagano al massimo 30 Carlini, e Don Donato che era magnanime ed una persona perbene, si comportò signorilmente, ma il Notaio assolutamente no. Infatti, passarono giorni e giorni ma sempre con delle scuse il Notaio forestiero non diede l’atto al nostro Don Donato Zamarra. Per questo oggi io mi trovo qui, per testimoniare quello che ho sentito ed altro non so. Firmato Io, Antonio Pelosi”. Identico fu l’atto di Leonardo Viola sempre redatto dallo scrivano dell’avvocato di Mirabella. Ma, il notaio Evangelista che evidentemente s’era impuntato e conosceva bene il da farsi, fece pervenire al Doganiere di Foggia, Mag.co Ufficiale Straordinario Don Vincenzo Pellecchia, tutta una serie di rilievi tesi a vanificare quell’atto, adducendo vizi procedurali gravi, mancate notifiche e che il suo compenso doveva essere minimo di 5 Ducati e non di 4. In sede di valutazione degli atti furono valutate tutte le dichiarazioni ed i rilievi del notaio, così che il Doganiere di Foggia decise di inviare tutto l’incartamento alla Gran Vicaria di Napoli affinchè quella Suprema Corte si esprimesse in merito alla questione sollevata dal notaio Evangelista.  Dopo un poco di tempo la Gran Vicaria rispose per iscritto che “tutti gli atti fabbricati dalla Venerabile Cappella del Santissimo Sacramento di Vallata sono da considerarsi nulli perché, come diceva il giurista napoletano Galluppi,  le testimonianze come le notifiche hanno dei tempi stabiliti, così i tempi dell’invio degli atti devono trovare tempi e luoghi circoscritti entro i cui termini devono essere fatti; pertanto, è tutto da ripetere, a meno che non ci sia un accordo extragiudiziale tra le parti dove tutto si può risolvere”. L’atto ritornato a Foggia, riportava la scritta: “ Questa è la legge del Re Asburgico Carolus VI del Sacro Romano Impero ”. Allora, Don Donato Zamarra fu chiamato con il notaio Evangelista per avere questo responso ed i rispettivi avvocati fecero una transazione per Ducati 4 che del resto gli erano stati già da tempo versati, ma passarono tanti altri giorni e l’atto il notaio Evangelista ancora non glielo diede. Allora, Don Donato, stanco di quel comportamento deplorevole, comunicò con una istanza al Doganiere Pellecchia di Foggia che, nonostante l’accordo tra le parti di cui si allegava lo stralcio e già da tempo depositato nella Regia Dogana, lui non aveva ancora ricevuto l’atto. Allora, il Doganiere, dopo aver dato precise indicazioni, intimò con un formale atto di notifica inviato a San Sossio Baronia che aveva competenze su San Nicola, che gli agenti doganali(=alguzzini) competenti su quel territorio si recassero dal notaio Evangelista e, sotto la pena di ducati 1000, si facessero consegnare l’atto, e così avvenne.
        La seconda traccia che ebbi modo di trovare su Don Antonio Pelosi fu quando nel 1742 si recò nello studio del notaio Fabio Magaletta di Vallata per redigere l’atto dei capitoli matrimoniali del suo terzo figlio Amato. In quella sede giunse assieme al consuocero, Don Giovambattista Cristiano che era un loto locato nella locazione di Feudo D’Ascoli e che portava il suo gregge fino alla città di Minervino. Nello studio di Fabio Magaletta i due stabilirono di comprare 50 tomoli di terra a vigna per Amato, in un luogo detto “Airaimpaia”, per una somma di 70 Ducati, con un anticipo di 35 ducati dati dal consuocero per dotare la figlia Dorotea oltre ad altri beni stabili rappresentati da case e beni dotali e corredali.
        Poi, la terza traccia di Don Antonio fu quando nel 1753, in occasione del matrimonio del suo 4° figlio, il Mag.co U.J.D Don Carmine Pelosi, diede nelle mani del notar Giovanni Martines Novia di Vallata, una somma di 350 ducati liberi ed interamente pagabili in carlini d’argento oltre a beni stabili in Vallata, aggiungendo che se anche il figlio fosse morto, questi sarebbero rimasti alla nuora come “obbligazione ad amorem” ma, se si fosse risposata, sua nuora Donna Caterina  Patetta avrebbe dovuto devolvere a lui l’intera somma, poiché, suo padre il Dottor Phisicus, Don Alessio Patetta s’era impegnato a versare al figlio, per il matrimonio, 700 ducati. Infatti, quest’ultimo stabilì con atto pubblico e “penes acta”, impegnando se stesso ed i figli a versare quella somma  al genero Dottor Don Carmine Pelosi, che li avrebbe ricevuti in quantità di 100 ducati all’anno, a cominciare da Dicembre del 1753. Quel pagamento di 700 ducati, che sarebbe stato versato a rate (= in tanne) di 100 ducati, dopo il 1° pagamento a Dicembre 1753, un mese dopo che si sarebbe sposato, gli altri sei li avrebbe ricevuti ogni anno successivo, nel giorno dell’indizione, che è il 1° Settembre, e questo è un calcolo temporale giuridico che è tipico del retaggio bizantino avuto a Vallata. Sempre in quei capitoli matrimoniali così difficili da leggere perché molti atti sono scritti in latino, specialmente quelli provenienti dalla Chiesa, oltre alla descrizione del corredo  della nuora Caterina in cui compariva che i pezzi del corredo erano 8 ad 8, con tutta la descrizione di pizzi e merletti, monili, pezzi d’argenteria e di oro oltre al bestiame ovino e giumente, tra cui spiccava un cavallo morello dal pelo lucido che, dal momento che a Don Carmine piaceva tanto, gli fu dato immediatamente. L’atto dei capitoli matrimoniali avvenne nella città di Bisaccia, ma questo che ho trovato era un estratto dell’atto originale del notaio Francesco Antonio Gallo di Vallata del 18 Maggio 1756, redatto in occasione di un contenzioso che Don Carmine ebbe con i cognati che non li rispettarono. Ma, la traccia più significativa su Don Antonio Pelosi fu quando trovai il  Testamento nuncupativo nella Dg. II, busta 356, fasc.7752, redatto in punto di morte, allorquando, munito dei conforti religiosi, affidò la sua anima a Dio, il 4 Agosto 1755 nella sua casa posta vicino alla sede della Congregazione di Vallata. A darne testimonianza furono il Mag.co notaio Don Martinez Novia ed il Mag.co Don Michele Netta e, alla presenza del notaio Don Nicola Rossi, l’amico di sempre, dettò le sue ultime volontà che trascrivo per intero. Dopo aver fatto un primo testamento il 6 Dicembre 1752 per mano del notaio Fabio Magaletta di Vallata, adducendo che aveva rinvenuto un foglio bianco con la sua firma in basso a destra, sembrandogli adesso troppo sbilanciato a favore del figlio Carmine che pure tra i figli era quello da cui aveva ricevuto maggiori soddisfazioni, in data 4 Agosto 1755, ritrovandosi ancora in vita con il corpo infermo, ma con la mente, per grazia di Dio ancora sana, detta alla presenza di due testimoni le sue ultime volontà, cassando il 1°Testamento o qualsiasi altro atto redatto prima di quella data, rimanendo valida solo quanto aveva stabilito relativamente alla rendita usufruttuaria quale appannaggio sacro per il figlio sacerdote Don Pasquale.
        I cinque figli maschi legittimi in ordine di nascita furono: Nicolò, Pasquale, Amato, Carmine e Domenico; a Santo, figlio del fratello figlio aveva già pensato in separata sede quando sposò Elisabetta Strazzella a Vallata. Poi, aveva avuto Isabella definita figlia legittima ed altre due naturali, Fatima e Janta. Molto in giurisprudenza è stato scritto sulla validità o meno del testamento nuncupativo, arrivando la dottrina giuridica dei tempi moderni a riconoscergli una valenza nulla ma a quell’epoca era molto usato in quanto il testatore esprimeva con la sua voce chi fossero i suoi eredi in presenza di testimoni e del notaio e la parola latina “nuncupativus” ha proprio tale significato. Quindi, a tale scopo fu chiamato il notar Don Nicola Rossi della terra di Trevico e a lui dettò le sue ultime volontà, affinché non ci fossero discordie tra i familiari e, come prima cosa Don Antonio fece scrivere che “tutti devono sapere che l’anima è più forte del corpo ed io che adesso sto in queste condizioni l’ho compreso bene”. Pertanto, il Notaio Rossi, sotto dettatura continuò che “non si deve invocare la Gloriosa Madre sempre Vergine Maria, rifugio ed avvocata dei peccatori, solo in momenti di necessità, ma sempre, come io ho avuto l’abitudine di fare durante la mia vita in cui molte volte mi sono trovato a vedere gli ultimi momenti in cui i “milites” affidavano l’anima al Creatore”. Ed al Creatore Don Antonio si rivolse per affidare la sua anima in un momento in cui sentì vicino la morte ed in particolare espresse il desiderio che fossero presenti in quel momento tutti i santi ed in particolare il suo Angelo custode e proferì queste parole. “Il mio Angelo custode in passato ha già mostrato tanto affetto per me, ma, in questo giorno tremendo del giudizio che sento assai vicino deve essere nuovamente Lui il Difensore e Procuratore della mia anima”. Pertanto, Don Nicola Rossi, vecchio amico di Don Antonio, e deputato dell’assemblea dei locati della Locazione di Vallecannella nella città di Foggia, scrisse le sue ultime volontà che furono quelle di ordinare e disporre che il suo corpo fosse messo nella Cappella Madre della Chiesa di San Bartolomeo Apostolo mettendo a disposizione 20 ducati affinché venissero dette 200 messe piane e non cantate, giacché il prezzo a messa sapeva che era di un carlino e così pensò di assicurare alla sua anima 200 messe. Poi, fece scrivere: “ dispongo ed istituisco miei eredi Nicolò, Pasquale, Carmine e Domenico, tutti miei legittimi figli, nonché una parte perfettamente uguale a mio nipote Saverio, figlio del mio defunto Amato. Tutti questi che ho nominato in questo item devono avere 300 ducati ciascuno. C’è però un problema di non poco conto perché Pasquale già ha avuto la rendita usufruttuaria vitalizia perché lui è sacerdote. Allora, lascio a lui  la libertà di decidere se scegliere questa parte della mia eredità oppure se si vuole tenere la rendita vitalizia. Una cosa assai importante voglio chiarire a tutti i figli e nipoti, che mia moglie è la padrona di casa e lo sarà vita natural durante perché lei, Cristina Malgieri, deve avere tutto il rispetto e l’amore di cui merita e loro figli ne dovranno avere l’obbligo. Poi, desidero pensare a Isabella, virgo in capillis, che per le sue doti, le lascio 400 Ducati insieme ai bene corredali, oro e monili vari che le vanno consegnati subito, ma dispongo altresì che se trova un buon soggetto i fratelli tutti dovranno dotarla di altri beni, e che se si sposa con una persona più ricca di lei, tutti dovranno farle i corredali, ma anche al marito, come è logico che sia perché aumenta il suo rango”. In questo atteggiamento di Don Antonio Pelosi, in cui si pensa molto alle donne di casa, in un periodo in cui non esistevano questo tipo di sentimenti, credo si possa intravedere un retaggio assai antico, databile tra il periodo Carolingio e quello Longobardo. “Poi, tutti devono il dovuto rispetto a mia nuora Donna Dorotea Cristiano, moglie del defunto Amato, purché non si risposi e continui a rispettare la memoria del marito; io per questo ho nominato mio nipote Saverio al posto di mio figlio Amato; ma se così non sarà, non le saranno date neanche le sue doti di maritaggio. Per quanto riguarda mio figlio Carmine, si deve accontentare perché lui sa che non sono stati rispettati i capitoli matrimoniali da parte del suocero e dei cognati, perciò adesso può contare su una parte uguale a quella dei suoi fratelli; quindi per mia nuora Donna Caterina Patetta, vale quanto già scritto nel 1° documento che adesso ripeto, faccia valere i suoi diritti nelle sedi competenti e se si vuole separare da mio figlio, questi da me non avrà neanche questa parte”.
       
“Poi, lascio 50 Ducati a Janta mia figlia naturale, ma che le  siano dati solo dopo che le figlie in casa saranno diminuite e sposate. A mia figlia naturale Fatima lascio 15 Ducati, ma da consegnarli solo dopo il 20 Maggio 1756”. Infine il notaio chiese a Don Antonio se volesse dare qualcosa al Serraglio di Napoli  e quegli così rispose: ”Nulla, perché ho una gran famiglia!!!” Il Notaio chiese ancora: ”vuole aggiungere qualcos’altro ?”  E Don Antonio rispose: ”Si, una cosa la voglio aggiungere, voglio che l’esecutore testamentario sia il Reverendissimo Padre Don Ciriaco Cataldo.”
        Quindi, a giudicare dal testamento di Don Antonio e dalla quantità di denaro che lasciò a tutti i suoi figli oltre ai beni stabili e consolidati a Vallata ed a Napoli, era una persona molto ricca, in un epoca in cui c’era tanta miseria e molte erano le necessità primarie per tutti.

Antonio Pelosi

1)   Nicolò 2)Pasquale 3) Amato 4) Carmine 5) Domenico

    ↓

__

    ↓     ↓     ↓
M.Cristina –Amata- Vito   Saverio - Vincenzina Michele- Giuseppe -Bartolomeo Stefano -Fortunata

        Ma, secondo un copione noto, morto Don Antonio, incominciarono subito le prime liti e la prima che si sentì offesa nel suo orgoglio perché espressamente citata nel testamento fu Donna Caterina Patetta, moglie di Don Carmine la quale, senza frapporre indugi si recò presso la Regia Dogana di Foggia e, forte del consenso del marito Carmine(=moldualdo della moglie), retaggio di chiara marca longobarda, poté esercitare il diritto di intentare una causa civilistica contro gli eredi di Don Antonio Pelosi di Vallata, cioè verso i cognati ed il nipote Saverio. Costei, nella Dg. II busta 353, fasc.7677, sentendosi sul banco degli imputati si definì “appartenente alla Terra di Andretta e venuta a Vallata perché sposa di Don Carmine ed era bene che i componenti di famiglia Pelosi sapessero che la sua famiglia d’origine era di Medici, Notai e Sacerdoti e che lei aveva sposato il marito per amore e che sapeva bene quali fossero i suoi diritti ed i suoi doveri”.
        I suoi cognati, assieme al nipote Saverio, non badarono a spese ed incaricarono della loro difesa l’avvocato napoletano Fragola, uno dei migliori che veniva in quel Tribunale di Foggia e solo per cause di un certo rilievo ed a lui chiesero come prima cosa la nullità dell’atto perché una donna non poteva fare quello che stava facendo lei nei loro confronti che erano locati di quella Regia Dogana ma, quell’eccezione fu rigettata poiché Donna Caterina aveva avuto il consenso del marito tramite procura notarile che fu allegata all’atto e si procedette con gli altri adempimenti, per cui, come prima cosa Donna Caterina fece notificare ai fratelli e a suo padre l’atto con il quale gli trasmetteva la mancata ricezione dei suoi capitoli matrimoniali, cosa che avvenne nei successivi 4 giorni, con il sigillo del Notaio Michael Rosa di Vallata. Quella causa che si protrasse per anni, prese subito un’altra piega, ottimamente organizzata dal marito Carmine che da gran tessitore quale si dimostrò, salvò capre e cavoli, nel senso che rimase in piedi solo l’azione contro i familiari della moglie, mentre con i suoi fratelli fu fatta pace e si evidenziò ben presto che il tutto fu solo un pretesto per richiedere quanto previsto dal contratto di matrimonio.
        Da diversi atti che riguardavano persone e situazioni  di Vallata e che apparentemente sembravano non riguardare la famiglia Pelosi, in realtà, leggendoli bene, in qualche modo, questi erano sempre coinvolti, sia pure in veste di soli testimoni ed in uno di questi, Dg. II, busta 285 fasc. 6479, si apprese che l’11 Febbraio 1757 Don Pasquale, Don Carmine e Don Nicolò avevano appena comperato sette tomoli e mezzo per ducati 54 in una località Marzano a Vallata, il cui documento d’attestazione fu firmato sempre dal notaio Michael Rosa, mentre il delegato della Regia Dogana di Foggia che svolgeva le funzioni a Vallata era Don  Nicolò Ricciardi.
        Don Antonio Pelosi, come già riferito in precedenza, si prese sempre cura di Santo, suo nipote che considerò come un figlio naturale ed a lui fu affidata tra gli anni 1742-1745 le funzioni di Credenziere della “Dogana della Bufeta” cioè la Doganella di Ariano, ma anche lui non abbandonò mai Vallata dove fece il Sindaco nel 1776.

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home