Comunità di Vallata tra Chiesa Madre, Cappellanie e Regia Dogana - Sergio Pelosi — Dottor Don Andrea Pelosi fu Carmine.

Capitolo VII
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7.7 Dottor Don Andrea Pelosi fu Carmine.

        Questi era mio nonno, primo figlio di Don Carmine Antonio e Maria Vincenza Melchionna, nato il 24/06/1881 a Vallata nella casa sita in Via Largo Mercato e dichiarato il giorno successivo all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Vallata che, quel giorno, in sostituzione del sindaco assente, fu rappresentato dall’assessore anziano Don Pasquale Stanco. I testimoni furono Paolo Cirillo di anni sessantatre possidente e Costantino Netti di anni trentuno possidente ed entrambi residenti in quel Comune. Il 12 Settembre 1914, nella città di Lauro, sposò Donna Carmela, Rosaria, Annunziata Acerra(1894-1987), di 13 anni più piccola e figlia unica di Don  Francesco Acerra e Donna Giovanna Giuliani, severa maestra di scuola a Lauro(AV)
        Morì a Flumeri il 14/02/1959. Dopo aver frequentato il Liceo- Ginnasio a Cava dei Tirreni (SA), fu studente della Facoltà di Medicina Veterinaria della Regia Università di Napoli ma, non ancora laureatosi, partì come Ufficiale  presso la Scuola di Cavalleria ad Alessandria (Foto 64). Ritornato a casa dall’Accademia, continuò gli studi laureandosi in Medicina Veterinaria a Napoli. Iniziò l’attività di veterinario come medico condotto, finendo poi col vincere il posto che detenne per molti anni, di direttore del Macello Comunale di Ariano Irpino. In tale veste presiedette l’ordine dei medici veterinari con sede ad Avellino..
        Lo scoppio della 1°Guerra Mondiale, lo vide in campo come ufficiale di cavalleria del XXII Corpo D’Armata, reclutato come altri suoi colleghi dalla scuola cavalleggeri di Caserta. Combatté gli austriaci a Gallio nel 1917 ed in particolare, essendo un medico veterinario, fu addetto al servizio di requisizione delle razze equine ed asinine perché, all’epoca, le cosiddette bande someggiate dell’esercito italiano erano fondamentali per la guerra condotta su quel fronte orientale contro gli austriaci e, nel 1918 partecipò all’entrata trionfale delle truppe italiane a Vittorio Veneto. Sul  tesserino personale che porta la data del 17 Novembre 1917, la firma del comandante che lo ha rilasciato, era quella del generale napoletano Armando Diaz, che durante il successivo periodo fascista, precisamente nel 1922, fu il Ministro degli Interni proprio per i suoi trascorsi di guerra.
        Ma, Don Andrea aveva le sue idee  che tutti conoscevano come assai progressiste, ed i primi problemi di natura politica li ebbe proprio con suo padre don Carmine Antonio che era del Partito Liberale e che continuò a professarle anche dopo che si trasferì a Flumeri. Ma Don Andrea Pelosi, che era un progressista anche prima di andare in guerra, lo divenne ancor di più dopo essere ritornato dal fronte orientale. Lì,  aveva combattuto in trincea fianco a fianco con quei ragazzi che appartenevano a classi operaie e contadine tanto diverse dalla sua e che avevano lo stesso modo di pensare e la stessa sensibilità, e fu allora che maturò le idee che per tutta la vita professò, che le differenze erano solo un’invenzione che taluni uomini avevano creato nella loro mente per continuare ad avere illegittimi privilegi nei confronti di altri. Era un socialista convinto e, così come già riportato da Caruso, parteggiava apertamente per Oreste Franza di Ariano Irpino, contrapposto ad Ercole Caputo del Partito Liberale e lo accolse con gran entusiasmo a Flumeri il 12 Ottobre a casa sua assieme ad Ireneo Vinciguerra. L’autore di quell’articolo, che però non sapeva i retroscena familiari riportava, non esattamente, che quello stesso entusiasmo lo ebbe anche il papà di mio nonno, Don Carmine Antonio che, al contrario, litigò su quell’ argomento con il figlio Andrea, al punto tale che questi, fu costretto ad invitare i suoi ospiti, Franza e Vinciguerra, a casa sua e non di suo padre e Don Oreste Franza fu molto colpito da comportamento e aggiunse che non avrebbe voluto che tutto ciò accadesse, ma anche queste divisioni politiche facevano parte integrante ed in linea con la storia della famiglia Pelosi.
        Don Andrea, rimase socialista anche dopo che i Fascisti arrivarono al potere e fu molte volte minacciato dai federali di perdere il posto di veterinario al macello di Ariano di Puglia, ed alla fine, suo malgrado, indossò il distintivo fascista P.N.F. che lui spesso ironizzava dicendo che il significato di quel distintivo significava non Partito Nazionale Fascista, bensì “Per Necessità Familiari”. Così come riportato nel già citato articolo di Lutzenkirchen, si apprese che nell’estate del 1913 nella città dell’allora Ariano di Puglia vi fu la nascita di una Loggia Massonica che prese il nome di Luigi Settembrini, dedicata al famoso letterato ed indomito patriota, noto per il suo anticlericalismo, di cui ricorreva il centenario della sua nascita proprio in quell’anno, occasione che determinò probabilmente la scelta del nome. La fondazione avvenne per opera d’alcuni massoni d’origine arianese, già iniziati altrove: di essi sono noti soltanto i nomi del prof. Elziario Forlone (nome tipicamente arianese il cui Santo è compatrono d’Ariano assieme a S.Ottone) e dello studente Nino Nicoletti che proveniva dalla Loggia Manfredi di Benevento.  La loggia si arricchì ben presto d’altri nominativi, tutti appartenenti alla media borghesia. Nel 1923 ci fu un calo delle iscrizioni che si può spiegare con l’atteggiamento di più decisa opposizione tenuto dal Grande oriente d’Italia nei confronti dell’avanzante movimento fascista, e di conseguenza, il timore di molti nell’avvicinarsi ad un’istituzione sicuramente sgradita al nascente regime, ma anche e soprattutto con la dichiarazione d’incompatibilità tra l’appartenenza alla Massoneria e l’iscrizione al Partito Nazionale Fascista del 15 Febbraio. In ogni caso, la Loggia Arianese fu ancora attiva nel 1924, per essere definitivamente soppressa nel 1925. Tra i trentacinque nominativi della prima loggia massonica “Luigi Settembrini” d’Ariano Irpino, famosa per essere anticlericale ed antifascista c’era mio nonno Andrea Pelosi, con numero di matricola 56014 attribuito dal Grande Oriente d’Italia, nato a Vallata, veterinario, iniziato il 1920, tra gli altri nomi noti d’Ariano di Puglia (=nel 1930 in poi Ariano Irpino) si ricordano Gizzi Vincenzo, Renzulli Francesco, Miano Pasquale, Moscatelli Giovanni, Di Maina Armando, Forte Pasquale, Ciccarelli Ettore, Scalone Francesco, Ciccone Ettore, D’Alessandro Mario, Renzullo Raimondo. Sempre sull’articolo dello stesso autore, nella nota n.12. si legge che tra i 35 nominativi compariva anche quella del Prof. Aurelio Covotta, la cui vita massonica apparve a dir poco movimentata, si trasferì da una Loggia all’altra, per poi ritornare ad essere riammesso in quella d’origine, per essere poi definitivamente radiato dall’istituzione massonica italiana per negligenza e morosità.
        Ma, ritornando alla famiglia di Don Andrea, questi aveva un suocero straordinario, Don Ciccio Acerra, conosciuto dai suoi figli come il nonno dai capelli rossi; questi, infatti, era amorevolissimo per i suoi nipoti e tutti loro ricordarono, finché furono in vita, il suo laboratorio di pasticceria dove si cucinavano dolci in grande stile. Donna Carmela, mia nonna era nipote di quel Don Francesco Alfonso Del Campo che fu gran detrattore politico di Don Gaetano Pelosi, Sindaco di Vallata nel 1881, e la sua unica cugina era zia Carmelina Del Campo che ebbe l’onere di dirigere i primi passi scolastici dei figli del Dott. Andrea Pelosi, che aveva nel suo DNA moltissimo dei caratteri dei suoi avi, la passione per la Zootecnia, per i cavalli trottatori, ed anche lui aveva sempre le stalle piene d’animali di razza marchigiana e brune alpine, esattamente come il nonno Don Gaetano, che perdette quando aveva cinque anni e stava ancora nello stesso nucleo familiare a Vallata.
        Esistono molte fotografie di mio nonno Andrea in mezzo agli animali, al punto tale da sembrare addirittura un motivo ripetitivo, ma era questa la sua grande passione, ce ne sono certe in cui lui appare sulla groppa di bufali di razza mediterranea, e quest’amore per gli animali in genere nel suo caso corrispondeva con la sua vita professionale di medico veterinario e tutti sappiamo che quando ciò avviene, l’uomo che ne viene fuori è molto realizzato e contento di se e quella fu l’atmosfera che vissero i suoi figli.
        Che fosse un gran cultore di queste materie zootecniche lo confermano una serie di libri, tutti ben studiati, sottolineati e perfino commentati. Anzi, è stato anche tramite questi libri che ho potuto recuperare molte lettere ed appunti personali che mio nonno Andrea utilizzava come segnalibri.  In uno dei tanti da me conservati, ce n’è uno che s’intitola “Suinicoltura Pratica”, su cui ho trovatola la dedica dell’autore a mio nonno, quella del Marchese Idelfonso Stanga, ed ancora un biglietto recante gli orari del treno che da Ariano Irpino doveva condurlo a Grotta d’Adda, dove poi assieme a quegli doveva recarsi nel Podere chiamato di Porcellasco che attualmente fa parte dell’Istituto Tecnico Agrario di Cremona. Anche se non ho conosciuto personalmente mio nonno Andrea, ma al contrario lui conobbe me nella sola occasione che gli fu concessa dal destino a Natale 1958, prima di lasciare la vita terrena a Febbraio 1959, mi sento molto legato, perché la sua professione fu seguita da mio padre e quindi da me. Ma la sua grande personalità fu tale che tutti i suoi figli, anche se allontanatisi dal luogo d’origine, perpetuarono il suo comportamento e le sue passioni. I suoceri di mio nonno avevano diverse proprietà a Flumeri, a Bisaccia e Calitri e, come spesso accadeva per i signori dell’epoca, avevano una bella casa a Sorrento, con un giardino a terrazza dove c’erano limoni, arance e mandarini, dove trascorrevano le ferie estive dopo le raccolte del grano e subito dopo la Festa del Giglio. Fu proprio in quella zona, sulla Costiera Amalfitana, che lei ben conosceva sin dai vecchi tempi in cui, lei ed il fratello Angelo trascorrevano  con la famiglia dei lunghi periodi di villeggiatura, che donna Vincenza scelse il miglior Collegio per il figlio Andrea che ricevette la sua istruzione presso il Liceo Classico di Cava dei Tirreni (SA), conosciuto all’epoca come “Collegio San Benedetto” retto dai monaci Benedettini. Secondo la tradizione Arianese, S. Ottone discendente della nobile famiglia dei Frangipane pare abbia studiato e vissuto per un certo periodo proprio nell’Abbazia della S.S. Trinità di Cava dei Tirreni. Tale collegio, quindi, faceva parte di un complesso più ampio, conosciuto come quello dell’Abbazia Territoriale della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni, identificato dai più come Badia di Cava. Qui Don Andrea dovette soffrire molto, perché le regole che gli venivano imposte erano totalmente antitetiche a quelle che aveva conosciuto prima di allora. L’autore ritiene che quelle regole così rigide abbiano influito moltissimo su di lui e ne hanno, anzi, condizionato la a vita per il suo prosieguo. Infatti, doveva assieme ai suoi colleghi pregare durante il pranzo e la cena, il cibo ed il vino erano razionati secondo una direttiva ben chiara, ed il letto per dormire era di una frugalità tale che mio nonno diceva di non ricordare neanche a casa del più povero dei suoi contadini. In più, tutti i ragazzi dovevano impegnarsi nel lavoro agricolo, lavorando con le proprie mani, secondo le regole tipiche dei benedettini. In più lui era un “sorvegliato speciale” poiché sua madre Vincenza era molto devota del vescovo Monsignor Michele Morcaldi, in quanto i suoi genitori donarono a lui che era a capo di quell’abbazia sin dal 1878, la casa estiva di Sorrento.
        Don Angelo Melchionna, con il tempo divenne per il nipote Andrea un punto di riferimento, in quanto spesso  mio nonno si serviva dei suoi consigli legali; infatti, era un avvocato di successo che professava principalmente nel Foro di Napoli, vicino, forse troppo, al governo fascista dell’epoca, tanto da essere incaricato di dirimere situazioni amministrative assai ingarbugliate, come avvenne ad esempio proprio nel Comune di Vallata quando fu nominato per ben due volte Commissario prefettizio e Commissario regio sempre nel 1920. Fu lui che spinse mio nonno Andrea, riluttante alle idee imperanti in quell’epoca, a non opporsi più di tanto all’iscrizione al Partito, e gli consigliò di fare tutta la pantomima che desiderava, ma i tempi erano quelli che erano ed era bene che ne prendesse atto. Ma, di don Andrea si ricorda il suo anticlericalismo a prescindere, che lo contraddistinse per tutta la vita. Neanche in punto di morte, quando le sue condizioni si aggravarono nella notte del 13 Febbraio 1959, rimase fedele alle sue idee e non volle confessarsi, gridando contro il parroco di Flumeri, accorso lì per  fornirgli l’ultimo sacramento dell’estrema unzione.
        I suoi figli, in ordine cronologico furono Carmine, Francesco, Gaetano, Alberto e Maria, seguendo l’ordine della foto da sinistra a destra. Il denominatore comune di tutti loro era la fortissima personalità ed un carattere energico associati ad una grande spontaneità. Alla foto che segue, fatta il 26 ottobre 1925, in occasione dei tre anni del piccolo Alberto, manca zia Maria, nata nel 1933. (Foto 65).
        Quest’ultima piccolina era la delizia del padre che l’aveva concepita all’età di 52 anni, infatti, mia nonna Carmela era di ben 16 anni più giovane del nonno. Di qui la sua enorme gelosia aggiunta al fatto che lei era una pianista e si esibiva in pubblico in Teatro, a Mirabella Eclano, a Benevento ed Ariano Irpino, così come io stesso sentii per bocca della sua amica ed ammiratrice la Signora De Feo, moglie del Notaio Don Antonio al Piano di Mirabella che curò per tanti anni gli interessi della famiglia Pelosi. Tutti e 5 i fratelli, come del resto pare fosse il padre, erano forti ed impulsivi fuori di casa, amorevoli e disponibili all’ascolto dentro, ma tutti avevano principi saldi ed un concetto sulla morale che per loro era una ed una soltanto e le altre possibili, non esistevano se non nella fantasia degli altri (Foto 66).
        Del resto, bisogna capire il contesto nel quale tali idee maturarono, cominciando con la disamina dell’ambiente nel quale ha vissuto mio nonno Andrea; era il primo nipote di Don Gaetano che quando lui aveva 5 anni,  faceva il Sindaco a Vallata utilizzando la forza del comando, suo padre Don Carmine Antonio era figlio d’arte, nel senso che morto Don Gaetano nel 1886, il Sindaco lo fece lui per altri 10 anni ed era rinomato per essere un uomo energico quindi, sin dalla nascita fino a quindici anni mio nonno Andrea stette in casa con gente che comandava e che lo fece studiare al Collegio San Benedetto a Cava dei Tirreni; poi, a diciannove anni, dopo il Diploma di Maturità Classica, nel 1900, andò come ufficiale alla Scuola Cavalleggeri di Pinerolo,dove ovviamente il comando era all’ordine del giorno, poi visse un periodo di guerra terribile come quello della 1° grande guerra, poi dovette sorbirsi un lungo periodo di fascismo dove si comandava con la forza, ed infine lo richiamarono anziano con il gradi di Maggiore durante la II guerra Mondiale. Come volete che lui fosse, un tipo dolce di sale? Ne sapevano qualcosa in più i primi due figli Carmine e Francesco che come prima cosa, dopo aver ricevuto i dovuti rudimenti della zia Carmelina Del Campo, furono spediti, tanto per cambiare programma, al Collegio La Salle di Benevento, affinché dessero prova del loro talento.
        Zio Carmine primo figlio del Dott. Andrea, era lo zio che tutti avrebbero desiderato avere e che noi nipoti abbiamo avuto il piacere di avere tutto per noi. Medico di successo, Amministratore pubblico, Consigliere comunale ad Ariano Irpino e Consigliere provinciale ad Avellino nel partito che gli era stato da sempre congeniale, il Movimento Sociale Italiano. Durante gli “anni di piombo” fu accusato di essere un fascista  ma, per quanti lo conobbero, non vi fu persona più liberale di lui, ma al di là di questo, di lui si ricorda la grande cultura anche in campo medico, ma quello che più contava era un uomo di vita che sapeva sempre risolvere i problemi ed aveva parole buone e di conforto sempre per tutti. La sua perdita è stata qualcosa di irreparabile non solo nella sua famiglia, ma per tutti i fratelli e noi nipoti che abbiamo visto in lui la fine di un’epoca irripetibile. Il più riluttante ad accettare le regole imposte da mio nonno Andrea, fu proprio mio zio Francesco, detto “Ciccio”, che non le accettò forse perché aveva una personalità molto più forte di quella dei suoi fratelli. Ma, era colui che aveva un’anima artistica che si rivelava nelle sue qualità vocali di tenore, al punto da credere ancor oggi che avrebbe potuto intraprendere ben più ardue strade, ma non gli fu concesso. Poteva solo accompagnare mia nonna Carmela al pianoforte e possibilmente in casa, ma non gli fu concesso neanche di fare il calciatore, il terzino, la passione di una vita, nonostante che l’Arianese, lo cedette alla Beneventana che militava in serie C. Ma, a quei tempi frequentava il Liceo “La Salle” e, quell’attività non era una cosa accettabile a casa di notabili dell’epoca. Fu anche gratuitamente inviato a giocare nella Salernitana in serie B, ed a lui si mostrò interessata l’ambrosiana (=in seguito INTER). Il risultato del discorso fu che zio Ciccio dovette appendere le scarpe al chiodo perché il padre non voleva, non era dignitoso che il figlio di un professionista facesse o il cantante o il calciatore. La sua vita in realtà fu abbastanza burrascosa, iniziò con una impresa di automezzi, non gli andò bene, al punto tale che non intervenne neanche nella Società di Tabacchi che fu fatta ai Piani, anzi per paura che gli succedesse qualcosa intestò da subito i suoi beni ai miei cugini, ma alla fine venne fuori con tutta la sua enorme personalità, fece il Direttore di un’azienda ex I.P.A.B. chiamata “Di Vaira” a Petacciato(CB), sotto il controllo del Vescovato. Quello che fu capace di fare in quell’Azienda, è a distanza di tanti anni dalla sua scomparsa, sotto gli occhi di tutti: la più grande stalla europea di vacche di Razza Brown Swiss, impianti per centinaia di ettari di Vigneto a Tendone, Laghetti, con sistemi di Pompaggio ed irrigazione a caduta; insomma, anche lui, perpetuò quanto fatto dai suoi avi che avevano la mania per l’acqua, per le vigne e…vi ricordate di Don Gaetano, suo bisnonno? Veniva chiamato “tenitore di animali alla greppia e amministratore di Congreghe di carità”; Don Ciccio, mio zio, senza saperlo si occupò di Congreghe di carità, nel frattempo chiamate IPAB con la legge Crispi del1890 e di problemi inerenti la Zootecnia ed Agricoltura, esattamente alla stessa stregua dei suoi predecessori. Il terzo figlio fu zio Gaetano, agricoltore per scelta, il più amato, il più buono, il più…di ogni cosa. Per problemi fisici che si manifestarono da subito in età infantile (poliomielite ad una gamba), fece solo fino al 5° Ginnasio d’allora, che significa molto di più di una laurea dei tempi moderni. Fece prima l’industriale del Tabacco, portando avanti come Titolare d’impresa il tabacchificio giù ai Piani in Comune di Grottaminarda, che dava lavoro a decine e decine di lavoratori del luogo e di paesi limitrofi come Sturno, Gesualdo, Frigento etc. Nel centro aziendale ricordo che venivano interi nuclei familiari
        provenienti da zone come il Salento dove la coltura del tabacco era ben conosciuta, e veniva seguito tutto il ciclo culturale in loco, a cominciare dai semenzai, ai trapianti in pieno campo, ai trattamenti parassitari da fare contro la Peronospora, alla raccolta, all’essiccazione delle foglie tramite quell’incredibile macchina che nel 1968 era un vero prototipo, chiamato”Carbuio“ e finanziato dall’ISVEIMER del Banco di Napoli. Senza figli, eravamo noi nipoti tutti i suoi figli, a lui io chiesi cosa dovessi fare all’Università, e soltanto lui ebbe la capacità di convincermi: Scienze Agrarie, esattamente come la prima laurea di tuo padre Alberto:” adesso non lo sai ancora, ma questa è la materia che porti dentro di te!!.” Che verità profetica. Lui, zio Gaetano viveva per incontrare i fratelli che venivano la Domenica mattina a pranzo dalla nonna(Foto 67). Ricordo le interminabili passeggiate tutti insieme su e giù per il terrazzo antistante la casa paterna che ora e giustamente è di mia zia Maria, che per tutta la sua vita si è sempre occupata sia dei genitori che di Zia Albina e Memè(=Clementina). Entrambe sono nella tomba di famiglia, perché è quello il loro posto naturale; hanno cresciuto con amore i fratellini Pelosi e noi nipoti abbiamo visto, sia pure alla fine della loro vita, con quanto amore trattavano noi nipotini, forse meglio di mamme naturali.
        Si può dire però che il fratello su cui più confidava zio Gaetano era proprio mio padre Alberto, visto che la differenza tra di loro era di circa un anno. Mio zio Gaetano viveva attraverso le parole del fratello Alberto, condivideva tutto di lui, Alberto era quello che lui avrebbe voluto essere, il Dirigente agricolo di successo, il Professore dell’Università buono, il Manager dell’Azienda Keringet (che nella lingua Sweli Keniota significa volpe) di Nairobi del Conte Giorgio Borletti di Milano. Ricordo quando zio Gaetano veniva all’Ovile Nazionale dove mio padre faceva il Direttore, osservava tutto silenziosamente, faceva poi le sue considerazioni a mio padre, e trovava sempre delle cose che potevano servire a migliorare tante cose, l’incubatrice dei pulcini, i parchetti recintati per le pecore, le stalle per le vacche, su tutto faceva commenti ed aveva parole di stima per il fratello.
        Così fu che mio padre, se lo portò a Nairobi con lui dove fu sorpreso all’inverosimile dall’organizzazione delle farms detenute dagli inglesi, al punto tale che si fissò per una di queste, ma mio padre non l’acquistò mai nonostante tutte le sue sollecitazioni e di questo lo zio si doleva moltissimo, dicendomi: ”Alberto è diventato nu chiacchiarone” ma lui.., non sapeva di avere un male incurabile che lo stroncò all’età di 57 anni. Quel giorno, io studente di Scienze Agrarie al 1° anno, ero al Monaldi di Napoli con mio Padre Alberto, mio zio Carmine e l’altro indimenticabile zio Cosimo, marito di mia zia Maria. Anche su mio zio Cosimo De Nunzio(1928-1996), occorre aprire una parentesi importante, poiché non fu facile per lui inserirsi in un tale ambiente quale quello di casa Pelosi, dove il moderatismo inteso come lui l’intendeva, cioè il dialogo e la semplice esposizione delle proprie idee, senza neppure immaginare di doverle o poterle imporre a qualcuno, non fu sempre impresa facile. Tutti i germani Pelosi, compresa sua moglie Maria avevano un carattere dominante, aggravato anche dalle loro posizioni politiche, perché tutti erano rigidamente dello stesso partito il Movimento Sociale Italiano, o La Fiamma, quello di Giorgio Almirante, tanto per intenderci, tutti concordavano con zio Carmine che in tal senso era un Gran Capo Tribù. Solo mio zio Cosimo, rispettoso e garbato con tutti, provava a dire la sua, lui che proveniva da famiglia di onesti lavoratori che per sbarcare il lunario affrontarono in massa il lungo viaggio del mito degli United States, solo lui era per la Democrazia Cristiana o Scudo crociato, e diceva che tramite quelle scelte atlantiche l’Italia era riuscita a crescere e tutto il popolo era progredito. Lui stesso, era potuto diventare un Avvocato ed aveva avuto la possibilità anche di insegnare a scuola, quindi, per lui era il caso che tutti onestamente lo ammettessero. Il risultato di quelle discussioni le ricordo ancora; le posizioni erano troppo distanti e, zio Cosimo, non intendendo litigare con nessuno, né tantomeno con i cognati, essendo uno spirito autonomo e desiderando detossificare quanto prima tutto ciò che gli avevano detto, imbracciava una bella doppietta ed andava per campi per svagarsi in libertà.
        Ma, i fratelli Pelosi, cognati di Don Cosimo che facevano tanto i fascistoni, forse non sapevano abbastanza del loro papà Andrea che fu sempre un cospiratore del governo fascista in pieno periodo fascista tanto da far parte della Loggia Settembrini, ed accettò il distintivo del Partito Nazionale Fascista solo per rimanere in servizio presso il Macello comunale di Ariano Irpino. Fu sempre un ardente socialista. A vedere oggi le cose, sembra come se questa storia a casa Pelosi si sia già vista, ricordate Don Bartolomeo e Don Vito, uno filoborbonico e l’altro filonapoleonide? Dicevano i latini e di questo bisogna darne atto:” Tot Capita, Tot Sententia ”.

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Carmine Francesco Gaetano Alberto Maria
(medico Ariano ) (Dir.Az.Vesc.Termoli) (agricoltore) (prof.Univ. e Dir.ISZ.Fg) (maestraFlumeri)
   
Andrea Andrea   Sergio  
(medico Ariano) (funz.Regione Molise)   (dottore agronomo Foggia)  
(Dott.ssa Lo Casale Fiorella) ( prof.ssa.Lucia Ruggiero)   (Avv.Colapietro Leonarda)  
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Carmine   Chiara Francesco   Valeria   Alberto     Simona  

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