EROI GLORIA D'ITALI - Tommaso Mario Pavese - I partiti. Invocazione alla pace.

11.- I partiti. Invocazione alla pace.

        Bianche acque dell'Adige sonanti su da Trento, verdi flutti del cerulo Isonzo bagnanti la sacra Gorizia, gorghi profondi dell'adriaco mare festanti per Lissa da Rizzo vendicata e bacianti, con sospir d'amore, la bella Trieste, siate voi tutte acque lustrali che, nuovo Eunoè, purifichino, immortalino gli eroi.
        E tu, pia luna, e tu, radioso sole, nulla possiate mai illuminar di più glorioso de' sacri avanzi mortali, sepolti ed insepolti là per le trincee, giù per i piani, su per i monti e le colline; sacri avanzi strappati al culto ed all'affetto de' genitori, delle spose, de' figli, ma viventi mai sempre nel perenne amore d'Italia.
        Un romito, compagno degli anni memorandi, batte alle vostre povere tombe, o fratelli, e picchia e chiama, se dalle terre redente, se dalla vostra cenere piena di fati, sparsa sul suol d'Italia, spunti l'alba nuova. E guarda e mira a Roma, d'onde la luce santa del diritto e del Vangelo si diffuse nel mondo: dove la gioventù d'Italia rintracciò, ne gli anni di guerra, la tempra ed il valore degli antichi Quiriti. E l'alba nuova, da Roma, per Roma spunterà, d'onde i padri antichi ammoniscono ancorai figli d'oggi.
        Troppo il mondo soffrì e soffre ancora per la guerra; ma una redenzione, una risurrezione deve compiersi dopo la guerra. E si compirà col raggiungimento della pace. Il verso di Dante

« Ahi ! serva Italia, di dolore ostello »

e quello del Petrarca

« lo vo cercando pace, pace pace »,

sembrano in assai special modo, adatti ai tempi nostri. La fine della guerra e la vittoria non ci han dato la pace agognata, giacchè una nuova insolita e barbara guerra agita i popoli e pervade gli spiriti.
        Quasi inutilmente sarebbe stato versato il sangue de' nostri eroi, se esso coll' ingrandimento del territorio, con la riunione di tutti i suoi figli nel nome della gran Madre, avesse avuto per effetto di far finire una guerra tra nemici, generando poi, invece, una sorda, continua, aspra guerra tra fratelli. Quando il popolo d'Italia avrà smesso l'uso delle armi, per ottenere il trionfo del pensiero giusto e del diritto, allora soltanto la nostra Vittoria sarà completa. Con voi, fascisti e compagni d'arme, se pel trionfo del giusto combatterete, se ad ingiusti eccessi non vi abbandonerete, se la legge, che è volontà della nazione, osserverete, se, quando è ingiusta, equamente la riformerete. Siano pure i benvenuti i fascisti al potere; e sarà la miglior fortuna, se quello che di bene hanno promesso potranno pacificamente, con l'ordine, non con la ribellione e con la violenza, realizzare. Anche chi condannò gli eccessi di ieri, attende fiducioso e fa voti per la buona opera di domani.
        Combattemmo per la libertà e questa cerchiamo di assicurare; si reprima il libertinaggio, si debellino le insurrezioni de' pubblici impiegati, tendenti alla fannullaggine, ad un insaziabile aumento di stipendio ed allo sciopero. Quello che il fascismo operò in questo senso, fu la pagina d'oro della sua storia e della sua vita.
        E voi, camicie rosse garibaldine, camicie nere fiammeggianti di fede e d'ideale, che portate impresso sul petto il simbolo di quella morte, che pur noi, fanti d'Italia, affrontammo, più anni, impavidi; noi tutti, soldati di ieri e di oggi, e tu, popolo intero d' Italia, come noi per la redenzione e per la vittoria combattente, tutti cingiamo d' un amplesso immortale gli eroi. E d'un amplesso ideale cingiamo anche l'Italia, l'umanità.
        Venga finalmente, così, la sospirata pace. E per la pace, per il bene d'Italia, popolo tutto d'Italia, eia eia, alalà !
        Venga la sospirata dea, da' candidi vanni veleggianti pel cielo. Posi su questo monumento, che porta scolpita la semplice, ma completa iscrizione del venerando maestro senatore Francesco Torraca che, con la stia vita austera ed intemerata, con dotti studi, e specie col suo nuovo commento alla Divina Commedia, degnamente rievoca il culto del fatidico vate, del grande Ghibellin fuggiasco, povero ed esule, ma sempre amante della patria, della libertà, del dovere, in ogni tempo ed in ogni sito.
        Dai piedi, dunque, di questo monumento, che è pure un tempio ed un altare, o bionda e bella Eunichè, Irene dalle ali candide, noi t'invochiamo.
        Se mai a te furori cari visi di madri, di spose e di figli serenamente a dignità atteggiati; se mai questi, cori umidi occhi, ti deprecarono, perchè lontano tenessi da' lari patrii le ire ed il sangue delle lotte civili; pur noi tutti che, per ottenere la pace e la libertà dei fratelli oppressi dall'Austria, combattemmo -- e non perchè un empio fratricidio de' figli d'Italia ne seguisse -- , da' piedi di questo e de' mille altri monumenti per i caduti d'Italia, t'invochiamo. Vieni ! Festeggino le città l'aspirazione unanime de' lavoratori del braccio e del pensiero al progresso umano; e scorrano rivi d'amore e di benefica redenzione, dove son corsi finora flutti di sangue e torrenti d'odio. Vieni: è questa la vittoria completa che, nel nome de' caduti, pel bene d' Italia e del mondo, s'invoca.
        Salutino le campane e le fanfare a festa la nuova aurora, auspicata da' fervidi nostri voti, da' monumenti poggianti su la terra, ma eretti con le ali a Dio, nel cielo.
        4 novembre 1922.

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