Emilio Paglia - LAMPAMI E TRE - Muscarin’

Muscarin’
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        Abitava in via Coppelle, nei pressi del secondo tiglio secolare, Muscarin', curioso personaggio paesano che parlava il dialetto alla sua maniera per ogni circostanza.
        Alla morte della madre, vedova da anni, restò quest’unico figlio nell'abitazione a piano terra: uno stanzone comprensivo di tutto, con focolare accanto alla porta a un solo battente che veniva aperta il mattino e sostituita da una mezza "portella" che serviva per la luce nel locale e per agevolare la fuoriuscita del fumo in mancanza del camino di sfogo.
        Muscarin' attendeva ai lavori di un poco di terreno agricolo e, non avendo assistenza familiare, pensò bene di cercare una moglie che infine trovò.
        Per tale occasione rinnovò il letto matrimoniale con l'ausilio della sposa che portò un po' di biancheria come dote.
        E venne la prima notte. Muscarin' chiuse la porta con la solita sbarra posteriore per isolarsi dall'esterno, mai pensando che orecchie attente di giovinastri si appostassero al limite della soglia, curiosi ed indiscreti del privato.
        Dovè aver guadagnato il lettone prima Muscarin' ed ora attendeva la sposina che lo raggiungesse accanto. Con voce incoraggiante e melliflua l'invito continuava, ma senza esito.
        Infine al limite della pazienza, con voce imperiosa redarguì la sposina:
        "Maietta! T' cucch' o nun t' cucch' stu scirupp' t'agghia dà!”
        ("Marietta! Ti corichi o non ti corichi questo sciroppo ti devo dare!”)

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