PRIME LIRICHE 1901-1903 - EPOPEA GARIBALDINA - Mentana - Tommaso Mario Pavese.

VII.
Mentana.

__________________________________________

Dorme il piano, avvolto de 'l novembre ne la grigia nebbia,
        e il ciel torpido e sonnolento, uggioso posa su 'l inondo.
        Il sole raro traluce, di sopra i culmini eccelsi,
        sta la campagna, intorno, muta, in una calma profonda:
        lente, secche, cadon le foglie bige, cineree, bianche,
        con ritmo cadenzato, portate su l’ala de 'l vento.
        L' alma Roma, in fondo giace, e olimpicamente sorride,
        da' sublimi monumenti ergentisi alteri ne l’ aria.
        Tutto a l' intorno, ovunque, regna una parlante mestizia,
        e la mente, meditando, innanzi a quel quadro solenne,
        libera si slancia ne' radianti campi de l' idea.
        Ma, la salva dei fucili, ecco, già rompe quell' immensa
        calma: e tra' burroni s' ode furente il cannon rombare.
        Come minaccioso il turbine fra le selve imperversa,
        tremendi, così, a l' assalto slanciansi i militi forti.
        Luccicano le baionette, mandando vivi riflessi,
        l' orde papaliche fuggono, sgomente ed atterrite;
        e gli eroi, inni da' petti mandano, e lodi a Garibaldi.
        Quand' ecco, ad un tratto, due linee densissime e brune
        celermente procedere innanzi si vedon da lungi:
        repente, indi si fermano, e un fuoco cominciano fitto.
        Freme Garibaldi, ne la luce de 'l mesto tramonto,
        ritto in arcion, battendo, a colpi ripetuti, il cavallo;
        e con voce vibrata e co 'l fascino' de la persona,
        fa sempre a' suoi prodi coraggio di procedere avanti.
        Già cedono i nostri, da la sfortuna oppressi e da 'l numero,
        e Garibaldi va innanzi, morir su ‘l campo bramando.
        Ma, per Mentana, fiaccavisi la potenza papale,
        e il successore di Piero era spodestato de 'l trono
        che di Cesare era, ed a Cesare aveva egli usurpato.
        Quando, in Mentana, Cesare a Pietro una parte donava
        de l' impero ch' era suo, e che Dio aveva a lui dato,
        sorse, così, in Mentana, l' onta di secoli lunghi.
        Ma, Garibaldi, co 'l sangue, tu, di Mentina lavavi
        quell' obbrobrio funesto, e le porte schiudevi di Roma,
        di Roma che, già lieta, tende a' vendicator le braccia.
        Per voi che gittaste, ridenti, l' anima a ‘l fato nero,
        essa l' onore perduto de 'l suo gran nome riacquista;
        butta la rossa mitra, che imposta le fu a le chiome,
        e libere le mani sollevano le aquile in alto:
        corruscante il cimiero le copre la testa regale,
        mentr' ella, con occhi intenti, ancor cerca l' alto infinito.

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home