PRIME LIRICHE 1901-1903 - LIBRO III - DISTICI ED ALTRI RITMI - Ne 'l rigore de l' inverno - Tommaso Mario Pavese.

IX.
Ne 'l rigore de l' inverno.

__________________________________________

Ulula forte il vento, tra' rami di querce robuste
        e di castagni brulli, ne la vicina selva.
Ne 'l plumbeo cielo è sparsa una grave tristezza,
        che opprime lenta i sensi, che pervade l' anima.
La nebbia avvolge il piano in una caligine densa:
        tace, mesta, la terra, ne 'l rigore lugùbre.
La bufera ha il rugghio tremendo di belva ferita,
        che in bosco si dibatta ne l' agonia fatale;
ha il sibilo di serpe che scuota le spire letali,
        sotto la canicola, ne l' affricano suolo.
I rami torti esprimono anch' essi l' angoscia
        di anime doloranti in un dolore vano.
Cade la neve, intanto, co 'l volo leggèr di farfalla
        svolazzante tra' fiori, ne l' alma primavera:
a fiocchi spessi cade, il turbine, bianca, la posa
        su le colline meste, sopra il fremente mare.
Scende la neve, qual vago sogno dorato
        sopra la lieta culla d' un dormente bambino;
mentre i passeri soli percorrono l' aria, tremanti,
        con sommesso bisbiglio svolazzanti su' pioppi.
Qualche viandante passa, ravvolto ne l' ampio mantello,
        e mira il cielo cupo sopra il suo capo basso.
Ne la valle di neve coperta rimugghia il torrente,
        impetuoso, e gonfio di ancor non fuso ghiaccio.
Muta una casa guarda, di sotto a 'l gelato lenzòlo,
        il silenzioso piano che non dà suon di vita.
In quella casa mesta, orrenda tragedia si svolge:
        la madre, di pan priva, muore lattando il figlio.
Livida la carne che male ricoprono i cenci,
        giace su nuda paglia con gli spioventi crini.
La faccia smunta un languido pallore opprime:
        il giovin occhio smorto non manda più bagliori.
La tosse ed il rantolo di morte le scuotono il petto,
        manda la bocca esangue lurida bava verde.
Con le dita, il poppante rifruga l' esausto materno
        seno: mesta essa il guarda, a sè lo stringe invano.
Cadon lente le braccia: di morte il languore la invade,
        mentre affamato il figlio ancor la poppa cerca.
Sol ne la casa muta de 'l bimbo il vagito si ascolta,
        mentre vien giù tranquilla l' impassibile neve.
Il padre solo, forse, da 'l villaggio tornando a sera,
        piangerà con affanno l' amata sposa morta.
Ed or te canti bella, o neve, il poeta egoista
        che, ne la stanza calda, esteri vini beve,
mentre il ventre gonfio ballonzola su la poltrona:
        e dà fumo la pipa, come un camino acceso.
Dica te pur leggiadra, il ricco cui scricchia il granaio
        sotto il soverchio peso de le mietute biade:
e che, su pe 'l camino, contempla salir scoppiettante,
        alta e rossa la vampa che i pieni visi illùma.
Te non loderò io, se soffra la fame ed il freddo,
        per te, laborioso uomo ne la squallida casa.

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home