SCRITTI VARI - Tommaso Mario Pavese - Storia che pare novella.

Storia che pare novella*

        Già prima di vederla, l' amavo, perchè l' avevo sognata attraverso un ideale fulgido, I' avevo presentita nel mio spirito, anche prima che i miei occhi si fossero inebbriati nel guardarla. Ci conoscemmo poi in riva al mare. Ella m'indicò la via che seguiva ; io non le indicai la mia. Erano 'due idee opposte. Credetti per un momento di poterla vincere; ma ella fu più forte di me, e vinse quando non auguravo, nè sospettavo la sua vittoria. Vinse, mentre ero convinto che ella dovesse soggiacere : mi dominò, quando mì ero proposto di resistere e di trionfare. Perchè, come mi dominò ?

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        Vi sono dei momenti in cui l' anima triste sente il bisogno di sognare , di amare , anche correndo dietro ad una parvenza o ad un' illusione, se non può correre dietro una forma reale e tangibile. In uno di questi momenti un pò grigi dell' anima, io la conobbi. L' ora, il luogo sì prestavano benissimo all' inganno ed all' incanto. Era di maggio. La notte stellata faceva discendere sul golfo un'immensa quiete ; solo in lontananza s' udiva il rumore confuso ed assordante della città vivacemente illuminata ; d' appresso non altro romore che il mormorio placido delle onde e il lene crepitio delle foglie degli alberi della villa, mosse dal vento. Vicino, d' attorno, quasi regnava l' oscurità : solo qualche raro fanale mandava, qua e là, una lunga striscia curata e serpeggiante, che luccicava con vivido tremolio sul golfo nero.
        Ella m' apparve bianco-vestita. Aveva voce bella e gentile, parola facile, frase talvolta audace, rovente, penetrante, riso grazioso.
        Faceva sentire nel gesto e nella voce una cert' aria di superiorità ; ma, nell' insieme, era tanto esile, che si sarebbe potuta per sempre dissolvere al primo alitar d' un soffio di passione.
        Nondimeno quella graziosa forma femminile aveva tanta potenza di volontà, tanta malia suggestiva, che ebbe la forza di dominare allora la mia anima stanca e, dopo, tavolta i miei ricordi ed i miei sentimenti.
        Poche furono le nostre passeggiate, quasi solitarie, in riva al mare e nella villa : poi il caso ci volle lontani. Io l' amavo a scatti, e l' amore ìn me stava per inaridirsi : ella mì accordava sempre una tenera e soave amicizia.
        La lontananza fu per entrambi un bene, perchè impedì all' amore di morire per lenta consunzione.
        Questa fine sarebbe stata inevitabile, fatale: non ci eravamo, per allora, ben capiti !

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        Ma, dopo breve tempo , durante la lontananza, quando la mia anima riprese il suo vigore e la mente tornò calma, agile e serena , io la capii e l' amai dì più.
        M'accorsi che ella seguiva una via che era molto più attraente e bella di quella per cui io mi ero incamminato : mi accorsi che la sua anima buona e gentile, da me allora creduta traviata, era forse disposta ad amarmi molto più durevolmente e più fortemente che io non l' amassi ; e mi pentii di non essermi subito messo a seguirla, con più ardore e con maggior forza e fermezza di volontà, per la via che ella mi aveva benevolmente additata.
        Ci rivedemmo all' improvviso dopo alcuni mesi, inaspettatamente, senza che forse più lo sperassimo lo, in quel momento, l' amavo e l'amo ancora.
        Quell' esile figura femminile mi torna spesso in mente, ed amerei gioire ancora più con essa.

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* Da Il Corriere del New jersey, Newark , N. 1, 25 ottobre 1913.

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