GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - c) Presenza... "assente" di Dio in ciascuno di noi e nella storia

c) Presenza... "assente" di Dio in ciascuno di noi e nella storia
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        Per noi oggi è particolarmente difficile interpretare i continui "silenzi" di Dio, nella vita personale e nella storia, di fronte alle persistenti contraddizioni.
        Alla debolezza del peccato di origine si aggiunge in noi il fardello dei peccati personali e comunitari per cui, mancando di trasparenza, di purità, facciamo fatica a scoprire con l'occhio della fede la presenza-assente di Dio, sempre attenta e vigile sia nella storia che nella vita di ciascuno di noi, tutti chiamati alla salvezza.
        E' il motivo profondo della nostra difficoltà, o addirittura impossibilità di leggere negli eventi l'universale volontà salvifica del Creatore, la sua opera silenziosa e la sua abitazione nel nucleo più intimo del nostro essere.
        Quanto mai attuale, pur nella sua emblematicità, è questo messaggio del profeta Isaia

                "Va' e riferisci a questo popolo:
                Ascoltate pure, ma senza comprendere,
                Osservate pure, ma senza conoscere.
                Rendi insensibile il cuore di questo Popolo,
                Fallo duro d'orecchio e acceca i suoi occhi
                E non veda con gli occhi né oda con gli orecchi
                Né comprenda con il cuore
                Né si converta in modo da essere guarito" (Is 6,9-10).


        In questa precaria situazione interiore spesso ci perdiamo di coraggio e le paure ci assillano, fino a non sentire più la "voce della coscienza" che ci accomuna a tutti gli uomini, ma, soprattutto, fino a tradire la "follia della croce" di Cristo, per sostituirla con la nostra "follia degli idoli".
        Di qui la caduta del senso religioso della vita, ridotta a materialità, sia nelle persone, senza escludere i ministri, sia nelle comunità.
        La responsabilità dell'attuale situazione è particolarmente grave per coloro che si professano seguaci dell'Amore crocifisso e si rivelano contro-testimoni nella vita, di fronte al mondo.
        Eppure la tradizione ecclesiale, sull'esempio delle prime comunità cristiane ha sempre incentrato la fede sul Mistero Pasquale di Cristo, percepito anche attraverso musica, arte, rappresentazioni sacre, ma soprattutto testimoniato nella vita.
        In questo preciso contesto di visualizzazione del Mistero è da inserire anche la tradizione, antichissima in Vallata, della Processione del Venerdì Santo, in cui la comunità ecclesiale ha visto rispecchiata la sua stessa travagliata storia, per attingere al Mistero centrale della fede cristiana luce e forza, per il suo cammino storico-religioso, verso la gloria, come puntualizzava alle prime comunità cristiane l'Apostolo Pietro, proprio lui il rinnegatone "Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare" (I Pt 4,13).
        La Processione è una commossa rievocazione della Passione, proposta anche a gente semplice, attraverso i cosiddetti "Misteri", costituiti da tele raffiguranti Gesù nei vari momenti della passione, e i vari personaggi in essa coinvolti; tele che riportano frasi del racconto evangelico della passione, stendardi vari, strumenti e oggetti vari rievocanti altri particolari, insegne romane, ecc. Tali misteri sono portati dai ragazzi.
        Animano la processione due numerosi squadroni, uno dei piccoli e uno dei grandi, formati da giovani con armatura romana al completo, preceduti, il Piccolo Squadrone, dall'Aquila latina, con due alabardieri e Guida, e il Grande Squadrone, dall'immagine di Cesare Imperatore con Lictores e Capo Squadrone.
        Il passo di tutti è cadenzato dal ritmo di un suono caratteristico di tromba e tamburo, che contribuisce a creare un clima di commossa riflessione, già preannunziato dal suono di mezzanotte, sul mistero dell'Amore crocifisso, che accoglie ed assomma in sé il dramma della sofferenza umana.
        La passione di Cristo, che continua in quella degli uomini sparsi su tutta la terra, è proposta agli spettatori, che accorrono numerosissimi anche dal lontano Napoletano e dalle Puglie, nelle sue varie fasi della Via Crucis, anche da alcuni uomini che, indossando vecchi "mantelli a ruota", cantano, in un motivo popolare caratteristico, i commoventi versetti sacri, qui riportati, dell'Ab. Pietro Metastasio.

1) Gesù è condannato a morte

Se il mio Signor diletto
A morte hai condannato,
Spiegami almen, Pilato,
Qual fosse il suo fallir.
Che se poi l'innocenza
Error da te s'appella,
Per colpa così bella
Potessi anch'io morir!


2) Gesù è caricato della croce

So, che del tuo supplizio
Appare reo ch'il porta,
So che la pena è scorta
Del già commesso error.
Ma, se Gesù si vede,
Di Croce caricato
Paga l'altrui peccato,
Sol per immenso amor.


3) Gesù cade per la prima volta sotto la croce

Chi porta in pugno il mondo
A terra è già caduto,
Né gli si porge aiuto:
Oh Ciel, che crudeltà.
Se cade l'uomo ingrato
Tosto Gesù il conforta;
Ed è per Gesù morta
Al mondo ogni pietà.


4) Gesù incontra la sua SS. Madre

Sento l'amaro pianto
Della dolente Madre,
Che gira tra le squadre
In traccia del suo Ben.
Sento l'amato Figlio
Che dice:
Madre, addio;
Più fier del dolor mio,
Il tuo mi passa il sen.


5) Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce

Se di tue crude pene
Son io Signor il reo,
Non deve il Cireneo 
La Croce tua portar.
S'io sol potei per tutti
Di Croce caricarti
Potrò nell'aiutarti
Per uno sol bastar.


6) Gesù è asciugato dalla Veronica

Sì vago è nel tormento
Il volto del mio Bene,
Che quasi a te diviene
Amabile il dolor.
"In Cielo che sarai
Se in rozzo velo impresso
Da tante pene oppresso,
Spiri sì dolce amor?


7) Gesù cade la seconda volta

Sotto i pesanti colpi 
Della ribalda scorta,
un nuovo inciampo porta
A terra il mio Signor. 
Più teneri dei cuori
Siate voi, duri sassi,
Né più ingombrate i passi
Al vostro Creator.


8) Gesù consola le donne di Gerusalemme

Figlie, non più su queste
Piaghe, che porto impresse,
Sui figli e su voi stesse
V'invito a lagrimar.
Serbate il vostro pianto,
O sconsolate Donne,
Quando l'empia Sionne
Vedrete rovinar.


9) Gesù cade la terza volta

L'ispido monte mira
Il Redentor languente,
E sa, che inutilmente
Per molti ha da salir.
Quest'orrido pensiero
Sì al vivo il cor Gli tocca
Che languido trabocca
E sentesi morir.


10) Gesù è spogliato e abbeverato di fiele

Mai l'Arca del Signore
Del vel si vide scarta,
E ignudo il Dio dell'Arca
Vedrassi, e senza vel?
Se nudità si bella
Or ricoprir non sanno:
Dite, mio Dio, che fanno
I Serafini in Ciel?


11) Gesù è inchiodato sulla croce

Vedo sul duro tronco
Disteso il mio diletto,
E il primo colpo aspetto
Dell'empia crudeltà.
Quelle divine mani,
Che al torno sembran fatte,
Ahi, che il martel le batte
Senz'ombra di pietà.


12) Gesù muore in croce

Veder l'orrenda morte
Del suo Signor non punte,
Onde si copre il Sole
E mostra il suo dolor.
Trema commosso il mondo,
Il sacro Vel si spezza,
Piangon per tenerezza
I duri marmi ancor.


13) Gesù deposto dalla croce è dato in braccio alla sua SS. Madre

Tolto di croce il Figlio,
L'avide braccia stende
L'afflitta Madre, e prende
Nel grembo il morto Ben.
Versa per gli occhi il cuore
In lagrime disciolto:
Bacia quel freddo volto,
E se lo stringe al sen.


14) Gesù è deposto nel Sepolcro

Tomba, che chiudi in seno
Il mio Signor già morto,
Fin ch'Ei non sia risorto
Non partirò da Te.
Alla spietata morte
Allor dirò con gloria:
Dov'è la tua vittoria?
Dov'è dimmi dov'è?

         La processione si apre, al caratteristico suono della tromba e del tamburo, con un breve riachiamo al grido di giubilo, Hosanna, con cui Gesù sull'asinello fu accolto, alla domenica delle Palme, in Gerusalemme, per passare subito al GETSEMANI, dove "cominciò a sentire paura e angoscia" (Mc 14,30), di fronte alla passione cui dava inizio.
        Aveva egli cercato un po' di sollievo nei discepoli, confidando loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate" (Mc 14,34), ma invano.
        Davanti allo sguardo di Gesù, prostrato a terra, aggrappato alla roccia, passano gli strumenti della passione: Croce del Calvario, discipline di ferro, Stendardo della morte, per cui "In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra" (Le 22,44). "Abbà, Padre! tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi m" (Mc 14,36), particolari suggeriti dai misteri Pater si possibile est, Calice e Croce.
        Seguono Lanterna, che serviva a Giuda e alla folla per riconoscere Gesù nell'oscurità della notte "Chi lo tradiva aveva dato questo segno Colui che bacerò è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta" (Mc 14,44): Trenta denari, il prezzo del riscatto pagato al traditore; Coltello e Orecchio "Uno dei presenti (Pietro), estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio" (Mc 14,46).
        Lo svolgimento della processione sollecita poi lo spettatore a seguire Gesù, dopo la cattura, alla casa del sommo sacerdote, dove avviene il primo interrogatorio del
        PROCESSO GIUDAICO, in prima seduta notturna
, probabilmente un'istruttoria informale, in quanto il Sinedrio, formato da 70 membri, con un presidente che era il Sommo Sacerdote, con funzioni ben regolate e riconosciute da Roma, non poteva riunirsi di notte.
        Il Sinedrio era formato dagli ex-Sommi Sacerdoti e dall'alto clero, la parte più aristocratica e più conservatrice; dagli anziani, che rappresentavano l'aristocrazia laica terriera, i ricchi proprietari, anch'essi conservatori, appartenenti prevalentamente al partito dei Sadducei; e infine dagli Scribi, rappresentati da intellettuali e da una certa borghesia attiva, economica. Questi appartenevano al partito più aperto e sensibile, quello dei Farisei.
        Nell'atrio frattanto avviene il triplice rinnegamento di Pietro, ricordato dalla Iscrizione "Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte" (Mc 14,72) e Gallo.
        La Mano riporta agli schiaffi subiti da Gesù, dopo la prima informale e sommaria sentenza di morte in casa di Caifa "Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo a dirgli "indovina". I servi intanto lo percuotevano" (Mc 14,64-65).
        La seconda seduta avviene al mattino, per formalizzare quanto previsto alla notte: il Sinedrio poteva riunirsi solo dal sorgere fino al tramonto del sole. "Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato" (Me 15,1) il sinedrio si raduna al completo per dare carattere effettivo e definitivo alla condanna già pronunciata nella notte da Caifa, ricordata con la Iscrizione di Caifa, riportante la sentenza e l'immagine di Caifa con due Alabardieri.
        Gesù viene condotto dal governatore Pilato, perché l'autorità romana aveva tolto al sinedrio il diritto di eseguire le sentenze capitali e questo voleva la morte di Gesù, perché si era dichiarato esplicitamente figlio di Dio", come sottolinea Marco senza esitazione, cioè aveva "bestemmiato".
        Sapendo però che Pilato, come pagano, non avrebbe avvertito la gravità dell'accusa, i Capi giudei portano il processo sul piano politico, dichiarando che Gesù ha preteso di farsi re, trattato poi come re da burla, con la Veste bianca, dal tetrarca Erode, cui Pilato aveva inviato Gesù, nel tentativo di liberarsi da un fastidio, come ricorda soltanto l'evangelista Luca.
        Da questo momento ha luogo il vero PROCESSO, quello ROMANO.
        Pilato, ormai convinto dell'innocenza di Gesù, fa una serie di tentativi per liberarlo. Il suo scopo è di commuovere la folla, perché chieda la liberazione di Gesù: egli vuole arrivare alla giustizia per vie traverse, senza affrontare anche le difficoltà, che il più delle volte la giustizia comporta, col risultato di sottoporre Gesù ad un più ingiusto e vergognoso supplemento di pene, con la
        FLAGELLAZIONE E CORONAZIONE DI SPINE, evocate da Colonna, Funi, Spine, Canne, Flagelli di ferro, Corona di spine.
        Si arriva così, da parte di Pilato alla formale I Sentenza = Tradatur Christus ad flagellandum, cui seguono Iscrizione dell'Ecce Homo e immagine dell'Ecce Homo, Clamide, con il farsesco "lavarsi le mani" evocato da Brocca, Bacile e Tovaglia, che certo non lo libera dalle sue responsahilità di aver legalizzato una
        CONDANNA A MORTE
, già decisa altrove e da altri, pur essendo convinto dell'innocenza del Nazareno "Dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso".
        Pilato resta così nella storia il testimone costante e decisivo della sorte di Cristo. Se il mondo giudaico ha fatto tutto il possihile per far condannare Gesù, la firma, che rendeva esecutivo quel desiderio, è romana.
        Tutti i "Credo", da quello apostolico a quello niceno-costantinopolitano, hanno sempre la frase "Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso e mori".
        Cristo muore all'interno delle coordinate dell'impero romano, muore registrato, come era nato (dice Luca) registrato per opera di un altro funzionario romano, Quirinio.
        Cristo così è inserito allo interno della nostra stessa storia: è un seme di infinito e di eterno, ma nell'interno dei nostri giorni, e persino dei "tabulari" romani, conservati negli archivi e accolti dalla storiografia.
        "Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo "Salve, re dei giudei" e gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia si prostravano a lui.
        Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora, -Clamide rossa (manto regale)- e gli rimisero le sue vesti, poi "Lo condussero fuori per crocifiggerlo" (Me 15,16-20).
        Inizia così il doloroso
        VIAGGIO AL CALVARIO, aperto dalla Aquila latina con Coppia di Alabardieri, Bandiera bianca, II Sentenza di condanna a morte di Gesù Nazareno.
        Il viaggio continua con il Piccolo Squadrone, preceduto dalla Guida, seguito da Bandiera rossa, cartello della condanna INRJ (Gesù Nazareno, Re dei Giudei) Gesù con la croce sulle spalle e Iscrizione rievocante il delicato gesto della Veronica.
        Si giunge così al
        CALVARIO, dove Gesù viene spogliato anche della Camicia rossa e affisso alla croce con i Tre chiodi, servendosi di Martello e Tenaglie.
        Gesù ormai è
        ISSATO sulla CROCE "Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio" e gli viene offerto, con una Spugna imbevuta di Vino misto a Mirra, usato allo scopo di stordire il condannato perché, in stato di semicoscienza, sentisse meno dolore "... posero una spugna imbevuta di aceto in cima ad una canna e gliela accostarono alla bocca" (Gv 19,29).
        Sono rievocati nella processione anche altri particolari: Dadi, con cui i soldati tirarono a sorte la tunica di Gesù "I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta di un pezzo da cima a fondo. Perciò decisero tra loro: "Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca" (Gv 19,23-24).
        Lancia tiranna, con cui Gesù fu trafitto al cuore, dopo la morte "... uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia, e subito ne uscì sangue ed acqua" (Gv 19,34).
        Seguono Gonfalone della morte, Scale ed Emblema romano che, insieme alle insegne latine, sintetizza tanti particolari della passione e morte, secondo lo schema in uso a Roma.
        La presenza dell'autorità centrale romana è evidenziata da: i Lictores, l'immagine di Cesare Imperatore, cui segue il Grande Squadrone, preceduto dal Capo Squadrone, che regola il passo cadenzato dei soldati, al suono caratteristico di tromba e tamburo, per giungere alla nudità del Tronco della Croce, al centro di quelle dei due ladroni, e dopo, l'immagine della Sacra Sindone "Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto" (Gv 19,37 citai. di Zc 12,10).
        Il racconto visualizzato della passione di Cristo, tramandato a noi con tanta finezza pedagogica e con ricchezza di particolari desunti dai singoli evangelisti e armonizzati così bene in una mirabile sintesi di fede, trova la sua conclusione logica nella espressiva statua del
        CRISTO MORTO, seguita da quella non meno significativa della
        ADDOLORATA, trafitta da una spada "... a te una spada trafiggerà l'anima" (Le 2,35).
        Tra le due statue, quasi a spezzare la drammaticità di quella situazione, ci sono delle bambine biancovestite, alcune delle quali portano su vassoi i Tre chiodi, strappati dalla croce al momento della deposizione un Cuore trafitto da spada, per ricordare come tutte le sofferenze di Cristo siano concentrate nel cuore materno, e una Corona, da lei conquistata, proprio attraverso una viva partecipazione alla morte del Figlio, per essere la Regina dell'umanità redenta, la Corredentrice.
        Mamma e Figlio, pur nella tragicità della morte, con la dolcezza del loro volto, trasmettono un messaggio di serenità, e il Cristo nell'urna, con la mano destra leggermente sollevata, ci preannuncia la Gloria della Pasqua, rivolgendoci, come ai discepoli di Emmaus, lo stesso accorato e dolce rimprovero "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze, per entrare nella sua gloria?" (Le 24,26).
        Ma... è già PASQUA... Alleluia!
        Una Pasqua pregustata senz'altro già qui sulla terra in una Trasfigurazione prolungata nel tempo, non più riservata ai tre discepoli prediletti ma a tutti gli uomini, tramite i seguaci di Cristo risorto, nostra Pasqua "qui ed ora", proiettata verso il "non ancora" della Pasqua eterna.
        In occasione della trasfigurazione, Cristo, rivelando ai discepoli, ed a noi con loro, la sua vocazione all'amore totale per Dio e per gli uomini, fino al sacrificio di sé, rifiutando la sottile tentazione di Pietro di prevenire la gioia della contemplazione, c'invita a seguirlo nella durezza del quotidiano, sollecitandoci a scendere dal monte della trasfigurazione, sulle strade di tutti, nel mondo, per
        AMARE DIO NEGLI UOMINI
        E GLI UOMINI IN DIO fino a sacrificare tutto all'unico vero Assoluto, che può riempire la nostra vita di sé, rendendoci strumenti di COMUNIONE UNIVERSALE E COSMICA...
Meravigliosa avventura!!!

        La ultratrentennale avventura di salvezza di Zino con la sua comunità, ha avuto proprio quest'anno una significativa tappa di rifornimento ai piedi del Sinai, sotto la guida del Pastore della diocesi, per una
        - verifica del cammino salvifico fatto;
        - e per una più coinvolgente ripresa del cammino pasquale di Cristo, con la Chiesa universale nel mondo. La Santa visita è stata così pre-annunziata e preparata in Parrocchia.


Originale Battistero di Vallata: come cervi assetati alla sorgente delle acque

IL CONCILIO ECUMENICO VATICANO
II NELLA CHIESA CHE È IN VALLATA (AV)

        Dal fonte Battesimale rinasciamo:
        - figli di Dio
        - fratelli di Gesù Cristo
        - membri della Chiesa

        "Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
        Com'è scritto nel profeta Isaia:
        Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
        egli ti preparerà la strada.
        Voce di uno che grida nel deserto:
        preparate la strada al Signore,
        raddrizzate i suoi sentieri.
        Si presentò Giovanni a battezzare nel deserto,
        predicando un Battesimo di Conversione
        per il perdono dei peccati" (Mc 1-4).

        La Provvidenza ha disposto che, proprio in quest'anno liturgico in cui l'evangelista Marco guida il nostro cammino verso Cristo, un suo "inviato", precursore ed araldo, nella persona del Pastore di questa nostra Chiesa, venisse ad aprire la strada a colui che, in occasione del Battesimo al Giordano, è riconosciuto dal Padre: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Mc 1, 11), perché ognuno di noi, sotto l'azione dello Spirito, si disponga ad ascoltare la Parola, per farla diventare Vita della propria vita.
        S. Marco (che molto probabilmente, come asserisce l'esegesi moderna, ha inventato il genere letterario "Vangelo", così come oggi l'intendiamo) immediatamente dopo la trilogia Battista-Battesimo-Tentazioni, ci ha messi in ascolto della prima predica di Gesù, molto coinvolgente per la sua essenzialità e radicalità di messaggio:
        "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino.
        Convertitevi e credete al Vangelo"
(Mc 1, 15).
        E' la Parola-Predicazione di Gesù, il suo Kerigma, che proclama solennemente: con la mia presenza è arrivata finalmente, nell'interno della storia, una realtà che dà totalità e pienezza all'esistere, un'azione per noi del passato, una vicinanza che si è già realizzata, il cui effetto dura oggi, un oggi proiettato verso il non ancora.
        Ma all'azione di Dio, deve corrispondere l'io dell'uomo col cambiare mentalità girando senza compromessi la mente di 360 gradi, per giocarsi la vita sul Vangelo.
        Il messo della Chiesa che è in S. Angelo L/di, sull'esempio del Battista, viene a ricordarci la prima predica di Gesù, perché il nostro cammino di salvezza resti inserito nel cammino della Chiesa nel mondo.
        Un cammino previsto, sin dall'eternità dall'amore creativo del Padre, iniziato poi con l'innesto nello amore redentivo del Figlio nel giorno del Battesimo, per continuare nel tempo, guidati dall'amore santificatore dello Spirito, attraverso le varie tappe sacramentali, col nutrimento del Verbo fatto Carne verso l'eterno di Dio. Questo affascinante disegno di Dio sollecita un'adesione libera e responsabile di fede in ciascuno di noi, attraverso l'opera della Chiesa, in cui non manca la presenza di una Mamma, confermata dal Vaticano Il come Icona del popolo peregrinante, in comunione con tutte le Chiese del mondo e con la Chiesa universale.
        Nella nostra comunità, da oltre un trentennio, abbiamo cercato insieme di capire sempre più a fondo, alla luce della Parola, sotto il soffio pentecostale del Concilio Ecumenico Vaticano II, il provvidenziale disegno di salvezza, pur con tutti i nostri limiti umani, ma sempre fiduciosi che "quanto è impossibile a noi, è possibile a Dio".
        E siccome i doni che la Provvidenza mette nelle nostre mani vanno arricchiti, utilizzandoli a servizio degli altri, abbiamo anche voluto esternare, per contemporanei e posteri, la nostra interiore esperienza, attraverso il messaggio visualizzato delle opere artistiche realizzate nella Chiesa Madre, col generoso e costante sacrificio del resto della comunità che è in Vallata.
        Mi permetto dare una sintesi interpretativa di tali opere, veri gioielli di fede e di arte, per uno stimolo di riflessione a tutti, in attesa della Santa Visita del Pastore, che "visita il suo mistico gregge, articolato nelle varie realtà parrocchiali, guidandolò con la sua autorità apostolica, in qualità di successore degli Apostoli, nelle vie del Signore..." (dalla Lettera per la Prima Visita Pastorale di S.E. Mons. Milano).
        La ricostruzione materiale della chiesa, iniziata nel lontano 1969, e realizzata in povertà estrema, per una precisa scelta di radicalità, ha offerto al sottoscritto la possibilità di VISIBILIZZARE LA STORIA DELLA SALVEZZA, anche per le generazioni future, con episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, unitamente a soggetti di tradizione popolare, rievocati nelle vetrate ad opera del valente Prof. L. Vinardi, che ha saputo mirabilmente trasformare la luce della salvezza in una vasta gamma di colori.
        L'avventura salvifica comincia con la vetrata che simboleggia la CREAZIONE, espressione di amore del Dio uno e trino (Triangolo in rosso = segno di amore), che si riversa in un volto umano (ugualmente in rosso) abbozzato al centro di figure geometriche multicolori, che ricordano la perfezione dell'universo nei suoi vari ordini. A questo piano di amore del Creatore si oppone il rifiuto della creatura, simboleggiato dalla vetrata del DILUVIO, dove una violenta pioggia torrenziale porta distruzione e morte, espresse visibilmente sia dalla confusione degli elementi, le cui venature richiamano anche i vortici dell'acqua distruttrice, sia dal prevalere dei colori viola e marrone, mentre in alto "rosseggia" l'ira di Dio (ci esprimiamo certo con categorie umane...).
        Il rifiuto dell'amore da parte dell'uomo non blocca il piano di Dio, ma lo fa tracimare nella INCARNAZIONE, simboleggiata dall'abbraccio della MADONNA COL BAMBINO, immersi in fasci di luce, pioventi dall'alto e diffusi orizzontalmente sulla terra dal Verbo Incarnato.
        Cristo, dovendo restare visibilmente sulla terra soltanto un pugno di anni, affida la continuazione della sua MISSIONE SALVIFICA ad uomini che chiama al Suo seguito: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4, 19): Pesca salvifica simboleggiata da una grande rete, che strappa i pesci alla violenza distruttrice delle acque della morte.
        La sequela di Cristo è lungo la via del CALVARIO, mirabilmente richiamato dal Mosaico, alla fioca luce del sole oscurato in alto, con al centro le tre croci, la Addolorata "ai piedi della Croce stava (quasi impietrita dal dolore) Sua Madre" (Gv 19, 25), che, col gesto della mano destra indica il Figlio deposto dalla Croce e conservato nella vicina urna.
        L'ispiratore ha inteso espressivamente e significativamente agganciare il messaggio universale della croce (universalità richiamata pure dalle pietre provenienti da varie parti della terra: oltre al marmo Carrara e Venezia, c'è il rosso persiano delle croci, e marmo africano, asiatico, australiano...) alla locale tradizione della Processione del Venerdì Santo, facendo sistemare alla base del mosaico, in strutture di ferro, alcuni dei cosiddetti misteri della Processione (lancia tiranna, chiodi, scala, dadi), in modo da personalizzare alla comunità locale il messaggio generale. Le statue del Cristo morto e dell'Addolorata, che chiudono la suddetta processione, sono state riportate alla loro bellezza originaria dal bravo restauratore Roberto Diamanti, che le ha letteralmente strappate allo "sgorbio" di precedenti restauri.
        Particolarmente il Cristo che, col gesto di abbandono della mano sinistra a se stessa, richiama la morte, e, con lo sforzo di sollevamento della mano destra, richiama la Risurrezione, esprime serenità, pur nella rigidità del corpo piagato, con la bocca appena socchiusa e il volto finemente composto, dando l'impressione più di una persona che dorma, che di un freddo cadavere.
        Il Mistero Pasquale nei suoi due poli è sintetizzato in due vetrate raffiguranti la CROCIFISSIONE e la RISURREZIONE.
        La prima è concentrata sulla maestosità del Cristo crocifisso, pur nella drammaticità della morte, richiamata anche dal prevalere del viola, appena spezzato da una lama di rosso vivo dell'aureola e da alcune venature del cristallo, rievocanti particolari dell'Amore Crocifisso.
        La sistemazione di questa vetrata è stata prevista nel presbiterio, dove troneggia l'altare della celebrazione della Messa, che attualizza il Mistero Pasquale di Cristo, testimoniato anche dal martirio del glorioso Patrono S. Bartolomeo Ap., raffigurato nell'artistico medaglione dell'altare e nella meravigliosa tela del Lanfranco (anche se deturpata da un vandalico taglio ai laterali, in un intervento di restauro del 1902), dono del card. Orsini, poi Papa Benedetto XIII. Anche la statua del Santo, è stata riportata alla bellezza originaria dallo stesso restauratore nel 1993: essa è quanto mai espressiva nei gesti e nel volto, un volto segnato dal decorticamento subìto, rievocato dal coltello e dalla palma
        del martirio stretti nella mano sinistra, ma anche un volto da cui sprizza un virile senso di fierezza, di vittoria sulla morte intrepidamente significata dall'indice della mano destra, puntato verso il Cielo, additando ai suoi figli la meta finale cui tendere, "giocandosi" la vita sul Vangelo, simboleggiato dal libro che il glorioso Apostolo stringe a sé col braccio sinistro. E' tutto un messaggio di gioia pasquale, rievocata specificatamente dall'altra vetrata, sistemata nel corridoio di accesso alla cripta.
        La RISURREZIONE è significativamente simboleggiata nell'evidente movimento dinamico dell'uscita di Cristo dal Sepolcro, in uno slancio irrefrenabile verso l'Alto, cui tutti siamo chiamati.
        In questo cammino di rissurezione, il cristiano trova, sotto la guida di una Mamma, il suo alimento nell'Eucaristia. Di qui la motivazione teologica della scelta di altre due vetrate, una con i simboli eucaristici OSTIA E CALICE, fra una spiga di grano e un grappolo d'uva, e l'altro con CORONA DEL ROSARIO, "catena dolce", che lega la Terra al Cielo.
        Nella scelta di questi due soggetti ha contribuito anche una motivazione di ordine storico-tradizionale, in quanto in Parrocchia c'erano anticamente due Congreghe, dedicate al Santissimo Sacramento e al Rosario.
        Nella continuità della fede nel Risorto, è molto significativo questo connubio biblico-tradizionale, che apre al mistero della Chiesa, simboleggiata nella vetrata della PENTECOSTE, con i segni biblici della colomba e del fuoco: la Terra risulta così riconciliata con il Cielo, sotto l'azione purificatrice e santificatrice del fuoco dello Spirito, che dà inizio ai Tempi Nuovi.
        L'avventura della salvezza, così bene visualizzata cromaticamente dalle vetrate, insieme a mosaico, altare, tela e statua del Patrono, trova il suo sbocco naturale in un sorprendente gioiello d'arte e di fede, il BATTISTERO, opera unica nel mondo, sprizzante originalità e semplicità francescana dell'artista, nostro conterraneo, P. Andrea Martini Ofm.
        L'originale Battistero, con la vasca superiore sormontata da una Croce di bronzo, alla cui base è fissata una colomba, che sembra volteggiare in questo trionfo della vita, è un'armoniosa sintesi biblico-teologica, che richiama il dono della grazia santificante, meritata dal sacrificio di Cristo e simboleggiata dall'acqua, elemento essenziale di vita, cui noi, come cervi brasmosi, andiamo a dissetarci, sotto l'azione dello Spirito.
        Il Mistero Pasquale di Cristo diventa il nostro mistero, nel passaggio dalla Morte alla Vita, con lo sbocco finale nel mistero già definitivo dell'Assunzione, in anima e corpo, di Maria SS. al Cielo. Dal cuore e dalla mente dell'artista, convinto cristiano, è venuta fuori nel grandioso Rosone frontale della chiesa, un'affascinante figura materna, che sintetizza mirabilmente il trionfo di Cristo glorioso, con tutta la sua Chiesa, in piena conformità della visione giovannea dell'Apocalisse:
        "Nel cielo apparve un segno grandioso, una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle..." (Ap 12, 1).
        "La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell'anima, è immagine e inizio della Chiesa, che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (LG n. 68).
        Veramente:
        ICONA ESCATOLOGICA DELLA CHIESA.
        E il mondo, domani, sarà di "chi saprà dargli la più grande speranza" (Teilhard de Chardin).

        Il risultato di tale visita è stato così "vivisezionato" in queste significative lettere.

        Mons. Mario Milano

11 /94 VP

 
27 Giugno 1994

REV.mo D. GERARDO DE PAOLA
PARROCO DI VALLATA

        Carissimo D.GERARDO,
        insieme ringraziamo il Signore, eterno buon Pastore, per il dono della visita pastorale a cotesta Comunità parrocchiale di Vallata.
        Abbiamo vissuto ore d'intensa comunione ecclesiale e sacerdotale, la cui eco è profondamente impressa nel mio cuore.
        La visita è stata ben preparata e si è svolta seguendo un itinerario liturgicocatechetico, che ha ben evidenziato il volto della Chiesa, mistero-comunionemissione secondo la visione del Concilio Ecumenico Vaticano II.
        La partecipazione, pur non larga di numero, atteso anche il periodo di particolare lavoro agricolo, è stata convinta e raccolta.
        L'ora eucaristica, la Liturgia dell'unzione degli infermi, la celebrazione della S. Cresima, la Liturgia domenicale di conclusione, sono stati incontri ricchi di grazia e di pietà interiore.
        La celebrazione della Liturgia penitenziale e l'incontro mariano con le coppie si sono segnalati come doni messianici alla Comunità intera, chiamata a rinnovarsi nel Sacramento della Riconciliazione e a testimoniare la vocazione e missione della famiglia cristiana.

        La generosità delle offerte per la carità del Papa, arricchite dal digiuno, e la sensibilità della popolazione verso le cause umanitarie sono il segno della coscienza ecclesiale e civile di cotesta Comunità.
        Di tutto questo sia data lode a Dio, Datore di ogni dono perfetto, e al Pastore di Vallata, infaticabile nel Suo zelo pastorale e attentissimo alla vita della Chiesa e della società nello spirito del Concilio.
        Mi permetto nella mia responsabilità di Pastore diocesano esortare alla composizione degli organi collegiali, consiglio pastorale e consiglio degli affari economici, voluti dal Concilio nella struttura istituzionale, e la rivitalizzazione dell'Azione Cattolica, associazione seria e collaudata per la formazione di laici maturi e impegnati.
        Il consiglio pastorale sarà il luogo privilegiato della programmazione e valutazione delle varie esigenze spirituali della Comunità e una scuola di correesponsabilità. Con tanti auguri Vi abbraccio con cuore fraterno

Mons. Mario Milano

Vallata, 4 luglio 1994

        Cristo regni!

        Eccellenza Reverendissima,
        molto gradita, anche per la tempestività, mi giunge, la Sua dal 27 giugno u.s., di cui io personalmente e la comunità Le siamo grati.
        Con la presente mi permetto significarLe alcune mie impressioni sullo straordinario momento di grazia, vissuto insieme, in occasione di questa Visita pastorale nella Chiesa, che è in Vallata. Grazie pure per le "benevoli" espresioni di compiacimento: ringraziamo il Signore, che si serve di noi per la diffusione del Suo Regno "qui ed ora" nel mondo.
        Unitamente a questo comune sentimento di gratitudine, da parte mia, come responsabile diretto di questa Comunità, non può mancare una puntualizzazione della situazione, dopo averla fatta ieri con i partecipanti alla Messa domenicale.
        Con questi, in piena serenità, ma anche con molto spirito critico abbiamo fatto il punto sulla "comune" responsabilità del come si vive la fede in Parrocchia, anche alla luce dei risultati della Visita, partendo dalle risposte date nel questionario inviato nelle Parrocchie.
        Le puntualizzazioni fatte nel questionario, per la Visita Pastorale esposto in chiesa da oltre un mese, erano già note a molte persone, che mi avevano confidato: "E' lo specchio, sincero e critico, della esperienza di trent'anni di vita parrocchiale", venuto fuori anche da consultazioni previe coi pochissimi collaboratori pastorali.
        Insieme abbiamo ieri convenuto e confermato quanto espresso a pag.14 del questionario, circa i "cosiddétti cristiani" e la cristianità di facciata:
        - la massa VIVE SENZA EUCARISTIA;
        - una sparuta minoranza FA EUCARISTIA SENZA COMUNIONE;
        - un "resto" soltanto VIVE L'EUCARESTIA SFOCIANTE IN SOLIDARIETA' E CARITA', PER ANNUNCIARE AL "MONDO" LA EUCARISTIA DELLA VITA

        L'adesione allo "itinerario liturgico-catechetico", pur preparato in tutti i particolari e "pubblicizzato" al massimo con quel mio libretto fatto giungere in tutte le case, anche sulla base della trentennale esperienza, è stata minima.
        Ciò conferma quanto pre-detto alle pagg 24-25, sulla "mancanza di partecipazione convinta e di collaborazione, soprattutto da parte degli uomini, anche quelli praticanti, alla vita della Parrocchia...".
        E' questa la "spina paolina" sia per me personalmente, che per il "resto".
        Se non fossi pienamente convinto che la CHIESA DI DIO è fondata sulla debolezza e sulla povertà della croce, sia per Cristo che per il resto del Nuovo Popolo di Dio, all'indomani della conclusione della Visita, mi sarei dovuto ritirare a "vita privata", in qualche tranquillo eremo; ma siccome il Signore continua a sedurmi, come ha fatto col profeta Geremia, eccomi ancora qui, a soffrire, gridare, protestare... per qualcosa che "brucia dentro senza riuscire a contenerlo", proprio come ha fatto il profeta.
        Strana la sorte dei seguaci di Cristo!... che cercano di mettersi sulla stessa lunghezza d'onda dei veri profeti, ma, soprattutto, del PROFETA DEI PROFETI! Del resto, è la stranezza, la pazzia della Croce, forse anche da noi ministri data per... scontata e non vissuta sulla propria pelle.
        Pienamente convinto della validità degli organi collegiali voluti dal Concilio, nel prossimo Convegno diocesano, potrebbe essere utile un fraterno confronto fra pastori e laici, circa il modo per renderli efficienti nella nostra attuale situazione, alla luce dei risultati di questo primo ciclo di Visite. In A.C. si è sempre suggerito il criterio di VEDERE, GIUDICARE, AGIRE.
        In unione di preghiera

        p.s. Copia fotostatica della presente è stata inviata pure al Convisitatore.

L'Arciprete
(Sac. Gerardo DE PAOLA)
PARROCCHIA S. BARTOLOMEO Ap.
VALLATA (AV)


Vallata, 4 luglio 1994

        Cristo regni!

        Carissimo...
        intendo con la presente riprendere il discorso sul "confidenziale" dialogo iniziato a Calabritto, nel nostro ultimo incontro.
        In quell'occasione ti precisai immediatamente che "mi stupiva il tuo stupore", nel sentire da me alcune valutazioni, circa la "cristianità" della mia Parrocchia, non certo migliore delle altre, come si è pure confermata nella recente Visita pastorale.
        "Cattedraticamente" asserivi di aver avuto "piacere a sentirmi parlare in quel modo, per la prima volta", quando ti ho rimbeccato di aver sempre, in ogni circostanza, pubblicamente e privatamente, parlato in quei termini circa la situazione parrocchiale, pur facendo riferimento ad iniziative concrete di esperienza pastorale, ti sei rifugiato nel dire: "io sono abituato a dire la verità; dico ciò che penso e anche altri la pensano come me, nei tuoi confronti... "
        Ricorderai che ho immediatamente rintuzzato questo tuo "nasconderti dietro il dito della veridicità, sostenuta anche dalle... illazioni altrui", ricordando di aver finanche messo per "iscritto" certe mie affermazioni, al punto da sentirmi accusato dal Vicario di "aver maltrattato la mia comunità" in quel mio "libello", per cui sei sprofondato in una "baggianata ", che non sto qui a ricordare, quasi per un gusto sadico.
        Non avendo potuto, a motivo della celebrazione, continuare il discorso, ho ritenuto opportuno inviare anche a te una copia della "puntualizzazione" fatta all'Arcivescovo, in seguito ad una sua Lettera, di cui accludo pure fotocopia, sul risultato della Visita pastorale, in quanto può essere utile per ulteriori confronti sulla nostra situazione ecclesiale.
        Frattanto però, fraternamente, non posso non ivitarti, almeno a titolo di anzianità, a spogliarti un poco della tua "sicumèra ": Sono certo della tua veridicità, anche se me ne hai parlato per la prima volta, e te ne dò atto, pregandoti pure di riprendere il discorso anche con quelli che si limitano a "susurrare alle spalle", senza avere il coraggio umano e sacerdotale di parlarne con l'interessato, che non è il mostro di...
        Sinceramente questo è... vergognoso! e mi fa paura...
        Ti sei però mai chiesto se, a questa tua veridicità, corrisponda lo sforzo d'interpretazione "obiettiva" dei fatti, senza pregiudizi, per non "affibbiare" ad altri il "contrario" di quel che affermano? Il Vangelo di ieri è illuminante.
        Scusami ancora una messa a punto: come non hai letto "con attenzione" la mia pubblicazione (ti ricordi che tu stesso l'hai scritto?), così non hai letto l'appendice, dove avresti potuto trovare, tra le chiavi suggerite per la lettura, anche la mia lotta ad oltranza, contro i ...molok odierni, del nostro cristianesimo di... facciata, con un fariseismo così diffuso tra la nostra gente, con cui noi ministri ci adagiamo a convivere.... affetti come siamo anche noi da "sclerocardia", ci ha ricordato ieri Ezechiele "... figli testardi e dal cuore indurito... una genia di ribelli... ", facendo eco all'appello infuocato di Amos, venerdì scorso: "... andranno errando da un mare all'altro e vagheranno da settentrione a oriente per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno ". Il tormento peggiore per noi, ministri della Parola, dovrebbe essere sempre il silenzio di Dio.
        Cerchiamo pertanto di non giocare a rimpiattino! S. Agostino ci previene: "Timeo Deum transeuntem!" .
        Se poi i miei ostinati discorsi di "radicalità evangelica", in ogni circostanza, sono interpretati da te e da altri come "protagonismo personale", o come "mitizzazione" della comunità in cui opero, che abbia sapore di... look, allora il dialogo resta "pre-cluso", già prima di avviarlo.
        Il Signore ci aiuti a premunirci contro questo pericolo-che corriamo tutti-, con un profondo spirito di discernimento, sull'esempio di Maria che, anche quando non capiva, "conservava tutto nel suo cuore", in attesa di chiarimento dall'Alto.
        Ti abbraccio in comunione fraterna, sempre da re-inventare tuo aff/mo

Gerardo

        P.s. Copia della presente la invio pure all'Arcivescovo e al Convisitatore

        Evasiva risposta di Don..., condita con un po' di paternalismo e moralismo!


12/7/94

        Carissimo Don Gerardo,
        ti prego di non esagerare e di non fare processi alle intenzioni. Io ho avuto sempre stima di te ed ho sempre apprezzato il tuo operato. Quindi le tue illazioni "cattedratiche" sono un po' inaspettatamente prevenute.
        Certo, se facessimo meno pubblicità e lavorassimo di più nell'invocato "silenzio di Dio", avremmo più merito presso il Padre celeste ed il nostro lavoro, forse, porterebbe più frutti.
        Come sempre con un abbraccio

Lettera firmata

        Ho cercato di inserire questo mio discorso sulla "Visita Pastorale", avvenimento ecclesiale di attualtà in Italia, anche nel coro delle voci recepite e amplificate dal settimanale di informazione per operatori pastorali "settimana" con la seguente lettera di accompagnamento del dépliant.


Vallata 27/7/94

        Cristo regni!
        Cara Settimana,
        questa mia testimonianza sulla Visita Pastorale, in corso di svolgimento ovunque, vuole essere una delle voci, sul dialogo "pastorale" dei Presbiteri con l'Ordine dei Vescovi, come afferma la P.O. al n. 7: "... uniti al loro Vescovo in sincera carità ed obbedienza", "come corde alla cetra", suggeriva imaginificamente S. Ignazio di Antiochia.
        Questo dialogo non può non incentrarsi che sulla vita della Chiesa locale, ri-scopertasi, alla luce del Vaticano II, come Chiesa eucaristica, che dall'Eucaristia assume 'forma, criterio e stile di vita" (CEI Eucaristia, comunione, comunità n. 61), per storicizzare il mistero di Dio salvatore. E' qui che si compie, alle volte nonostante noi, il MISTERO DI SALVEZZA: l'Incarnazione, mediante la quale la ricchezza infinita di Dio si lega alla relatività dell'esperienza umana, attualizza il dono trascendente della salvezza, "localizzando" PAROLA, EUCARISTIA, CARITA' in evento.
        La "sacramentalità" della Chiesa locale (Cfr LG e DV), diventando "significativa" nella carità, svela tangibilmente al mondo il disegno di Dio, non per quello che essa dice o fa, ma per quello che è.
        Ovviamente, questo ideale ecclesiologico, ripropostoci dal Concilio, nella ferialità del cammino delle nostre Chiese locali, con tutte le immancabili difficoltà e resistenze, deve essere un costante criterio di riferimento, come segno di speranza cui la nostra pastorale deve mirare, contro ogni frammentarietà, isolamento, anonimato, evasione, incomunicabilità, onde ovviare ad una così diffusa insignificanza di azione cristiana.
        Solo alla luce della PAROLA, il cristiano, leggendo nella storia lo "oggi di Dio", e, nutrendosi dell'EUCARISTIA, trasforma la sua quotidianità in Eucaristia della Vita, nella CARITA'.
        Di qui la carica profetica rivelata dalla CEI con l'appello per gli anni '90 "Evangelizzazione e Testimonianza della Carità". Purtroppo, anche le migliori intuizioni profetiche possono cadere nel vuoto, o perdersi... per la strada, come abbiamo dovuto prendere atto in questi ultimi mesi, nonostante la ventata primaverile, venutaci dalle giovani Chiese africane nell'ultimo Sinodo.
        In conseguenza forse del dilagante realivismo morale e del soffocante perbenismo del nostro cristianesimo di facciata, nonché della recente umiliante sconfitta della tanto proclamata unità dei cattolici in politica, nel generale disorientamelo del mondo cattolico e in una prassi pastorale più possibilista di massa, quell'appello profetico per gli anni '90 pare che sia caduto in oblio proprio da parte dei Vescovi che, nell'assemblea generale CEI (Roma, 16-20 maggio u.s.) hanno assunto un pavido atteggiamento di attendismo, ricusando chiaramente di avventurarsi nei poco rassicuranti marosi dei nodi pastorali.
        La loro pavidità ha spinto pure ad un rinvio della progettazione del Convegno ecclesiale del prossimo anno sull'Evangelizzazione della Carità. Il grande assente infatti dalle relazioni e dai lavori di questa "paventosa" assemblea (il Petrarca direbbe: "Popolo ignudo, paventoso e lento"), è stato proprio il piano pastorale sui criteri suggeriti per tutti gli anni '90, limitandosi l'Assile ad un semplice ruolo amministrativo, in attesa di riformulare una strategia a "grande cabotaggio". Almeno si spera e... al più presto!
        Cristo è sempre un "avvenimento" che si colloca nella storia, per raggiungerla tutta, per vivificarla e trasformarla progressivamente, come lievito nella massa. C'è un "oggi" di Dio da scoprire insieme nella Chiesa locale, alla luce della Parola viva e vivificante...
        Il Regno di Dio è già presente "qui ed ora", sempre in tensione verso il "non ancora", attraverso la silenziosa presenza nel mondo dei "piccoli=anawim che continuano a seminare il 'futuro" dell'umanità intera nello "oggi di Dio".
        Un antichissimo proverbio sanscrito, piccolo seme lanciato dal Signore nella comune saggezza popolare, ci ammonisce GUARDA BENE ALL'OGGI, PERCHÉ' NON ESISTE UN TEMPO, CHE NON SIA SEGNATO DA DIO!
        In unione di preghiera

Sac. Gerardo DE PAOLA

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