GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - a) Apertura... faticosa al Regno di Dio.

a) Apertura... faticosa al Regno di Dio.
__________________________________________

Il Mistero del rifiuto, "venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11), ci tocca tutti, chi di più chi di meno, a seconda della disponibilità all'azione di grazia del Signore che, per vie impensate, diverse dalle nostre categorie, raggiunge tutti, cristiani e non, credenti e non, appartenenti a qualsiasi religione sulla terra, perché Egli vuole tutti salvi.
        Quello che, come cristiani, ci deve distinguere da tutti gli altri è la responsabilità, individuale e comunitaria, di sentirci trasmettitori di quel fuoco portato da Cristo sulla terra, attraverso la nostra testimonianza di vita, per coinvolgere l'umanità intera nella dimensione della carità. E' in questa prospettiva che l'umana famiglia può ritrovare la sua unità, in tensione verso Cieli nuovi e Terra nuova.
        Logicamente, nello spirito della libertà dell'uomo, come c'è un mistero di rifiuto, c'è anche un mistero di ravvedimento e di accoglienza "a quanti però l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Gv 1,12.16).
        Tutti, per strade diverse, singolarmente e comunitariamente, possono, qui ed ora, contribuire a preparare e, in una certa misura, ad anticipare quei Cieli e Terra nuovi.
        Il nuovo popolo di Dio deve farsi portatore di questo annuncio di salvezza universale, che prende consistenza e forma in forza di tre elementi fondanti: la promessa anticotestamentaria della salvezza, realizzata nel mistero pasquale di Cristo e, fatto di massima importanza, testimoniata, nel corso dei secoli, dalla Chiesa di Cristo al mondo intero.
        Ogni pagina della Bibbia è attraversata da questa salvezza universale, percepita nel tempo, dopo il peccato dell'uomo, come esperienza di intervento liberatore di Dio, che si rinnova nella sua sostanza e nei suoi elementi essenziali, grazie alla Sua onnipresenza e onnipotenza, a vantaggio delle generazioni successive, massimamente attraverso il memoriale liturgico, che sempre attualizza e anticipa il futuro. Il messaggio è evidenziato dall'uso del pronome plurale nel racconto degli avvenimenti salvifici del passato (Cfr Dt Cap. I; 26,5-10; Es 12,14.24 ss 42; I Cor 11,26).
        Nella prospettiva biblica inoltre creazione e salvezza, nelle sue diverse e successive fasi fino allo stadio finale, si richiamano a vicenda, in quanto il gesto salvatore è il ripetersi del gesto creatore.
        Anzi alcuni teologi, tra i quali il Goguel, ipotizzano addirittura la venuta del secondo Adamo sulla terra, anche se non ci fosse stato il peccato: solo il Salvatore avrebbe potuto fare dell'umanità carnale e terrestre, un'umanità spirituale e celeste, che portasse la sua immagine, dopo aver portato quella del primo Adamo (Cfr I Cor 15,50).
        Se questo compimento non si è potuto verificare a causa del peccato, nemmeno il Creatore si è arreso al rifiuto della creatura, rassegnandosi al fallimento della sua opera, per cui ha sovrapposto al piano della creazione il piano della redenzione.
        L'opera di Cristo viene ad assumere così una duplice dimensione: in negativo, distrugge il peccato e le sue conseguenze; in positivo, fa passare gli eletti giustificati dal piano della carne al piano dello spirito, prima in un continuo rapportarsi a Cristo, trasfigurando la propria vita sulla terra, e poi nel raggiungere la Pasqua eterna in Lui e con Lui.
        La salvezza pertanto è costantemente rapportata ad un gesto di gratuita benevolenza di Dio in Cristo, cui l'uomo deve aprirsi mediante la fede, sotto l'azione dello Spirito nell'umanità e nei singoli individui.
        La parte di Dio e dell'uomo nella salvezza è definita in un conciso detto paolino: "Per grazia, siete salvi nella fede; e questo non viene da voi, ma è dono di Dio" (Ef 2,8).
        La condizione per aver parte alla salvezza, in base a un dato biblico costante, è la fede che è dono di Dio all'uomo (Cfr At 3,16; Ef Cap. 1) e dono dell'uomo, come dono di sé, a Dio: obbedienza a Dio (Cfr Rom 1,5; At 5,32), in cui si esprime il riconoscimento dell'incapacità della creatura di autosalvarsi .
        S. Paolo puntualizza: "Per la grazia siete salvi nella fede; e questo non viene dalle opere, perché nessuno possa gloriarsene. Siamo opera di Lui, creati in Cristo Gesù, per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo" (Ef 2,8.10; Cfr Rom 7,5-6).
        La sintesi paolina mentre esclude il valore e l'utilità delle nostre opere ai fini del passaggio dalla morte alla vita, afferma nello stesso tempo la necessità delle opere per la salvezza definitiva, la quale resta gratuita, perché le opere di bene che facciamo sono nostre, in quanto espressione dell'attività delle nostre facoltà umane, ma sono principalmente frutto dello Spirito, perché compiute con le nostre facoltà trasformate, rinnovate e messe in azione dallo Spirito, che vive e agisce in noi (Cfr Gal 4,5-7; Rom 8,2-4. 14-7).
        Dio, dunque, prende l'iniziativa della salvezza non per mortificare, ma per suscitare la nostra iniziativa, per cui l'annucio della salvezza si può riassumere nel binomio evento-impegno: il dono è anche un appello e la Parola di Dio attende la risposta dell'uomo.
        Tutta la Bibbia sottolinea la continuità del disegno di Dio, dall'inizio alla fine, e mostra l'esistenza di un intimo rapporto tra creazione e salvezza, salvezza passata, presente e futura tra i diversi eventi salvifici.
        Questi sono espressione di un'unica azione salvifica da parte di Dio, nel dare compimento al suo disegno di amore: atti diversi di un unico dramma diretto da Dio (Cfr I Cor 10,6; Gal 3,24; Rom 8,23; Ef 1,14).
        Le diverse concezioni della salvezza trovano come elemento unificante la vita e la morte, a cui costantemente si rapportano; e la salvezza acquista aspetti diversi e molteplici con l'evolversi del modo di intendere la vita e la morte.
        A seconda che l'attenzione è rivolta a questo o quello aspetto, possiamo, alla luce del messaggio biblico, sintetizzare che la salvezza è:
        - temporale e spirituale;
        - individuale e collettiva;
        - umana e cosmica;
        - storica ed escatologica;
        - di elezione per il popolo di Dio, ma rivolta a tutta l'umanità.

        In una parola, la salvezza è totale, una totalità che abbraccia tutti gli uomini e tutto l'uomo, tutto l'universo.
        L'universalismo della salvezza prende consistenza, nel corso dei secoli, man mano che si fa più intensa l'attenzione all'individuo e si dà più rilievo al carattere spirituale del Regno di Dio, cui i popoli sono sollecitati dalla Chiesa di Cristo: dove c'è un credente, là c'è la presenza e l'azione dello Spirito, là si compie e diventa operante la salvezza, che deve raggiungere l'intera umanità a formare un'unica, grande famiglia, la famiglia del popolo di Dio.
        Questa salvezza, mentre si individualizza e si universalizza, si fa sempre più radicale: raggiunge l'uomo nella profondità e nella totalità del suo essere.
        La fine dei tempi poi, nel piano di Dio, raggiungerà l'inizio dei tempi, attraverso la creazione di cieli nuovi e di una terra nuova, dove abiterà la giustizia (Cfr Rom 8,18-22; II Pt 3,13).
        Il Vaticano II, come ha pure ricordato in tantissimi articoli il Catechismo della Chiesa Cattolica, continua a stimolarci nella riscoperta di un piano meraviglioso di Dio che, nel Cristo e per mezzo dello Spirito, offre all'umanità un affascinante dono di salvezza che, accolto mediante una fede attiva, è capace di liberare progressivamente l'uomo dai mali che l'opprimono, oggi in un modo particolarmente impressionante, e si riassumono nel peccato con le sue conseguenze, che lo precipita verso la morte, e di metterlo a parte della vita piena e perenne, verso cui aspira.
        Proprio alla vigilia del Concilio un teologo, (A. Richardson, Salvation, in "The Interpreter's Dictionary of the Bible", IV, Abingdon Press, New York 1962, 173) sintetizzava così questi concetti: "Non c'è divorzio o contraddizione tra il piano storico e il piano escatologico, perché il primo, che diventa attivo nel presente e non è puro fatto del passato, è il generatore e il tipo del secondo; la salvezza escatologica, poi, che, già fin d'ora, è attiva nel presente, è la realizzazione finale, oltre la storia, di ciò che la redenzione storica prefigurò e promise.
        Passato, presente e futuro non costituiscono tre liberazioni, ma una liberazione unica". Mirabile sintesi, che non può non essere frutto dello Spirito!
        Di fronte a queste meraviglie, le vicissitudini storiche dell'antico e nuovo popolo di Dio insegnano che alla fedeltà di Dio al suo piano, non sempre corrisponde la fedeltà del popolo, che spesso si rende indegno della benevolenza di Dio e incapace di beneficiare dei suoi doni.
        Di qui una costante tensione, che trova però la sua soluzione nell'annuncio e nel graduale compiersi della salvezza di un "resto" del popolo, attraverso il fuoco della purificazione. Sarà un resto formato di poveri (gli anawim della Bibbia), ma rinnovato, attraverso le prove, nello spirito e fedele all'alleanza, e, perciò, chiamato ad una prospettiva sicura di salvezza.
        Anzi, Dio si servirà di questo "resto", per operare la salvezza di tutti i popoli che, finalmente, si ritroveranno planetariamente uniti nel vincolo della carità, anche se per strade diverse.
        Un teologo degli anni '50
, certamente sotto l'azione dello Spirito, che agisce sempre attraverso i "piccoli", re-interpretava così il senso della carità povera, evangelica, presagendo quasi i fremiti di fermento del vicino Concilio: "Nell'eternità la mia partecipazione alla gloria non farà che tradurre in luce la mia terrena partecipazione alla carità.
        La mia vita è nascosta in Dio
, ma è realmente cominciata e ciò che la farà apparire non sarà una creazione, -giacché io sono già creatura nuova- ma la caduta di un velo (Cfr Col 3,3; I Gv 3,2). Nell'attesa, nel frattempo, essa (la vita) cresce senza posa nella preghiera, nella sofferenza, nell'esercizio della carità fraterna.
        Ogni amore autentico, ogni legame sociale, permeato di carità sopravvive alla Parusia. La Gerusalemme celeste non sarà nient'altro che la Comunione dei Santi divenuta cosciente.
        La città della beatitudine non si sostituirà alla città pervasa di fraternità, che la carità va invisibilmente abbozzando, ma la condurrà alla perfezione e la rivestirà di luce" (G. Didier, Eschatologie et engagement chrétien, in NRTh 751953).

        Consolanti ed esaltanti realtà espresse in una ouverture, che fa pregustare già lo sviluppo concreto dell'opera negli anni del Concilio e del dopo Concilio. sotto l'azione dello Spirito, che anima e guida la storia verso gli ultimi tempi.
        Del resto, a dispetto della crisi attuale, così vasta e profonda, che attraversa. in lungo e in largo, il pianeta terra, i tentativi che emergono a livello mondiale verso una società più umana e più giusta, che assicuri a tutti un livello di vita dignitosa, si possono collocare nella linea di questa salvezza planetaria e cosmica dei cieli nuovi.
        L'episcopato italiano, traducendo il messaggio conciliare di comunione nel piano pastorale per gli anni '80, al n° 56 di Comunione e Comunità. puntualizzava: "... dobbiamo cercare la comunione con tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia.
        Nonostante la corruzione troppo spesso snervi la vita sociale, e l'indolenza dell'egoismo la impoverisca di tante energie, invitiamo i fedeli e le comunità cristiane a non rinchiudersi nel pessimismo o nell'orgoglioso isolamento, ma a scoprire i segni diffusi dello Spirito di Dio, che anima il cammino verso un futuro migliore per l'uomo". Citando poi il n° 38 della Gaudium et Spes, la CEI ricordava che siamo "da Dio resi certi che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani"
.
        Questa fraternità universale, animata dalla giustizia pare possa intendersi come una rivelazione luminosa di quella società che, sotto l'azione dinamica dello Spirito del Cristo risorto, gli uomini oggi vanno creando, giorno dopo giorno, anche se lentamente e con fatica.
        Nella grande famiglia umana la comunità cristiana, come suggerisce S. Paolo nella lettera ai Filippesi, deve inserirsi come una colonia di cittadini del cielo, trapiantata provvisoriamente sulla terra, che vive la sua peregrinante fase terrena nella stessa dimensione degli abitanti della città celeste, sul modello dei Filippesi che, come colonia dei cittadini di Roma, vivevano secondo le leggi vigenti a Roma (Cfr Fil 3,20-21).
        Le prime comunità cristiane, come tante colonie della Gerusalemme celeste, rivivevano la loro esperienza di cielo nell'assiduità della preghiera, dell'ascolto della Parola e dell'Eucaristia, traducendo questa loro liturgia celeste nella liturgia quotidiana della carità fraterna, che sola poteva far sentire ai pagani quella nostalgia di cielo, da cui erano attratti, affermando con stupore "come si vogliono bene!".
        Per aiutare la nostra generazione a riscoprire la radicalità di questi valori evangelici, il Signore ci ha fatto dono del Vaticano II, interpretato successivamente nell'essenzialità del suo messaggio dai vari interventi della CEI, per la situazione italiana, e dal Catechismo della Chiesa Cattolica, per la Chiesa nel mondo.
        E' tutto un cammino profetico, che ci viene in questo scorcio di secolo, che ci apre al Duemila. In continuità della storia conciliare il Vaticano II, caratterizzatosi per la sua dimensione pastorale, prendendoci quasi tangibilmente per mano, ci ha iniziati ad una sorprendente riscoperta del valore comunionale della Parola, intorno alla quale costruirci Chiesa del Duemila, con la missione di tradurre quella Parola, per i pagani di oggi, nella Carità.
        I tre documenti, "Evangeizzazione e Sacramenti, Comunione e Comunità, Evangelizzazione e Testimonianza della Carità", ispirandosi al Concilio, ci sollecitano a concretizzare l'ecclesiologia di comunione del Vaticano II nella carità, cuore del Vangelo e Via maestra dell'Evangelizzazione, come sintetizzava a conclusione dell'importante assise il Papa Paolo VI "questo Concilio, compreso nel suo significato religioso non ho inteso altro che essere un pressante e amichevole invito alla umanità di oggi a ritrovare mediante la via dell'amore, quel Dio dal Quale allontanarsi è cadere, al Quale rivolgersi è risorgere, nel Quale rimanere è stare saldi, al Quale ritornare è rinascere, nel Quale abitare è vivere" (Omelia nella IX Sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 7 dicembre 1965).
        Il Cardinale Poletti, Presidente della CEI, a 25 anni dal Concilio, 1'8 dicembre 1990, nella presentazione degli orientamenti pastorali CEI per gli anni '90, affermava: "La carità è via privilegiata per la nuova evangelizzazione perché, mentre conduce ad amare l'uomo, apre all'incontro con Dio, principio e ragione ultima di ogni amore. E' per sottilineare questo profondo legame tra evangelizzazione e carità che abbiamo scelto, quasi come filo conduttore del testo, l'espressione Vangelo di carità.
        Esso indica come una delle mete prioritarie dell'intero decennio sia proprio quella di mettere in più chiara luce, nella coscienza e nella vita dei credenti, l'intimo nesso che unisce verità cristiana e pratica della carità, secondo il detto paolino fare la verità nella carità" (Ef 4,15)
.
        Di qui la carica profetica di questo prezioso documento, del quale, per amore di brevità, si dà soltanto qualche flash.
        "Grandi sfide e nuovi scenari si preannunciano per i prossimi anni, sia a livello europeo che su scala mondiale... (n° 3).
        Non ci sfuggono il desiderio e la ricerca di rapporti autentici e fraterni, il nuovo rilievo che vanno assumendo la vocazione e la presenza della donna nella società, gli atteggiamenti di rispetto e di accoglienza dell'altro, le testimonianze di effettiva solidarietà, nell'immediato delle relazioni personali, ma anche con un respiro universale. Ci rallegra il dinamismo di servizio e di condivisione che esprimono tante comunità cristiane, nel farsi carico delle situazioni più difficili e umanamente disperate, come nell'aiutare persone e famiglie ad affrontare i problemi quotidiani della vita... (n° 5).
        Il Vangelo della carità ha saputo scrivere in ogni epoca pagine luminose di santità e di civiltà... (n° 11).
        La carità cristiana ha in se stessa una grande forza evangelizzatrice. Nella misura in cui sa farsi segno e trasparenza dell'amore di Dio, apre mente e cuore all'annuncio della parola di verità... Configurata alla croce, la Chiesa è il grande sacramento della carità di Dio nella storia degli uomini (n° 24).
        Il Vangelo della carità deve dare profondità e senso cristiano al doveroso servizio ai poveri delle nostre chiese, risvegliando la consapevolezza che questo servizio è verifica della fedeltà della Chiesa a Cristo, onde essere veramente la Chiesa dei poveri, che nella sua opera evangelizzatrice, fa proprio lo stile di umiltà e abnegazione del Signore, e riconosce nei poveri e nei sofferenti la sua immagine... (n° 47).
        Nel contesto di mondialità che va decisamente affermandosi, emergono delle precise responsabilità che la comunità ecclesiale non può disattendere o ritenere secondarie... (n° 49).
        All'inizio dello scorso decennio chiedevamo alle nostre comunità di assumere maggiormente nella pedagogia della fede, l'impegno formativo dei laici a esse
        re soggetti attivi e responsahili di una storia da fare alla luce del Vangelo... (n° 50).
        Vi invitiamo a mettere sempre al primo posto, nell'opera di evangelizzazione e di testimonianza della carità, l'incontro con Dio e il dono dell'esperienza di Dio. Sia questa la sorgente della nostra forte speranza e fiducia in cammino verso il terzo millennio dell'era cristiana..." (n° 53)
.
        Solo a queste condizioni, in risposta alle reali attese dell'umanità, si può evitare il rischio di ridurre il cristianesimo a "rifugio psicologico", oppure a remota "fonte di eticità" o "politicità"...
        I Vescovi ci hanno additato la strada, oggi percorribile, per trasmettere al mondo intero la Buona Novella della Salvezza: l'umanità sofferente, non certo per fatalità ma per logica di "profitto", può essere raggiunta nell'attuale situazione soltanto dal Vangelo della carità, nella prospettiva della croce.
        Oggi soprattutto la stanca sopravvivenza del cristianesimo, rivelando un vuoto meno spinto del laicismo tanto conclamato quanche anno fa, sembra tornare ad essere un punto di riferimento per l'umanità disorientata: i viaggi del Papa nel mondo lo rivelano.
        Potrebbe però ridursi ad una meteora, che già domani ci lascerebbe nella tenebra più fitta, se venisse a mancare nelle comunità locali, sparse nel mondo, un autentico discorso di fede.
        Teoricamente sembrerebbe inverosimile che la fede nel Dio crocifisso possa in pratica "edulcorarsi" fino a mondanizzarsi in quel "perbenismo"
, che suscitava l'ira di Léon Bloy contro i "borghesi" del suo tempo e di tutti i tempi, riducendo il cristianesimo a strumento per conseguire un fine etico o politico. La storia della Chiesa, purtroppo, è piena di questi... scacchi!
        Sergej Averintsev, considerato il maggiore filosofo russo vivente, partecipando ad un recente convegno napoletano, che ha visto impegnati numerosi intellettuali europei nel riflettere insieme su come la religione debba oggi porsi di fronte ai problemi della civiltà del nostro tempo, ha avuto delle affermazioni sprizzanti profetismo, nel parlare della libertà della fede cristiana.
        "Il cristianesimo - ha puntualizzato- compie il suo cammino-pellegrinaggio da un'epoca all'altra, da una civiltà all'altra, evitando di tendere a un'eccessiva autoidentificazione con una determinata cultura, deve oggi avere la libertà di integrare Confucio e Lao-Tse allo stesso modo in cui il cristianesimo mediterraneo ha integrato Platone e Aristotele" (Dal Corriere della Sera 4/1/94).
        Anche i Vescovi ci avevano ricordato da qualche anno (ma i cristiani dimenticano facilmente!) che, soltanto nella sua configurazione alla croce, la Chiesa può essere ancora oggi "il grande sacramento della carità di Dio nella storia degli uomini". Questo sia all'interno delle comunità che all'esterno.
        1 membri stessi della comunità anzitutto debbono aiutarsi a vedere nella croce non solo la sublimazione dell'amore di Dio verso l'uomo, ma anche il segno supremo della propria risposta di amore a Dio, unendo il sacrificio della propria vita a quello di Cristo per la salvezza universale.
        La croce diventa così il punto d'incontro dei due protagonisti della salvezza: Dio nel dare amore e l'uomo nell'aprirsi a tale amore. Dio, sempre fedele al suo amore e l'uomo che, nonostante le continue infedeltà, si sente sollecitato in tanti e imperscrutabili modi, ad inserirsi in questo disegno universale di salvezza, liberandosi da ogni schiavitù.
        Il dramma del rifiuto dell'amore è il dramma di tutti coloro che, pur rincorrendo la verità, non sono poi capaci di cambiare vita. Il crocefisso diventa così, paradossalmente, il versante in cui tutta l'umanità, attraverso i labirintici percorsi umano-religiosi, s'incontra... o si divide... si salva... o si condanna.
        S. Giovanni della Croce ci ammonisce che questa è la strada da percorrere, la croce, la morte, che certo non è comoda. Morire ogni giorno è una cosa tremenda, è un calvario. Gesù stesso non può non aver compassione di questa umanità che muore, tra le nebbie di una fede limitata e la tristezza di una speranza, quanto mai limitata e impegnativa.
        Questo amore crocefisso ci innalza, ci stimola, ci interpella, non ci dà tregua... ma senza rendere la nostra vita tesa, ansiosa, scontenta, nevrotica... pur nel continuo confronto tra ciò che siamo e... ciò che dovremmo essere.
        Cambiamento, conversione, rinnovamento, trasfigurazione, risurrezione hanno possibilità e senso solo nell' aprirci all'iniziativa divina, che non si stanca mai di stimolarci per vie impensate, a "vivere" in Cristo. La fede quindi è il punto chiave di tutto "per questa grazia infatti siete salvi, mediante la fede" (Ef 2,8).
        Dobbiamo saper issare la vela della fede per catturare e sfruttare la potenza di Dio, permettendo al vento dello Spirito di far avanzare la nave della nostra vita. E' questa la nostra apertura all'azione di Dio in noi e nella storia. lasciando spazio alla sua Parola, e consentendo a Gesù crocefisso di innalzarsi nel nostro cuore e nella nostra vita, come punto di riferimento significativo e deciso, per dar senso a tutta la nostra vita e farvi le scelte conseguenziali.
        Ciò non è facile perché ci difendiamo, nel fondo del cuore, proprio da questo Dio, che ci sembra così invadente, per cui troviamo mille pretesti per non credere, per non arrenderci al Suo amore, lasciandoci allettare piuttosto dai tanti messaggi del mondo che, impercettibilmente, ci trascinano a porre al posto di Dio, il nostro "io".
        L'appello rivolto dall'episcopato italiano alle comunità cristiane di "farsi carico delle situazioni più difficili e umanamente disperate, come nell'aiutare persone e famiglie ad affrontare i problemi quotidiani della vita" ha sollecitato Zino, e con lui la comunità ad aprire gli occhi a queste nuove povertà, veramente drammatiche, rivelatesi poi così diffuse, cui nessuno pensava.
        E' stato per lui una "sferzata" perché, pur preoccupandosi insieme alla comunità di problemi pastorali e di... lontani, non ci si era accorti dei... vicini. Per tutti è stato un "lampo" provvidenziale di luce, che ha aperto a nuovi, urgenti e coinvolgenti orizzonti. La maturazione missionaria acquisita in tanti anni dalla comunità, diveniva la base per nuove, stimolanti conquiste.
        Personalmente Zino aveva cercato, attingendo pure alle libere offerte delle Messe, di alleviare situazioni di disagio, ma rimaneva un fatto personale ed episodico, anche perché la ricostruzione della chiesa assorbiva al massimo.
        Da tempo aveva pure pensato di eliminare l'applicazione "privatistica" della Messa, onde utilizzare l'offerta di questa, non più in modo personale, ma come espressione comunitaria, per i poveri, a cominciare dai più vicini, come del resto nelle prime comunità cristiane, ma motivi di prudenza pastorale non glielo avevano ancora permesso.
        Senza lasciarsi scoraggiare da diffidenze o irrisioni, vicine e lontane, dopo non pochi tentativi proposti per un decennio all'intera comunità diocesana, approdati soltanto a "si... ma... poi si vedrà...", in occasione della morte del cooperatore parrocchiale prende la sua decisione al "singolare!".
        La documentazione qui riportata rievoca la "singolarità" di questo cammino, sia per il pastore che per la comunità.

        UNA TESTMONIANZA DI SIMBIOSI, al margine tra FEDELTA' AL PASSATO E APERTURA AL FUTURO
        Prima della Concelebrazione, segno di comunione intorno alla Parola ed all'Eucaristia, tra fedeli, presbiteri e pastore, nell'unità della Chiesa locale mi permetto proporre una riflessione e una testimonianza a tutta l'assemblea, ringraziandola vivamente per la sua significativa presenza in questa chiesa, dove il carissimo D. Francesco è ancora presente in mezzo a noi in questa Eucaristia, nella luce della Risurrezione, in clima pasquale, già creato dal suono festoso delle campane e ricordato dalla presenza del cereo davanti all'altare, proprio come a Pasqua.

        1) La RIFLESSIONE mi è suggerita dalla liturgia domenicale di ieri che, con fermezza sconvolgente, ci ha sollecitati a spogliarci, come avrebbero dovuto fare gli Apostoli, da qualsiasi monopolio nella diffusione del Regno di Dio sulla terra. Il termine di confronto non può essere il "NOI" dei discepoli, ma lo "IO" di Gesù, l'unico maestro, cui la Chiesa tutta deve tendere, nella sua testimonianza di "cattolicità" che, per essere autentica, deve avere una duplice connotazione di fedeltà e di apertura.
        La cattolicità è si "FEDELTÀ",ma una fedeltà , che garantisce, la "APERTURA" alla infinità del mistero di Dio in Cristo, e, conseguentemente, l'accoglimento di ogni stile, di ogni accento, suscitato dovunque, anche all'infuori dei quadri istituzionali, dallo Spirito di Dio, che solo può assicurare la parola del "mistero cattolico" che abbraccia tutto, componendolo nel tutto ordinato attorno alla "Pietra angolare".
        Anche Mosè ci ricordava ieri "Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!" (Nm 11,29).

        2) La TESTIMONIANZA poi, che mi permetto di confidare, è che questa riflessione biblico-teologica, nella comunità vallatele, per oltre mezzo secolo, l'abbiamo sperimentata e condivisa con il simpaticissimo D. Francesco, cui debbo in buona parte il mio sacerdozio, prima come seminarista, da lui incoraggiato e sostenuto ad entrare in Seminario, poi come giovane sacerdote, ed infine come "corresponsabili" della chiesa che è in Vallata.
        Egli, con la sua vita semplice, umile, dignitosa, è stato per me l'immagine vivente della fedeltà alla Chiesa, nella dimensione tradizionale di religiosità popolare, come io sono stato per lui, me lo ha confidato tante volte, uno stimolo nell'apertura alla "primavera della Chiesa", scopertasi "peregrinante e sempre da convertirsi", sotto il soffio gagliardo dello Spirito del Vaticano II.
        Certo, non sempre è stata facile la reciproca integrazione, che, dopo immancabili momenti di frizione, sfociava nella simbiosi, a tutto vantaggio della comunità locale.
        Il lungo cammino fatto insieme si è concluso con il passaggio finale della "concelebrazione liturgica" alla Messa nella vita, sull'altare delle sue lunghe sofferenze che, insieme a familiari, parenti ed amici, anche la famiglia parrocchiale almeno nella parte più sensibile, ha cercato di condividere.
        Anch'egli, come Gesù, ha avuto il suo Getsemani, in cui ha gridato "Padre. allontana da me questo calice... ", il suo momento di solitudine in cui ha protestato "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", cui è seguito il momento dell'abbandono "Nelle Tue mani, Signore, affido l'anima mia".
        Per arrivare a questo ha attinto spontaneamente e incessantemente, notte e giorno al vasto formulario di preghiere, da lui ripetute tante volte al capezzale dei moribondi. Soltanto nelle ultime ore ha avuto bisogno di sollecitazione alla preghiera da parte mia, perché, in quei momenti estremi, abbracciasse, nel suo palpito di amore crocifiggente, non solo la comunità locale, ma tutta la Chiesa e l'umanità intera.
        In questo totale abbandono alla volontà del Signore è tornato alla Casa del Padre, dove ci aspetta, in attesa della Risurrezione finale.
        Sono certo che le due "anime gemelle" continueranno ad essere unite, anche se in condizioni diverse, per ora, nella fede in CRISTO RISORTO e nella TESTIMONIANZA DI SIMBIOSI alla Comunità loro affidata da Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote. Egli, dall'altra sponda nella luce del MISTERO PASQUALE, potrà meglio guidare la Parrocchia e tutta la Famiglia del Popolo di Dio
        nel pellegrinaggio verso l'eternità.

        Vallata, 30 settembre 1991, memoria di S. Girolamo.

L'Arciprete
(Sac. Gerardo DE PAOLA)

Ai Rev/mi e carissimi       Parroci viciniori
"       "      Confratelli del Clero Vallatele
e p.c. A S.Em. il Cardinale CARLO MARIA MARTINI
Arcivescovo di MILANO
"          "          "          MICHELE GIORDANO
Arcivescovo di NAPOLI
a S.E. Mons. MARIO MILANO Arcivescovo di S. ANGELO L/di
"     "     "      ANTONIO NUZZI       "       "     di TERAMO-ATRI
"     "     "      ANTONIO FORTE   Vescovo di ARIANO IRPINO
"     "     "      GERARDO PIERRO                 "     "     AVELLINO
ed a tutti i fratelli in X° della Chiesa che è in
VALLATA

        Carissimo,
        per una viva esigenza di comunione in X°, mi permetto comunicarti che, del 1° dicembre p.v., prima domenica di Avvento, in questa Parrocchia verrà eliminata qualsiasi applicazione "individuale" nella celebrazione delle SS. Messe, ad eccezione della Messa esequiale, per educare la gente a rinunziare ad ogni forma di "accaparramento privatistico" ed a recuperare la dimensione comunitaria della Messa.
        Ragioni storiche hanno potuto giustificare nel passato l'introduzione dell'elemosina per la Messa, diventata poi "tariffa diocesana" o "offerta libera", causando la perdita della connotazione comunitaria della celebrazione, ridotta a "fatto privato", di cui appropriarsi mediante "pagamento", a scapito pure dei "poveracci", a secco di beni in vita e di "suffragi" dopo morte, nel ridicolo tentativo di "incapsulare" il Signore in calcoli di computisteria o di giuscibernètica. Eppure la Teologia ha sempre insegnato che i meriti della Messa non sempre vengono applicati per la persona, in suffragio della quale essa è celebrata. Ho l'impressione che tale insegnamento resti "incartapecorito" sui testi scolastici, forse per paura di perdere la... clientela! (mi si perdoni l'espressione).
        Tale diritto di "proprietà", sorto da un regolare pagamento, è tutt'oggi, alle soglie del duemila, "rivendicato" dalla pretesa quasi ossessiva dedicata alla pronuncia dei nomi durante le Messe di suffragio, per una pubblica proclamazione. Tutto questo con la "tacita connivenza" del celebrante, per quieto vivere o per... interesse!
        Personalmente, non essendomi prestato a questo desiderio ossessivo sin dai primi anni del dopo-Concilio, posso assicurare i confratelli di continuare a cogliere i frutti del mettersi "controcorrente ", creando "mentalità", con benèfici risultati con e nella comunità.
        Lo Spirito sta sollecitando in vari modi la Chiesa a recuperare l'esemplarità della Messa delle origini, in cui la comunità cristiana era "un cuor solo ed un'anima sola", sul piano cultuale come su quello esistenziale, suffragando
        così tutti i fedeli defunti e lasciando ai partecipanti la possibilità di chiedere all'assemblea un ricordo di preghiera per intenzioni o suffragi particolari.
        In tale prospettiva, nella Chiesa che è in Vallata, dal prossimo Avvento, verrà eliminata ogni "elemosina" di Messa, anche a titolo di offerta libera, direttamente al Sacerdote. Perché questa decisione non sia interpretata come "disimpegno" (diseducativo anch'esso) dalle esigenze di comunitarietà (interventi caritativi in Parrocchia e fuori, giornate varie, spese di culto...), sono stati sistemati all'entrata della chiesa dei contenitori, dove ognuno liberamente può deporre il suo contributo di partecipazione ai bisogni dei "poveri" vicini e lontani, con l'intenzione di suffragare anche i propri morti, insieme a tutti i "defunti, che ci hanno preceduto nella fede". I fedeli hanno già avuto modo di apprezzare da alcuni mesi che, con lo stesso sistema, è stato eliminato ogni disturbo di questua, durante le Messe festive, a tutto vantaggio di una partecipazione più attenta.
        Chiedo pertanto ai carissimi confratelli viciniori di usarmi la cortesia, nel caso che avessero richieste di applicazioni individuali di SS. Messe da parte dei Vallatesi, da celebrare "in loco ", di orientarli per la "Messa comunitaria", celebrata quotidianamente in Parrocchia, alle ore 7,30, facendone capire il significato e l'importanza.
        Il Signore non mancherà di compensare questa espressione caritativa di collaborazione pastorale, di cui ti sono vivamente e fraternamente grato, in unione di preghiera e di ideali sacerdotali. Con molta cordialità
        Vallata, Festa di S. Francesco D'Assisi 1991

L'Arciprete
(Sac. Gerardo DE PAOLA)

Vallata, memoria di S.Alberto Magno 15/11/1991

        Cara SETTIMANA,
        mi congratulo vivamente per il Vs. discorso "profetico" di apertura al futuro, nella fedeltà al passato, circa la "Messa comunitaria", ancora così difficile a recepirsi nella Chiesa.
        Per un modesto contributo di riflessione, mi permetto farvi pervenire una testimonianza di sofferta simbiosi pastorale con un carissimo confratello, deceduto da poco all'età di 86 anni: è stata offerta ai numerosi confratelli concelebranti ed alla comunità, prima della Messa esequiale, presieduta da S.E. l'Arcivescovo.
        I motivi di frizione, cui accenna la testimonianza (pag. 248), si sono verificati per l'eliminazione del "nero" e del "nome" nelle messe di suffragio, perché "la liturgia lo permette", come pure per la concelebrazione, perché "i fedeli non si rassegnano a rinunziare alla"loro" messa: erano queste le motivazioni cui egli si appellava.
        Soltanto dopo alcuni anni si era convinto anche lui, con ammirevole sacri
        ficio, della "utilità pastorale" delle innovazioni, per una comune riscoperta, scoperta, "con e nella" comunità, dell'originaria dimensione comunitaria della messa.
        Per quanto riguarda invece la "messa comunitaria", non potendo obbligare il confratello ad uniformarsi ad una mia decisione radicale, avevo suggerito alla gente di riservarla ad un solo giorno alla settimana, onde iniziare il discorso educativo alla autentica comunitarietà. Con sommo dispiacere, dovetti riscontrare, anche da parte dei più "formati", una corsa alle prenotazioni, sia con me che con altri sacerdoti, della "messa privata", anche se con offerta libera. Per delicatezza verso il confratello collaboratore, per molti anni mi son portato dentro questo dramma della refrattarietà ad ogni discorso di essenzialità, prima di giungere al "gesto forte", di cui nella lettera aperta.
        Avevo appena proclamato alla comunità la mia "travagliata" decisione, facendone capire l'urgenza, per coinvolgerla nella collaborazione quando, tramite il N° 35 di Settimana, mi giunse il conforto che l'Arcivescovo di Catania aveva già deciso la stessa cosa per la sua diocesi, con inizio ugualmente al primo dicembre. Avendo espresso al Presule le mie vive congratulazioni per una decisione che anch'io, nel mio piccolo, avevo preso in Parrocchia, ho ricevuto cortesemente una copia del Direttorio in cui ho trovato uniformità non solo di pensiero, ma anche di espressioni, come pure nell'articolo del Sirboni sul N° 39 di Settimana. E' proprio lo Spirito che soffia...
        La nostra disponibilità all'azione della grazia può aiutarci a capire che forse è giunto il momento, in cui siano le Chiese locali a dare al mondo provocatorie testimonianze di "povertà", anche in questo campo, per evitare il pericolo, incombente anche nella Chiesa, di giocare a "searicabarile", limitandosi alle facili denunce dei mali della società.
        Ai confratelli sono già in condizione di assicurare che il progetto della "messa comunitaria" per ogni giorno sta riscuotendo benevola accoglienza dalla comunità, almeno nella parte più sensibile, che si prepara, dal prossimo dicembre, a chiedere personalmente ai partecipanti alla messa un ricordo di preghiera, per intenzioni particolari o per suffragi ai propri defunti, particolarmente nel giorno anniversario della morte. Fraterni ossequi, in unione di preghiera

Sac. Gerardo DE PAOLA Parroco di
83059 VALLATA (AV)

        Il lungo e faticoso cammino postconciliare nella e con la comunità, ancora una volta, in questo anno liturgico B, è illuminato dall'Evangelista Marco, il quale già al Cap. I, v. 15 ci ha sintetizzato il messaggio cristiano, in quattro affermazioni di Gesù che ci danno la chiave interpretativa di tutto il Vangelo. Due sono in chiave escatologica: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino"; e due in chiave cristologica "Convertitevi e credete al Vangelo", dove il motivo cristologico è il fondamento di quello escatologico.
        E' cessato ormai il tempo dell'attesa, in quanto ha raggiunto un contenuto pieno in Cristo, che ha dato totalità e pienezza "kairòs" alla storia, per cui il Regno di Dio non è più lontano, ma è già qui, con la sua azione salvifica un'azione del passato, una vicinanza che si è già realizzata, il cui effetto perdura oggi.
        Una realtà, certo, non ancora "venuta" del tutto, ma sempre in divenire. perché si tratta di un passato alle nostre spalle (= Gesù di Nazareth), con un presente ancora attivo (= l'effetto del Cristo è ancora ora presente), nell'attesa della sua piena venuta e attuazione. Questo è il versante dell'azione di Dio. che dà la pienezza del tempo e un contenuto totale alla storia.
        C'è poi il versante della nostra risposta: a Dio risponde l'io dell'uomo. passando da una mente all'altra, cambiando totalmente mentalità "Convertitevi", fidandosi incondizionatamente di Cristo "Credete al Vangelo", costruendo la propria casa sulla roccia dell'Evangelo.
        Per noi cristiani il Vangelo è Cristo, e Cristo crocifisso, che Marco ci fa additare da un pagano, il centurione, che "vistolo spirare in quel modo, disse "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".
        La salvezza del Regno definitivo avviene attraverso la croce, dall'incontro dell'umanità con la misericordiosa gratuità di Dio, che, pur di fronte all'infedeltà dell'uomo, non si pente mai dei suoi doni, fino a quando non ci saranno "Cieli nuovi e Terra nuova".
        Ogni uomo, per le strade più impensate, partendo dalle proprie infedeltà, deve aprirsi al Regno che, non essendo legato a condizioni di cultura, di razza, di religione, si raggiunge attraverso l'interiore disponibilità allo Spirito del Cristo risorto, il quale dà credito a Dio, al suo amore gratuito, per sperare contro ogni speranza.
        Di qui l'urgenza per il cristiano di una testimonianza autentica, comprensibile da tutti, della fede che professa e della speranza che lo sostiene; fede nell'universalità della salvezza e speranza di conseguirla insieme a tutti i popoli della terra, la grande famiglia umana.
        Alle origini della vita, l'uomo e la donna avevano ricevuto dal Creatore un sicuro criterio di riferimento nell'amarsi al punto di essere "due in una sola carne", di generare la vita e di "assoggettare" insieme la terra, in modo che potesse rispondere ai bisogni dell'umanità.
        Purtroppo, nel corso dei secoli, subentrava una deviazione di fondo a storcere la realtà delle cose.
        Anziché assoggettare per amore la terra, per il bene di tutti, l'uomo, spinto dall'egoismo e dal profitto, comincia ad assoggettare i suoi simili, a dominarli, a renderli schiavi l'uomo verso la donna, i più forti i più deboli, i più potenti i meno potenti, gli istruiti i meno istruiti, i ricchi i poveri...
        Dall'amore oblativo si passa all'amore possessivo, dall'uso della terra per tutti allo sfruttamento egoistico della stessa, dal generare la vita ad eliminarla.
        Dio interviene, spingendo l'uomo a fare l'esperienza del "deserto", nel cui silenzio riprendere il dialogo col Creatore, coi propri simili, col cosmo.
        L'alleanza stabilita ai piedi del Sinai con i dieci comandamenti è rinnovata da Cristo col comandamento nuovo dello amore suggellato sulla croce: espressione suprema dell'amore di Dio verso l'uomo e della risposta di amore, che Gesù dà a nome nostro al Padre.
        Tocca a noi adesso far nostra quella risposta, data da Cristo per noi, unendo il nostro "si" al suo, sulla croce, nella stessa prospettiva di oblatività, nella gioia del dono di sé agli altri.
        La vita di coppia "due in una sola carne" può essere ancora il modello di riferimento per tutti, nel far sprizzare intorno gioia intima, profonda, viva, coinvolgente del "darsi e ricevere" senza riserve, nell'unità di una comunione sempre da costruire.
        Le donne nel donare il sorriso della vita, con tutta la loro ricchezza dialogica di affabilità, comprensione, delicatezza, oblatività, in una parola con tutta la loro interiorità, che sprizza dalla loro stessa femminilità, sorgente della vita.
        Gli uomini nel "completare" il pianeta, sul quale vivono, con la loro razionalità creativa
, che sappia mirare ad una vita più giusta e più umana per tutti, nella piena consapevolezza che i problemi esistenziali vadano affrontati in dimensione "planetaria", e nella reciproca integrazione fra uomo e donna.
        In questa reciproca donazione l'uomo e la donna raggiungono la pienezza dell'essere umano, l'adam = tratto dal suolo, al maschile e al femminile, "ish" e "ishsha", uomo e donna; due persone necessarie l'uno all'altra, due pari che sono di fronte sullo stesso piano, che si guardano negli occhi "Kenegdô", s'incontrano e celebrano l'amore.
        Il versetto 27 del Cap. 1 Gn puntualizza "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò". I due termini "immagine e somiglianza" del versetto precedente, riferito all'essere umano, nel testo originario ebraico "selem demut = statua somigliante", vogliono indicare che questa creatura, adam, investita di regalità su tutte le altre, è sessuata in "maschio e femmina", con una potenzialità di amore relazionale, che diventa creazione del figlio. In questa relazionalità di amore l'essere umano, adam, rivela quanto di più simile egli abbia in sé, che riporti a Dio.
        L'uomo che crea, che genera vita, attraverso la relazionalità, di cui la relazione coniugale è l'archetipo, fa pure andare avanti la storia della salvezza. portando il proprio contributo di liberazione da ogni forma di possessività o di profitto.
        Ogni espressione di vita, che sia autentico segno di somiglianza con Dio, unendo lo spirito razionale, volitivo e costruttivo del maschio, alla ricchezza femminile di dedizione, finezza e interiorità, apre all'alterità liberante: l'Altro e gli altri.
        Un modello incomparabile di relazionalità che, rendendo simili al Creatore, dà vita, è per noi Gesù. Egli, più con l'esempio che con la parola, coniuga meravigliosamente nella sua persona lo spirito costruttivo del maschio allo spirito interiore di vitalità femminile, non solo nei pochi anni della sua esistenza terrena, ma anche nel corso dei secoli.
        Nel memoriale attualizzato dell'Eucaristia, sempre nel filone della memoria continuata della Bibbia, ci sollecita continuamente al memoriale vivente della testimonianza, sotto l'azione dello Spirito, con Eucaristia e Bibbia.

        Dobbiamo solo innamorarci di Gesù, per entrare nella dinamica sponsale, biblico-liturgica, che genera vita, nelle sue infinite espressioni, come pietra preziosa dalle tante sfaccettature. L'immagine biblica dell'uomo "statua di Dio", puntualizzata dal "maschio e femmina li creò", apre ad infinite possibilità di "creare".
        L'intuizione suggerita dal testo vetero-testamentario, realizzata nel modo più coinvolgente dall'esempio di Cristo, fa capire chiaramente che l'immagine originaria di Dio si traduce nella capacità di amare: un amore creativo, segno della parentela con Dio, della somiglianza con Lui, per far sì che la vita si dirami.
        Nel nuovo Testamento la "immagine di Dio" è assorbita dalla "Parola fatta carne" che, sulla croce, dà vita attraverso la morte, spingendo anche noi a passare, attraverso la notte del calvario, alla gloria della Risurrezione.
        La Passione, ci ha fatto capire S. Marco quest'anno, è la esplosione del mistero di Cristo, Figlio di Dio, che ci si rivela totalmente proprio quando sprofonda nell'annullamento della Sua morte: l'innalzamento sulla croce, come puntualizzerà meglio Giovanni, l'Evangelista teologo, è già "risorgere ed essere nella gloria".
        La croce è il deserto dove si manifesta il Dio vivente, per aiutare l'uomo a "liberarsi" da ogni pastoia, che gli permetta di "generare vita". Sappiamo tutti che il Vangelo non è una dottrina da trasmettere, ma una vita da vivere, per farne esperienza e darne testimonianza.
        Mancando di questa esperienza vitale con Gesù, ancora vivo oggi, ci troveremmo nelle stesse condizioni degli operai di un grandioso complesso idroelettrico di Itaipu nel Paraguay che, pur provvedendo al fabbisogno dell'intero paese e di parte del Brasile e dell'Argentina, non fruivano di luce elettrica nelle loro case, a pochi metri dalle turbìne e dalle generatrici più grandi del mondo, ma della luce fioca delle candele perché... non si era provveduto al collegamento!
        Questo può capitare anche a noi, se la nostra vita non è collegata a Gesù, luce del mondo, anche se resta illuminata dalla fioca luce delle nostre razionalizzazioni, come racconta un curioso aneddoto.
        Alla domanda di Gesù che chiedeva ai discepoli "E voi chi dite che io sia?", il solito Pietro avrebbe risposto "Tu sei la teofania escatologica, che nutre ontologicamente l'intenzionalità delle nostre relazioni subcoscienti ed impersonali". Gesù, spalancando gli occhi pieni di stupore, domandava "Cosa, cosa?". Pietro non poté ripetere, perché aveva già dimenticato la risposta. Non era qualcosa che aveva nel cuore, ma solamente nell'intelligenza.
        I testimoni-contemplativi di oggi, nel solco della tradizione ecclesiale che ha inizio in Cristo, cercano di farci capire l'urgenza di riempirci di Lui, proclama continuamente Madre Teresa di Calcutta, soprattutto col suo esempio, ma soltanto dopo aver fatto "vuoto" in noi. Egli prende possesso di noi nella misura dello spazio che gli facciamo, mettendoci a sua disposizione. Solo così gli permettiamo di amare per mezzo nostro, di servirsi di noi senza doverci consultare.
        La stessa cosa ha sempre proclamato con la vita Carlo Carretto scegliendo, dopo l'esaltante esperienza in Azione Cattolica, il deserto.
        In una lettera alla sorella Dolcidia puntualizzava "smettila di pensare a ciò che devi fare per conquistare i fratelli, preòccupati di essere. D'ora innanzi la tua predica deve essere la tua vita e non la tua parola. E per copiare una vita autenticamente vita si copia la vita di Gesù".
        A questa conclusione egli era giunto, dopo aver sperimentatto sulla sua pelle la regola d'oro suggeritagli dal fondatore "contemplativo" dei Piccoli Fratelli, P. Foucauld, basata sui tre periodi della vita di Gesù: Nazareth, deserto, vita pubblica.
        a) Copiare Nazareth, accettando la condizione di poveri operai, costretti a lavorare per vivere.
        b) Fare l'esperienza del deserto, rinunziando a tutto, ad eccezione della Bibbia.
        c) Bruciare per amore dei poveri, i più abbandonati, gli ultimi, meglio ancora i più lontani da Cristo, "là dove... è quasi inutile la parola ma necessaria la testimonianza".
        Pertanto anche noi possiamo accogliere l'invito che Fra Carlo rivolgeva alla sorella in un'altra lettera "Semplificare le cose, ridurle all'essenziale, togliere le sovrastrutture (quante ne abbiamo!), arrivare alla infanzia spirituale... ricerca di una persona più che di un'idea. E questa persona è Gesù. Gesù cercato come persona nella Eucaristia".

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home