GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - a) Paolo VI sulla via del Calvario con la Chiesa tutta da riformare

a) Paolo VI sulla via del Calvario con la Chiesa tutta da riformare
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        A Giovanni XXIII succederà quel Montini che, soltanto qualche mese prima,-in occasione di una predicazione di P. Lombardi a Milano, - gli aveva sinceramente e fraternamente confessato: "Lei porta un temporale, mentre i vescovi lavorano con tutte le forze in un singolo luogo e ne rispondono alla S. Sede con questionari assai complessi. Insomma è più dannoso che utile".
        Proprio sotto il Pontificato di Paolo VI "il sogno di Lombardi si spezza. Si spezza anche l'uomo, sotto i colpi della Curia romana e quelli, non meno percussivi, di una crisi psicologica devastante.
        Al termine di questa passione, il protagonista si ritira tra le quinte. La voce che ha fatto vibrare le masse si vela di pianto e si spegne: Lombardi cambia, sembra diventare un'altra persona...
        La sensazione del fallimento personale s'intreccia al tormento per la difficoltà che la Curia va opponendo alla riforma conciliare.
        Comincia un tempo che Lombardi definirà «di autentica tortura morale».
        Due anni...
        ... deve ammettere che la Chiesa non è sempre così pura nei suoi uomini, che dei mediocri e talora delle persone interessate si mescolano agli eroi, come in ogni rivoluzione, e che le sante intenzioni sono non di rado servite da qualche grado di ferocia totalitaria, nella quale i profili dei soggetti sono mortificati, affinché la macchina possa continuare a marciare inesorabile.
        Più navigato di lui nel sottobosco romano, Rotondi non sembra meno sdegnato per la spietatezza delle procedure adottate: «Volete proprio farlo marcire quest'uomo perché nasca la spiga!» grida al sottosegretario della congregazione...
        Sono ore di agonia e di pianto... lo spirito della collegialità si fa luce al vertice del Movimento, in linea con l'ecclesiologia del Vaticano II e con lo spirito autoritario dell'epoca...
        ... egli non è più il solo a decidere né ad avere l'ultima parola...
        Come ogni mutamento culturale, una simile trasformazione è dolorosa. Lombardi la vive come perdita, quasi nel rituale classico della «uccisione del padre». Rotondi lo incoraggia ad accettare questa «crisi dello svezzamento»... «deve accettare di slombardizzare il Mondo Migliore».
        ... Per molti aspetti egli riconosce che il Concilio ha superato la piattaforma riformistica da lui vagheggiata e sostenuta. Comincia a ricredersi anche su Giovanni XXIII: «Più studio il Concilio e più vedo le meraviglie che Dio ha introdotto nella Chiesa e nel mondo con Giovanni XXIII... Egli mette l'accento sull'importanza del Concilio per lo sviluppo di un cristianesimo non più individualistico ma comunitario, anzi -religione di un Dio comunità-, e per l'apertura della Chiesa al dialogo religioso universale»,
        «Il popolo di Dio non è un popolo di eletti in mezzo a un'umanità di maledetti, ma un popolo di figli di Dio, sparso in un popolo immenso, dove tutti devono essere figli di Dio... Siamo stati troppo soli, siamo stati santi da soli e da soli non si può essere santi. Non si può essere cristiani se non siamo comunità».
        Lombardi, che è vicino alla sessantina, ha un attacco di cuore. La depressione in cui è immerso da mesi, con facilità al pianto e acuti bisogni di appoggi umani, si rotola in una spirale di psicofarmaci, pensieri di morte, ricoveri in clinica, notti oscure della stessa fede. Il Diario ci conduce lungo i labirinti tortuosi e strazianti d'un universo esploso, nel quale ad una ad una le sicurezze d'un tempo crollano, la certezza della fede è sconvolta dal dubbio...
        «Ho l'anima lacerata, vorrei lasciar tutto. La solitudine interiore mi schiaccia. Sono sfinito, i nervi non reggono più. Voglio buttarmi tutto nel Signore ma vengono pensieri di disperazione... l'accettazione totale che l'opera scompaia è il punto che mi dà qualche pace. Ma è una pace che gronda sangue... Le tentazioni alla disperazione non mi lasciano. E anzi al suicidio. Vorrei finirla con tutto, anzitutto con me stesso... Si screpolano i muri del Centro internazionale... Ma le crepe della mia anima sono più devastanti... Sono come inebetito... Ho addosso come un gelo di morte...»
(Diario dal 20 gennaio al 16 maggio 1967).
        ... Il recupero ha del miracoloso... all'uscita da quella «prova di fuoco», scopre che mentre l'opera gli moriva nel cuore, in realtà essa conosceva una sorprendente rinascita, senza la sua presenza...
        E' il momento «dell'atteggiamento umile, del lavoro silenzioso, dell'abbandono di ogni eccessivo, inutile, dannoso clamore», come dice Rotondi nell'omelia per i 60 anni di Lombardi...
        L'eroe della Chiesa degli anatemi, così speso in un cattolicesimo assoluto, diffusivo ed attivo, da essere confuso con un Microfono, scivola ora su terreni accidentati della Chiesa postconciliare, attento a non farsi vedere, quasi in incognito.
        Egli comprende ora che «il piano di Dio vuole lentezza, per rispettare la libertà, le anime del cielo fioriscono lentamente, e il fuoco della fretta che mi divora è forse solo un tormento. Gesù non volle salvare tutti in breve»...
        Più si inoltra nei paesaggi teologici moderni e più sente corti i paradigmi dell'intransigentismo dei quali è vissuto, al problema della loro adattabilità al nuovo: L'operazione di Gesù che sta compiendo nella Chiesa è radicale; senza di essa non si scrollavano abusi incrostati da secoli. C'è un terremoto nella Chiesa (D, 29 marzo 1970).
        Egli troverà ragioni di rallegrarsi sia della ricchezza teologica del Concilio, sia dell'audacia con cui Paolo VI ha epurato i vecchi cardinali, decretato i limiti dell'età nella Curia, riformato la burocrazia, eliminato il fasto spagnolesco del Vaticano rinascimentale... Un papato però isolato al vertice della piramide e circondato da «pochi consiglieri, assai chiusi».
        L'apocalittico di ieri si ritrova carico di ottimismo al punto da prendere un'iniziativa «per fare coraggio» al Papa... Sia felice... abbiamo bisogno di sapere che Lei è contento... La Chiesa così la seguirà con più facilità... L'ora che viviamo è complessivamente positiva, pur nelle dolorose difficoltà... Qualcosa di meraviglioso si sta compiendo con azione palese dello Spirito, verso una situazione di Chiesa molto più ricca di iniziative e di senso di responsabilità diffuso»
(Doc, Lettera di P. Lombardi a Paolo VI, 19 giugno 1969).

        ... A pochi anni dal Concilio, si è abbattuta... una bufera culturale, un terremoto antropologico, le cui risonanze Lombardi ha visto registrare sulla sagoma tragica del volto di Papa Montini, il più moderno dei papi possibili, nella sua intelligenza complessa e negli occhi inquieti e febbrili: quella modernità con cui la Chiesa va facendo i conti (e patteggiando, le rimproverano i seguaci di Mons. M. Lefebvre) si va disvelando in realtà un sistema sociale che «se la ride del Vangelo e ha deciso di ridurlo a folklore», come avverte Pier Paolo Pasolini.
        La Chiesa stessa non sembra avere più patria in Occidente, mentre ancora l'Oriente le è precluso dal Comunismo, e i grandi viaggi del papa sembrano altrettanti simboli di questo spiazzamento... E ancora: sotto i colpi della secolarizzazione va cadendo, pezzo a pezzo, un'intera arte di vivere e di morire, la costellazione che ha illuminato i secoli nella luce dell'umanesimo, senza che né la liturgia conciliare né una solida sintesi teologica forniscano al passato gli strumenti per farne passare i valori in linguaggi rinnovati.
        I chiostri si svuotano, la pratica religiosa si riduce, i confessionali vanno deserti, molti seminari, anche di costruzione recente, vengono venduti a imprese alberghiere o a scuole superiori di polizia.
        C'è qualcosa che accomuna il volto teso del gesuita intransigente e la maschera angosciata del papa della modernità: ed è la lucida percezione delle dimensioni della tragedia che percuote la Chiesa. Entrambi sembrano introiettarla a tal punto nel proprio spirito da soffrirne fisicamente fino alla lacerazione. Anche il papa soffre l'insonnia, anche lui grida al suo Dio, in ginocchio notte tempo sul pavimento della cappella, il gemito di un'agonia senza fine possibile... «Sento un amore crescente, anche umano per il Papa così sofferente. La prima volta ho parlato al Papa come a fratello, pur baciandogli i piedi, e sentendomi quasi il fratello forte dinanzi a quello angosciato... Era solo. Lo vedo vittima perché la Chiesa non si dividesse. Apostasia, scandali, errori e strane teorie, germi di Pentecoste, speranze meravigliose: un uomo solo doveva vivere tutto da sé e guidare il cammino. E' stata una missione terribile»
(R. Lombardi, Manuale Fondamentale 82).
        Ma alla radicalità della crisi della Chiesa Lombardi sente che non si possono dare che radicali rimedi: «se non sappiamo mutar le opere, interviene Dio e mette la scure alla radice... ritorno alla nuda radicalità dell'Evangelo» (D, 1° aprile 1971).
        ... Va a visitare in clinica Gilda, la sua piccola santa del 1943, sempre malata... e stenta a riconoscerla: «vedo come Dio riduce i suoi santi: uno scheletrivo in cui scende il liquido della dermoclisi» Più volte, durante l'ultima crisi depressiva ha ricevuto una telefonata di conforto da questo corpicino allo stremo della vita. E di nuovo risente quella voce: «Coraggio! Non deve essere disperato. Non dica che Gesù la sta distruggendo. E' solo una prova, lei dovrà bere il suo calice giorno per giorno».
        Per una volta ancora la prognosi della veggente è confermata dai fatti: saranno nove mesi d'inferno"
(Pagg 472 ss).
        «Giro come un morto, nella casa strapiena, assente a tutto ciò che mi riempiva l'anima... Queste tenebre spaventose, questa agonia personale mi fa partecipare alle tenebre e all'agonia della Chiesa. Il rimedio dovrebbe essere immenso, perché il male è senza proporzione... sofferenza di abbandono in Gesù crocifisso... il dubbio investe la mia stessa purezza di intenzione, la mia sincerità con Dio... Ora mi schiaccia la crisi del mondo e della Chiesa. Vedo tutto sconvolto, sebbene ci siano dei germi belli qua e là...
        La soluzione è Gesù, è solo Gesù e Gesù crocifisso... quel Gesù che è nei fratelli... L'angoscia si avvia di nuovo ad essere mortale, fino alla tentazione suicida...»
        I medici gli scoprono un'ulcera al duodeno, tipica ferita del gulag: è massacrato dai colpi della persecuzione, dalle piogge violente di psicofarmaci, forse anche dalla mancanza di amore... "
(Pag 518).
        «Dopo tanti successi mi sento e mi vedo stanco e inutile... mi dibatto come prigioniero di me stesso... è proprio o l'inazione che mi uccide... Viene P. Bersassi e mi proclama chiaro che è la notte dello spirito: Dio mi ama molto e mi porta per la via più dura. Realmente la fede non mi dice nulla, mi pare che l'anima muoia... Notti e notti consecutive senza dormire, un'insonnia feroce. Vedo possibile che sia il principio della fine...
        L'anima è in tenebre totali di fede. Mi strascico come un verme, mi aggrappo a qualunque mano, non sto in piedi da solo. Quando sono debole, allora posso tutto, secondo San Paolo. Ma sarà vero? La follia del cristiano sarà proprio in questa umiliazione totale della potenza nell'impotenza divina, nel vuoto di ogni soccorso, nella debolezza definitiva di Dio che muore sulla croce?
        Offro tutto per l'Opera, la Chiesa, la Compagnia, il Papa. Dicono che la mia croce è una messa. Più morto di così pare impossibile».
(Diario, dalla Settimana Santa 1971 a novembre 1971).

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