GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - ZINO... spicca il volo scoprendosi... BIRO di DIO

ZINO... spicca il volo scoprendosi... BIRO di DIO.
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        Dal confronto delle due raccolte di cui sopra, spunta nella mente del protagonista, come un repentino fungo, una visione globale di progettazione e sviluppo dell'abbondante materiale, «prefabbricato» nel tempo ed, ormai, a «portata di mano».
        questione soltanto di leggere tra quelle righe un messaggio, da elaborare in sintesi, per dare un fondamento bibilico-teologico, liturgico-pastorale, a quanto detto in precedenza, su un piano esperienziale.
        Questa viva e profonda esigenza si fa preghiera all'indomani, festa di S. Giacomo, alle prime luci dell'alba, dalla solita «postazione di lancio», ma, per uno «sbaglio di tiro», dovuto alla dimenticanza della festa, pur avendo anticipato alla sera il Mattutino festivo, il «tiratore» usa la salmodia feriale del giovedì della IV settimana nelle Lodi, per cui l'attenzione si concentra su questi testi:

        «Al sorger della luce, ascolta Padre Santo, la preghiera degli umili... Donaci occhi limpidi... donaci un cuore puro... Signore ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio alla mia supplica...
        In me languisce il mio spirito... Ricordo i giorni antichi, ripenso a tutte le mie opere, medito sui tuoi prodigi. A Te protendo le mie mani, sono davanti a Te come terra riarsa.
        Rallegratevi con Gerusalemme... Così succhierete al suo petto... con delizia all'abbondanza del suo seno... i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola i figli... Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a Lui conviene...».

        Nell'estasi di questa «poesia contemplativa», una mano invisibile aveva «corretto il tiro» del «distratto tiratore».
        Sotto la guida dell'unico «pastore» si è trovato «mucca» pascolante in «lussureggiante pastura», a rendere «turgide» le mammelle per... dare vita.
        Immagine molto significativa di un'esperienza che, partita dal «deserto» del lunedì, era sfociata in quel «verdeggiante pascolo» per gustare tutta la dolcezza di quanto S. Agostino suggeriva ai sacerdoti: «Psalmis et himnis cum oratis, hoc versetur in corde, quod profertur in voce = Quando pregate con Salmi ed Inni, si versi nel cuore, ciò che si pronuncia con la voce».
        Questo invito, mai così profondamente assaporato, gli è venuto dal materiale riscoperto in quei giorni, perché nel lontano 1952 era stato assunto a «motto» della tesina su: «La recita del breviario — digne, attente ac devote santifica i fedeli, santificando il clero».
        Il Signore non intende privare il lettore di qualche assaggio di quella tesina che, dopo un quarantennio, ha suscitato stupore allo stesso autore, sorpreso di come lo Spirito Santo si sia servito di un «in-fante» per un discorso iniziato allora, depositato per tanto tempo nel cuore, e ripreso oggi. Sono i «mirabilia Dei», che continuano nel tempo!
        Nella chiesa, oltre al sacrificio della Messa, c'è un sacrificio di lode, ugualmente con fine latreutico, eucaristico, propiziatorio ed impetratorio: «Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora, e a chi cammina per la retta via, mostrerò la salvezza» (Sal. 49,29).
        Questo sacrificio di lode trova la sua origine:

        — nella vita stessa della SS. Trinità (liturgia trinitaria) «sicut erat in principio... »;

        — nel coro degli Angeli e Beati (liturgia celeste) «Sanctus, Sanctus, Sanctus... »;

        — nel concerto unanime di tutto il creato (liturgia cosmica) «Coeli enarrant gloriam Dei...»;

        — nell'inno di lode dell'uomo che, tratto dal nulla e costituito re del creato, anche a nome di esso, comincia a celebrare, sia pure in modo imperfetto a causa del peccato, l'infinita misericordia del Signore (liturgia umana) «non est speciosa laus in ore peccatoris = la sua lode non si addice alla bocca del peccatore (traduzione CEI poco felice, meglio quella dei LXX) = le sue lodi non sono celebrate dalla bocca del malvagio» (Sir. XV, 9);

        — in Cristo, l'anello di congiunzione che unisce la liturgia terrena alla celeste, la liturgia umana alla divina;

        — nella Chiesa, questo Cristo «prolungato e coesteso nella storia», che completa la preghiera e la lode, che «Egli pur continua incessantemente ad offrire... nel Tabernacolo e negli splendori della Sua Gloria» (liturgia del Cristo totale), che trova la sua espressione in quelle «meravigliose raccolte, che con-,tengono tutti i tesori della liturgia: primo fra esse, dopo il messale, il divin Breviario».

        L'inno di lode della Chiesa, unendosi a quello dell'uomo-Dio, si divinizza e la liturgia terrena si fonde nel cuore di Cristo con quella angelica, per far eco a quell'inno di eterna lode, che sgorga dal seno stesso della SS. Trinità.
        A questo nobile ufficio la chiesa deputa ministri e semplici cristiani, religiosi e religiose che, consci di questa «celebrazione universale», che unisce cielo e terra in Cristo, cercano di corrispondervi adeguatamente, per fare del Breviario una sorgente di vita interiore e di santità.
        La tesina, a sua volta, sollecita l'autore ad interpretare, in logica diversa, anche il «disegno» del lontano 1940 che, a primo acchito, spinge l' occhio al «turgore» delle mammelle...
        Dietro il disegno di ogni creatura, c'è sempre il «Disegno» di un Altro, da interpretare... Dopo la «contemplazione estatica» di questo disegno, il tiratore, senza minimamente scomporsi dello «sbaglio», in quanto da tempo si era liberato da ogni forma di schiavizzante legame rubricistico (che pure prevedeva il caso: officium pro officio valet), dopo la salmodia feriale, continua tranquillamente con le preghiere della festività, fermandosi soprattutto sulla Lettura breve: «Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei Santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In Lui ogni costruzione cresce ben ordinata, per essere Tempio Santo del Signore...» (Ef. 2,19-22).
        Tutta la giornata è costellata da altre espressioni significative della liturgia del giorno (Messa, Terza, Vespri, Compieta) che, a fil di logica, lo spingerà nella trasvolata «oltre la contingenza».
        Lo stesso «contingente-mucca» aveva spinto l'autore ad interpretare, in quella giornata di «grazia», anche gli altri «contingenti» dell'album «misterioso», così fortunosamente tornato alla luce.
        «Disegnare, dice il primo autografo, un ramo di aranci con foglie e frutta».
        Veramente, sezionando il disegno col «senno del poi», i frutti fanno pensare più alle ciliege (forse era l'inconscio a prevalere sul conscio, perché l'autore è ghiotto di ciliege) che alle arance, ma il mini-Zino lo vedeva così, abbagliando anche il maestro che, in questo disegno, a differenza di qualche altro, non ha apportato alcuna correzione, forse per rispetto alla volontà «implicita» del discepolo, di offrire un «segno lontanissimo» del suo carattere agro-dolce, con prevalenza della «durezza» in alcuni momenti, e della «dolcezza» in altri, a seconda che l'una riesca a «scotomizzare» l'altra. Egli è conscio di non riuscire sempre a conservare l'equilibrio, soprattutto nei momenti di «stress», per la mancanza di un rapporto «sincronico» fra durezza di pensiero e dolcezza di sentimento.
        Ma l'equilibrio non è un dato bell'e fatto, conquistato una volta per tutte, in quanto è sempre da costruire, attraverso una tensione continua, e nella consapevolezza di poterlo realizzare, sia pure attraverso lotte, fatiche, scacchi, turbamenti, tensioni, momenti di esaltazione e momenti di depressione, momenti di sicurezza e di indecisione, e, in poche parole, attraverso diverse forme di... squilibrio!
        Questo squilibrio non è altro che una serie di pause, di cui prendere umilmente coscienza, per evitare instabilità emotiva, impulsività ed esasperazione: queste pause sono come «piccole fermate», attraverso le quali «deve» passare il lungo, e mai finito, cammino dell'equilibrio.
       

        L'autentico equilibrio non è mai quello stato di «beatitudine», che si ottiene soltanto in una «cristallizzazione» del momento presente; è bensì una conquista, che tiene conto delle tre dimensioni del tempo: passato, presente e futuro.
        L'uomo, nella sua dimensione umano-spirituale, vive nel presente, grazie al «suo» passato e in prospettiva del «suo» futuro, che tenacemente deve inventare, come una «tessera» nel mosaico del futuro dell'umanità.
        Nel momento stesso in cui egli smette di «inventare» il suo futuro, rinuncia ad inserire il suo «tassello» nel mosaico del futuro dell'umanità, cadendo in preda ad una fase di proiezione nel presente di una situazione del passato «non liquidata», perché viene a mancargli l'avvenire che, solo, è in grado di fargli superare quel contingente e triste presente.
        Il mezzo più valido, per ristabilire un equilibrio variamente interrotto, è il dialogo, che stabilisce una relazione fra «me e te», nello scambio reciproco di autentici valori, attraverso una parola, scritta o parlata, che «sgorghi» dal profondo. Ma se parlare è facile, «dialogare» è difficile, perché al «parlare» deve corrispondere anche un « ascoltare» , attraverso un avvicendarsi di ruoli, in totale abbandono empatico di arricchimento reciproco, di conoscenza e di sentimento.
        A distanza di mezzo secolo, l'autore è rimasto sorpreso di quella scritta cubitale sulla facciata della chiesa e, con profonda tristezza, anche alla luce di un fatto di cronaca, pubblicamente «fustigato», ha concluso: la scuola di oggi, pur essendo differenziata, non è che sia molto diversa da quella di... ieri!
        Il ramo di ulivo, classico simbolo della pace, con l'autorevole didascalia, per questo e per gli altri disegni successivi, del Sig. Maestro, col suo frutto può assurgere anche ad elemento essenziale di «nutrizione» e di «lenimento» delle ferite, come suggeriscono i fatti di mezzo secolo di storia...
        La casetta, quasi poggiata sulla quercia, col richiamo evidente alla «casa» di Dio, anche per l'arco a tutto sesto di porte e finestre non può non ricordare la storia di una «piccola famiglia», inserita nella «grande famiglia» del popolo di Dio.
        Ambedue le famiglie, coinvolte, dopo la fioritura, a dare frutti di conversione (ghiande), come nella parabola del Figliuol prodigo, e di bene (pere), basandosi sulla speranza che anche solo un «bicchier d'acqua» dato nel nome di Cristo, troverà ricompensa (cfr. Me. 9,41).
        Infine, tenaglie e martello, sono forse segni premonitori della missione profetica del piccolo artista: estirpare e battere, abbattere e costruire, profeta di contestazione.
        Il giorno della memoria dei SS. Gioacchino ed Anna passa nella quotidianità, illuminata soltanto da qualche espressione di lodi: «Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete... Nel suo grande amore, il Signore ci ha visitato... Hai voluto che i tuoi discepoli siano sale della terra e luce del mondo... Signore, insegnaci a servirti nei tuoi fratelli... ».
        Nel giorno successivo «battaglia campale!»
        Alle 4,43, come indica la segnalazione luminosa della radio, sveglia e... svuotamento vescica, ritorno a letto, nella speranza di riprendere sonno, sulle ali di una melodiosa «nenia» del notturno italiano, a bassissimo volume.
        Al contrario, una voce interiore, quasi impercettibilmente, anche se insistentemente, «chiama» per cui, rimanendo a letto si accinge a pregare Lodi e, prima di iniziare col segno della croce, come per un «automatismo teleguidato», l'occhio cade sulla strofetta del Sal. 91: «...mi rallegri Signore, con le tue meraviglie, esulto per l'opera delle tue mani».
        È la «carezza della mamma» (il Signore non è solo Padre) che, con delicatezza tutta materna, invita il suo «piccolo», semisveglio, ad aprire totalmente occhi e cuore, orecchi e... mani, per passare dagli scherzi al gioco... Si, proprio un gioco infantile!
        Dopo la recita del Cantico di Zaccaria, sistemando il foglietto volante del testo alla fine del Breviario, nota sotto il cellophane, che ricopre la copertina, una immagine del Carmine con la testa all'ingiù, che istintivamente rimette nel verso giusto. Nel fare questo, si accorge che, sotto quell'immagine, ci sono altre immagini in una bustina, ed un piccolo foglio ripiegato, che riporta all'interno il testo di una bella preghiera.
        Delle tre figurine, una ricorda l'Ordinazione sacerdotale di un confratello, con i simboli: calice, ostia, grano, croce con sopra, ben visibili, Alfa e Omega; l'atra ricorda un 50° di sacerdozio, ugualmente con i simboli eucaristici, meglio visualizzati con il «pane spezzato»; e la terza rappresentante la Sacra Famiglia, a ricordo di un 50° di sacerdozio, 30° di episcopato e 20° di missione, con una significativa didascalia; il tutto diviene oggetto di riflessione e meditazione.
        Quando poi egli affida i particolari della scoperta a queste pagine pensa, quasi con rammarico, in sé: «manca solo una figurina-ricordo di 25° di sacerdozio, per completare».
        Ebbene (il lettore creda o non creda a questi... scherzi; al fruitore non interessa...), dopo qualche giorno, a conclusione di Lodi, accingendosi a celebrare anche Terza, «osserva» con maggiore interesse, rispetto a tante altre volte, il «Puer Jesus in praesepio», che gli fa rivivere, in un attimo, l'emozione provata nella notte tra il 24 e 25 agosto, nel celebrare la Messa sull'altare del presepio a Betlemme nel 1966. Girando la figurina, fa la sorprendente scoperta: «a ricordo del 25° di sacerdozio» di un suo carissimo amico, oriundo laterinese, missionario attualmente in Terra Santa, che Zino aveva incontrato ad Alessandria, in quella crociera verso la Palestina, ancora nel profumo della sua ordinazione sacerdotale del 29 giugno 1965: vocazione sbocciata da una coppia di genitori «esemplarmente» praticanti.
        Ma lo... scherzo-gioco non era ancora finito!
        Il sorriso di quel Bambino richiama subito alla sua memoria un Altro in braccio alla Mamma, di una figurina trovata nella giornata campale di cui sopra, insieme alle altre, ma esclusa dal gruppo, perché non era a ricordo di qualche anniversario, e messa da parte nel I° Tomo-agenda degli appunti.
        L'associazione di idee spinge subito alla ricerca di questa figurina «trascurata», per fare un «confronto». Ma, a causa del «subito trasferimento» dell'icona, dal Breviario all'agenda-appunti, il rinvenimento non è stato facile, quasi a «punizione» del distrattone, per la superficialità di quell'ingiustificata esclusione.
        Il Signore invece fa «miracoli» anche coi nostri cocci, perché l'incomprensibile superficialità sortisce un provvidenziale effetto, per una «doppia» gioia: a) rinvenimento e positività di confronto dei due «Piccolini»; b) scoperta di un «nuovo e significativo» messaggio, da poter cogliere nel «gesto» di Mamma e Figlio, protesi ad additare il Messale-Breviario o la Bibbia. Il significato è lo stesso!...
        Ma la celebrazione di Lodi continua soprattutto con l'imprevista preghiera di «Adsumus», con la puntualizzazione dell'espressione finale che suona: «... fa che riuniti nel tuo Santo Nome, sappiamo contemperare Bontà e Fermezza!».
        È veramente provvidenziale!... La notizia di otto scauts dati per dispersi in Abruzzi da «il giornale dell'Italia» delle 5,45, gli porta una nota di tristezza, nell'estasi di quella mattinata, resa più «greve» anche dalla mancanza del sole, perché ricoperto da nubi.
        Sgusciando dal letto, «scivola» quella mattina in veranda, anziché sul terrazzo, per un po' di aerobica, durante la quale nota che il sole fa piovere i suoi raggi verso la terra, perché all'orizzonte il cielo è scoperto, dando l'impressione più di un tramonto che di un'alba.
        Lateralmente poi, in una parte di cielo scoperto, il sole «creava» un grande lago, con in mezzo l'isola di una nuvoletta: uno spettacolo fantasmagorico della natura, di un «giallo vivo» in tutte le sue sfumature, che eccitava la fantasia a... spaziare!
        Il raglio di un asino invita il «cosmonauta» ad atterrare in... cucina, per il solito rifornimento, senza perdere di vista il sole e cantarellando, forse perché sabato: «Caudate, laudate, laudate Mariam!», il canto imparato nell'ultimo pellegrinaggio a Lourdes.
        Tra una nota e l'altra, all'uscita gorgogliante del caffè, un secondo raglio che, facendo interrompere la «melodia», invitava lo «atterrato» alla sorbizione del latte macchiato e della spremuta che, per mancanza di arance, era «più acre che dolce», come in quel periodo, erano le sue prediche, a detta della gente. Che intreccio meraviglioso!
        Durante le pulizie, il GR. 2 delle 6,30,come prima notizia, dava il lieto annunzio, che gli otto giovani scauts, costretti a passare la notte in un rifugio di fortuna, a causa di un'improvvisa bufera, erano stati rinvenuti alle prime luci dell'alba. Deo gratias!
        Il giornale radio concluse con una notizia eclatante: un'attrice americana, Liz Taylor, passava in quel giorno al suo «ottavo» matrimonio!
        Al martedì successivo, durante la sua ora di spiaggia «riservatissima» in terrazzo, per la tintarella integrale, il «negretto» apprendeva da «Radio anch'io luglio» che la stessa avrebbe dichiarato pubblicamente: «Ogni volta mi sono sposata per amore, un amore per sempre, e ogni volta ci sono cascata dalla nuvola». Emblematico segno dei tempi! C'è chi casca dalla nuvola e chi casca dal «cosmo».
        L'avventura di quella mattinata del sabato è allietata dal matrimonio di due coppie di sposi, con un'unica messa(suscitando ammirazione in un confratello, che mal si rassegnava all'estrosa idea, «più unica che rara», strappando al mastro una risposta per... le rime!), svoltasi con una partecipazione totale, attenta e devota, degli invitati, conclusa con uno scrosciante battimani, sollecitato dallo stesso presidente di assemblea, al quale uno dei presenti, congratulandosi, aveva dichiarato: «sotto una tal regia non poteva essere diversamente!».
        È una scoperta epifanica per il nostro mastro che, sapendo di essere soltanto un buon sacrista, si era ritrovato «regista».
        La cosa non gli dispiacque, anche se avvertiva profondamente e tenacemente un senso di «viscerale» avversione a registi del «... profitto, in nome e sulla pelle dei poveri, pur facendo il discorso per i poveri», (frase che fece epoca quando fu pronunziata, energicamente, da Zino in un lontano, «trionfalistico» convegno locale. L'unico «crucifige», in mezzo a tutti gli «hosanna», per cui «tanto tuonò che piovve!... una grandinata di insulti, degni della «bocca» da cui uscirono!»).
        Nulla di rilevante nella settimana successiva, se non un particolare bisogno di effusione affettiva, al primo venerdì del mese, con i suoi «pupilli», espressa nei casi di maggiore disagio ad infermi ed infermieri, con «caldi abbracci e battute scherzose», senza escludere però anche parole «dure» nei casi di «acquiescenza» a situazioni di contro-testimonianza del messaggio evangelico.
        Questi ultimi casi gli avevano lasciato un po' di «amaro» in bocca, per cui, tornando in chiesa, per il secondo rifornimento di particole, nello scendere in cripta, aveva raccomandato a S. Michele, che facesse funzionare la sua spada contro il maligno che, purtroppo, continua a... mietere, con provocatorie sghignazzate contro coloro che tutt'ora gridano: «Mi-ka-el», invitando alla «espiazione-conversione».
        Nella breve omelia della mattinata, lo Spirito Santo aveva suggerito di sviluppare proprio questo tema, pigliando lo spunto da Lev. 23,27 della prima lettura, per giungere allo scandalo del nazaretani, per la loro «incredulità». La riflessione trova conferma nell'adorazione eucaristica pomeridiana e nell'omelia della Messa dell'indomani, cui egli era giunto, dopo un'altra esaltante esperienza di... gioco.
        Alle 4,10 del sabato, 3 agosto, come di frequente, sveglia mattutina... tenta di riprendere sonno, ma questo non torna. Gatta ci cova!, confida a se stesso Zino, edotto dall'esperienza del passato.
        Alle 4,30 comincia a pregare Lodi, fermando subito l'attenzione sulla prima strofa dell'inno della I settimana: «L'aurora inonda in cielo di una festa di luce, e riveste la terra di meraviglia nuova». Lo sguardo cerca subito di assicurarsi della «veridicità» di quei due verbi al «presente», fugando la mente di qualsiasi dubbio, perché l'alba si annunzia proprio così.
        Alla prima antifona, un'altra sorpresa: «I miei occhi precedono l'aurora, o Dio, per meditare la Tua Parola», una parola ampiamente sviluppata dalla salmodia successiva, offrendo vasto materiale da ruminare in una ordinarietà, che trova la conclusione «radiofonica» in una canzone straniera che suona: «Le parole sono come foglie, che attendono la musica per... volare; parola di vento, parola di fiore, parola di fiume, parola d'amore...»
        Durante l'igiene personale poi, il GR. 2 delle 6,30, non andato in onda a causa di uno sciopero, trasmette la bellissima canzone: «Affido una lacrima al vento...», profondamente gustata al momento della rasatura, col «silenzioso» rasoio Philips.
        Il primo pomeriggio di quel sabato, a causa di un errore tecnico di sviluppo fotografico di due rullini precedenti, è dedicato ad una seconda gradita esperienza di riscoperta, nel giro di pochi giorni, dei luoghi più cari al protagonista, per «affidare al vento» del futuro, non una «lacrima» di evasiva nostalgia, ma una significativa «scheggia» del passato, colta nel presente, per... caricarla di futuro...
        Il cambio di volume del Breviario, per la celebrazione dei primi Vespri della XVIII Dom., gli propone, attraverso una figurina (scherzi proprio da bambini!) una sintesi del messaggio, che lo stava appassionando in quei giorni: l'angelo apparso ai tre veggenti di Fatima, nel gesto di offrire loro ostia e calice, con l'invito a fare la meravigliosa preghiera, riportata sul retro dell'immagine.
        L'attenzione maggiore è concentrata sulla didascalia dell'immagine: «Maria è la dimostrazione dell'amore di Gesù, che nell'eucarestia si dona e ci salva», che serve da sottofondo nella recita dei Vespri.
        Trascorre il resto del pomeriggio, conservando nel profondo della sua anima quella dolce visione, anche nella preparazione di genitori e padrini per l'amministrazione «comunitaria» di quattro Battesimi all'indomani, con la loro confessione, unitamente ad una coppia di «sposini», che avrebbe celebrato il 50° di matrimonio. Tutta qui la bellezza, con tutti i suoi limiti, della vita comunitaria nelle nostre chiese locali, per un autentico cammino di crescita, tra pastore e gregge, e non per esperienze di «autoesaltazione» di gruppi «elitàri o esoterici», che pullulano ovunque, anche nella chiesa.
        Liberandosi sul tardi da queste incombenze pastorali, consuma una «fuggevole» cena, avviata in digestione sul piazzale della chiesa, con l'abituale «passeggio-digestivo», corretto con la recita del Rosario completo, unendolo quella sera «idealmente» alla preghiera dei tre pastorelli.
        Rientrando al «tavolo del lavoro», cerca di schematizzare l'omelia dell'indomani, sugli appunti del II Tomo, ma si accorge di non farcela, per cui si orienta a dare una «scorsa sonnifera», come una camomilla, alla sintesi riportata nella rubrica alla lettera M, dove alla voce «Mistero Eucaristico» trova il titolo del tema: «Gesù, sorgente di vita, perché muore per amore».
        Ma i riflessi proprio non rispondono, correndo il pericolo di... addormentarsi sulla Rubrica. Suona intanto mezzanotte e, scuotendosi dal dormiveglia, si ricorda di «dover» ancora recitare Compieta, anche se persino il rubricismo preveda, per questi casi di impegni pastorali, la dispensa.
        Il «contestatore» però, come non si ritiene schiavo del rubricismo, così non intende appellarsi ad esso, quando gli fa comodo.
        Ugualmente, non se ne fa un problema per non aver ancora assolto il «debito» della recita di Compieta prima di mezzanotte, che, oltre tutto, corrispondeva alle 23 dell'orario solare. Ora, stando al rompicapo dei rubricisti del «pennino» la legge fa riferimento a questo, anche con il calcolo di differenza dei minuti del fuso-orario del luogo dove ci si trova, rispetto a Greenwich.
        Meno male che Dio non si lascia ridurre a... controllore di volo, schiavo di un cronometro di precisione!...
        Zino, geloso della libertà dei figli di Dio, ma anche fedele interprete dello spirito della legge, recita Compieta come Dio volle, con qualche «gloria» di troppo, per passare ad «allettarsi» in braccia a Morfeo, con la certezza matematica, non datagli certo da un orologio «al quarzo», di aver celebrato la migliore «Ora» della sua vita, anche se a «Strazzi e petazzi», in barba a tutte le ridicole alchimie dei liturgisti...
        Il nostro, lasciandosi umilmente guidare dallo spirito, era giunto, a sue spese e con fatica, a liberarsi da ogni pastoia rubricistica, per affidarsi più alle ali del mistero...
        Ad evitare «strapazzamento», il Mattutino non fu anticipato, come al solito, ma, dopo un bel sonno ristoratore, alle prime luci dell'alba, fu celebrato dalla solita postazione di «lancio».
        Il Signore, che non si lascia mai mettere sotto scacco da noi in generosità, gli fa assaporare in modo profondamente emozionante tutto il Salmo 103, un inno al Creatore, inserito come nota personale, anche se un po' stonata e disarmonica, nell'armonia del concerto meraviglioso del risveglio della natura, dopo lo «aperitivo» della prima strofa dell'inno: «Splende nel giorno ottavo, l'era nuova del mondo, consacrata da Cristo, primizia dei risorti» e della prima antifona: «Signore mio Dio, come un manto ti avvolge la luce, sei rivestito di maestà e di splendore, alleluja».
        Dopo questo aperitivo, come non gustare tutto il resto?
        «Benedici il Signore, anima mia, Signore, mio Dio, quanto sei grande! Rivestito di maestà e splendore... Tu stendi il cielo... fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento; fai dei venti i tuoi messaggeri, delle fiamme guizzanti i tuoi ministri... emergono i monti, scendono le valli... Fai scaturire le sorgenti nelle valli e scorrono tra i monti e ne bevono tutte le bestie selvatiche e gli ònagri estinguono la loro sete. Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo, cantano tra le fronde...».
        Se il Salmo 103 era stato l'abbondante «primo», le letture successive gli offrono il gustoso «secondo piatto», preparato in collaborazione, anche se a distanza di secoli, dal profeta Amos e da Barnaba.
        Amos, il pecoraio di Tekoa, il campagnuolo dagli «occhi aperti», che due anni prima del terremoto, sotto la bruciante azione del suo spirito profetico, «fustigò» i signori della società con la stessa forza, con cui i loro peccati gridavano vendetta al cielo, anche se fu «intepretato e trattato» (la storia non si tradisce...) come «venditore di ciance», dai soliti sanguisuga, che sfruttavano il «popolino» e, particolarmente, le donne di Samaria «Vacche di Basan», banchettando in sontuosi palazzi, in case d'inverno e case d'estate (questo «mito odierno» ha radici secolari!...) ricoperte di avorio, grondanti sangue innocente...
        Il messaggio del profeta è di «bruciante» attualità, non solo per gli sfruttatori di sempre, ma anche per tutti coloro che dovrebbero essere i «testimoni di povertà» e non i «predicatori di povertà»... Basterebbe soltanto sostituire ai nomi propri di città e persone, altri nomi per lo... aggiornamento...
        Il ruggito del Signore si fa sentire ancora oggi, sia all'interno della chiesa che all'esterno, per pastori e gregge, per sedicenti cristiani e ingessati praticanti, per illusi credenti e millantatori atei, atei teorici e atei pratici... (l'umiliante litania potrebbe continuare all'infinito!).
        Il nostro medita a lungo la prima espressione: «Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme, fa udire la sua voce; sono desolate le steppe dei pastori, è inaridita la cima del Carmelo». Ma l'espressione che lo fa riflettere ancora di più è: «...hanno sventrato le donne incinte di Galaad, per allargare il loro confine... », concludendo, con profonda tristezza: «Oggi non sono le donne incinte ad essere sventrate... ma i figli innocenti e innocui delle donne incinte ad essere... risucchiati da quei ventri che, da culle di vita, si trasformano in... tombe di morte!...».
        Ne aveva ormai abbastanza per... riversare la cupa tristezza di queste riflessioni a caldo, nel tema da sviluppare... a braccio, nell'omelia della prima Messa delle 8, frequentata nella quasi totalità da genitori.
        La «mucca» aveva ormai le mammelle turgide di latte, per la sovrabbondante pastura della mattinata! Il ricordo di quella «prima poppata» è lasciata alla memoria degli ascoltatori, se sono riusciti a memorizzarne la bellezza e la poesia...
        Dopo la poppata, il Signore, che non può certo lasciarsi spiazzare in generosità, provvede immediatamente al «contorno» integrativo del secondo piatto, ed alla frutta, non ancora servita, non per una... distrazione, ma per mancanza di tempo materiale; e poi, l'esperienza insegna che i tempi del Signore sono sempre diversi dalle nostre schematizzazioni...
        Alla fine della Messa, avendo portato la comunione ad un confratello impedito, per farlo sentire sempre in «comunione» con la comunità, in attesa di sorbire una tazzina di caffè (era già la seconda della mattinata) preparata da mani finemente esperte, assorbisce nei suoi «occhi» lo spettacolo meraviglioso di uno squarcio lussureggiante di verde della collina circostante, e nelle «orecchie» la penetrante melodia di un «botta e risposta» di due fringuelli che, a distanza, si trasmettono messaggi d'amore (in dialetto questo uccelletto dei passeriformi è chiamato «lu ruci'gho», per il rossiccio o rosso ruggine del suo petto su dorso bruno: ancora una prova lampante, se ci fosse bisogno, che col «seppellimento» del variegato dialetto, dai nomi di utensili agli strumenti di lavoro, dal folklore alla toponomastica, dai nomi propri a quelli comuni, gli odierni «sciacalli», dai «super-uoinini» della cultura superiore ai «pitecantropi» della sottocultura, stanno «acculattando» definitivamente anche il «residuo passivo» di cultura locale). Il caffè di quella mattina, già zuccherato «con cuore», è integrato deliziosamente dallo «stupore» della natura.
        Il servizio ormai del «sovrabbondante» pranzo è completo per... la seconda poppata!

        Alla seconda Messa, la Chiesa è «inverosimilmente» gremita, per la presenza «occasionale» degli invitati ai quattro Battesimi ed alle «nozze d'oro» con la numerosa «tribù familiare». Una esplosione di festa in famiglia, alla cui riuscita contribuiscono anche gli «infanti», con il loro sorprendente silenzio. L il clima di partecipazione attiva da parte di tutti, senza disturbi dall'esterno, prevenuti con fermezza, a facilitare un commosso e significativo «dialogo», incentrato su Cristo, «sorgente di vita», offerta dalla significativa parola di Dio, e, visualizzata dal meraviglioso Battistero, in esclusiva per Laterina.
        Su questo infatti, come si può notare dalla foto, campeggia una croce, dal cui piede fuoriesce acqua corrente, come ha previsto la riforma liturgica, che riempie la vasca superiore per passare a quella inferiore: segno evidentissimo di Cristo che, col suo sacrificio, apre per noi la sorgente della grazia, applicata a noi nell'azione sacramentaria dallo Spirito Santo, indicato dalla colomba (simbolo biblico); e noi, sollecitati dallo Spirito, andiamo a dissetarci a quella «sorgente di vita», come cervi assetati... Anche questa seconda omelia «a braccio» non è programmata da Zino, ma direttamente dallo Spirito, cui egli ha solo «prestato» la voce, con un po' di esaltante emozione.
        Il primo pomeriggio gli riserva anche un momento di respiro, per una scorsa agli appunti del 1976 e, trovandoli sorprendenti, vi aggiunge in rosso un tocco finale, con una nota... commemorativa. Si passa poi al «digestivo» dei Vespri, per completare il servizio di quell'appetitoso pranzo a... puntate!
        Il colpo finale, in quella giornata di sovrabbondante grazia, è dato dall'arrivo imprevisto, prima della Messa, di due dei suoi migliori amici, coi quali sin dall'adolescenza, aveva condiviso in seminario «tutto» ed, in famiglia, alle volte anche il «sonno». Avendo essi già celebrato, non possono «condividere» la Messa quella sera, per cui sono accompagnati, dopo un fraterno abbraccio, sotto gli occhi sorridenti e compartecipi di tutti i presenti, ad assiderai agli stalli «in cormi epistolae».
        Prima di andare a pararsi in sacrestia, Zino non può fare a meno di «stroncare» l'invito di uno dei due alla «brevità», con un deciso rimbrotto: «...non fare il solito!»
        Dopo una «telegrafica» presentazione degli amici, per gustare insieme il clima di festa comunitaria, ambedue sono coinvolti in prima persona nella celebrazione: il primo con l'invito quasi «cogente» a tenere l'omelia, calata «magistralmente» nel contesto, come se fosse stata programmata in precedenza, ma la programmazione veniva da «lontano», e il secondo con un «toccante» intervento alle intenzioni di preghiera.
        Il ricordo di questa graditissima sorpresa sarebbe incompleto, se non fossero qui riportati altri particolari, a testimonianza della «simpatia critica», che lega da tanti anni i tre: non i «tre potenti» del proverbio locale = tre sono li putinti: lu pôp, lu 'rrè e chi nun tane nient= tre sono i potenti: il papa, il re e chi non tiene niente:

        — il papa di quella Chiesa, in cui i tre, pur non «contando», cercano di portare il loro contributo di crescita;

        — il re di quello Stato, che hanno cercato sempre di servire, lasciando un po' ovunque semi di «umile e tenace» servizio;

        — chi non tiene niente, nella cui categoria i tre, inseriti per una opzione di fondo, hanno cercato sempre di esserne la... voce, nel deserto, ma... libera.

        Dopo la celebrazione, l'amico messo a tappeto, ripresosi, da buon incassatore, durante il tempo della Messa, alla quale, come si è detto, aveva pure portato un suo «commosso e commovente» contributo, torna alla «carica» (non poteva essere diversamente!), per giocare però di... «rimessa», rimproverando all'accompagnatore la «lungaggine» dell'omelia, pur chiamando in causa il «Boccadoro», e sferrando il colpo «basso» a chi l'aveva «atterrato», accusandolo di «interventi parenetici», in quanto sarebbe dovuto essere sufficiente, secondo lui, solo quello iniziale di «ambientazione», in cui egli era... direttamente interessato.
        Eppure l'intervento finale, che non gli era andato a «fagiolo», non aveva nulla di parènesi, limitato ad una sintesi del messaggio domenicale, come si può notare dall'aggiunta apportata, qualche ora prima della loro venuta, agli appunti del '76, invitante all'apertura al Cristo «totale» nella Parola, nell'Eucarestia e nel Fratello.
        Il nostro Zino, da una parte non si mostra disponibile ad accogliere il rilievo, proveniente solo da... congenita insofferenza, dall'altra è vivamente grato ai due, per aver trovato un po' ingombranti, sulla mensa, due artistiche e vetuste «portalampada» in ottone, che trovarono immediata sistemazione su sporgenze del leggio in marmo, già utilizzato per l'esposizione continua di una grande Bibbia. Così il leggio «portabibbia» è stato arricchito definitivamente dei due portalampada e del vaso dei fiori.
        A perenne memoria del fraterno incontro, la mensa di celebrazione resterà definitivamente libera da ogni ingombro, anche se la «radicalità», di uno dei due amici avrebbe voluto l'eliminazione di una mensola, fissata alla parte posteriore dell'altare, e quindi non visibile alla gente in chiesa, adibita per la conservazione di una grande Bibbia, dei vari Lezionari feriali e festivi, e di un Messale di riserva, non certo «disdicevoli» ad un retro-altare: la «funzionalità», proveniente da un carattere agro-dolce (simboleggiato dalle... arance dei primi puerili disegni), ha avuto questa volta la meglio su una certa radicalità un po'... cerebrale. Ad ognuno la sua... originalità, di reciproca integrazione e non di «amorfa» fusione! Apelle, al calzolaio troppo invadente, aveva detto: «sutor, ne ultra... crepidam!»
        L'esperienza di fede domenicale deve aiutare a penetrare i fatti concreti della settimana, per «operare» il passaggio dalla verità di Dio alla «veracità» per l'uomo.
        Per riuscire in questo, afferma Barth, occorre «tenere in una tasca la Bibbia, nell'altra il giornale» cui Zino, per esperienza personale, aggiungerebbe la «radio»... come sottofondo.
        Alle tante esperienze radiofoniche, notturne e diurne, nella mattinata del martedì, 6 agosto, durante la sua ora di «abbronzatura», aggiunge un' altra, molto significativa, per una interessante puntualizzazione di «taglio di terza» delle 9,10, che lo «costringe» a lasciare subito la «spiaggia», per correre a procurarsi Repubblica e Panorama, da aggiungere al «Corriere della Sera», cui era abbonato. Sui due quotidiani avrebbe trovato due servizi di «etologia», cui Zino è particolarmente sensibile, e uno studio sulla «qualità della vita in provincia» sul Settimanale.
        Così l'ora di spiaggia è integrata dalla passeggiata mattutina, e questa, a sua volta, da «straordinari» incontri con laterinesi emigrati «fuori provincia», uno in prossimità della capitale italiana e l'altra nella capitale belga: va a capire l'intreccio di queste fila «invisibili», che, a primo acchito, possono sembrare misteriose, ma poi ti accorgi che sono così realisticamente... percepibili!
        Con il primo, che aveva fatto parte di un gruppo di volontariato in parrocchia, ha una «accesa» discussione per delle valutazioni a «senso unico» di persone e fatti, anche perché si sarebbe atteso che la vicinanza alla metropoli gli avrebbe dovuto facilitare l'apertura. Tornato a casa, gli cade sottocchio un articolo di Panorama, che riprendeva proprio l'argomento di quell'animata discussione, in cui era stato coinvolto anche il giornalaio.
        L'altro incontro, molto gradito, è stato con una donna che, abitando da molti anni a Bruxelles, gli ha fatto rivivere la piacevolissima tappa di 24 ore in quella città, nel suo primo viaggio in America, nel lontano 1965, richiamando alla memoria la raffigurazione del Belgio con «aiuole di fiori» in un giardino, l'Antomioni e, soprattutto, la serata artistica passata alla Grand Place, in prossimità della casa di V. Hugo.
        La stanchezza dovuta ad impegni vari, aveva costretto Zino a rinviare Mattutino all'indomani, per andare in «portafoglio» un po' prima, ma, dopo qualche ora di sonno, il passaggio dalla verità di Dio alla veridicità dell'uomo riprende dalle primissime ore del 7 agosto con Stereorai, presentato da Stefano Mannucci e, dalle 4,30, da Enrico Sisti, dei quali si riportano alcuni «significativi» flash di commento alle canzoni:
        «Le nuove generazioni non sono esenti dalla capacità di stupirsi e capire le cose... Un giovane inglese si diverte con la vita, attraverso una canzone invitante alla meditazione... tanto si fa per amare, in un gruppo, che fa umilmente professione di umiltà...».
        Sulle ali della musica e di questi «toccanti» commenti, in un clima ideale per meditare, egli «contempla», sorseggiandola, la lettera di S. Gaetano, sacerdote, Il Santo della Provvidenza, «ruminando» a lungo l'espressione finale: «...non ricevere G. Cristo, per servirtene secondo il tuo intendimento, ma piuttosto donati a Lui, perché sia Lui a fare di te e in te tutto ciò che vuole».
        Dopo il «Giornale dall'Italia» delle 5,45, di nuovo un tuffo nella musica, questa volta, «da fuori legge», come alla sera precedente in «Quark» aveva visto «cavalli da fuori legge », per re-immergersi in Lodi dopo un commento stimolante del presentatore, che aveva puntualizzato il senso dell'amore, da potersi esprimere in due modi diversi: l'amore che nasce dalla sublimazione, strappando la persona amata dalla concretezza; l'amore che nasce dal bisogno di protezione...
        Le «mammelle» ormai erano pronte, per la «distribuzione» del latte, alla Messa comunitaria delle 7,30, celebrata quel giorno in una Cappella, da poco ristrutturata e riportata in semplicità alla bellezza originaria, dall'entusiasmo di alcuni giovani e dalla «ricchezza inesauribile» della povera gente.
        In questa chiesetta c'è un altare laterale, dedicato a S. Gaetano, il Santo della Provvidenza: testimonianza della fede del passato.
        La Parola, quella mattina, è integrata dal Santo stesso, attraverso una sua lettera «sprizzante» amore per «Cristo Benedetto e sua Madre», che ciascuno accoglie come rivolta a sé.
        I giorni successivi trascorrono nella ordinarietà, ma in sovrabbondante pienezza, completata al giorno successivo con la testimonianza di S. Domenico, del quale la lettura propria ricorda: «...uomo secondo il Vangelo, nelle parole e nelle opere. Durante il giorno nessuno era più socievole, nessuno più affabile con i fratelli e con gli altri. Di notte nessuno era più assiduo e più impegnato nel vegliare e pregare. Era assai parco di parole e, se apriva la bocca, era o per parlare con Dio nella preghiera, o per parlare di Dio...».
        In un quadro del Rosario, conservato in parrocchia, S. Domenico (11701221 - Festa: 8 agosto), fondatore dell'Ordine domenicano, nel gesto di ricevere la corona dal Bambino, è raffigurato nell'atteggiamento di sostenere la Madonna, insieme a S. Pietro da Verona (1203-1252 - Festa: 29 aprile), anch'egli domenicano, martirizzato dagli eretici in un agguato, con un colpo di mannaia sulla testa, nel gesto di prendere il Rosario dalla Madonna. Insieme ai due, sono raffigurate S. Rosa da Lima (1586-1617 - Festa: 23 agosto), con una corona di rose in testa, maceratasi in penitenze e mortificazioni, ugualmente nel gesto di ricevere la corona dal Bambino, e S. Caterina da Siena (1347-1380 - Festa: 29 aprile), con in testa una corona di spine, a ricordo delle dure penitenze corporali, cui si sottopose, trovando la forza nella preghiera, specialmente del Rosario, che sgrana con la sinistra. Un meraviglioso messaggio da cogliere... visivamente.
        Alla festa di S. Lorenzo M. si attendeva di trovare nell'ufficio delle letture, una frase molto significativa, che aveva ben «memorizzato» nel lontano 1952, proprio mentre preparava la tesina surricordata, nella musicalità del testo latino: «Superàri càritas Christi fiamma non potuit; et ségnior fuit ignis, qui foris ussit, quam qui intus accéndit».
        Deluso di non averla trovata nel testo in italiano, per una viva esigenza di «verifica», ricorre al testo latino preconciliare, dove riscontra che faceva parte di un discorso di S. Leone Papa, non riportato nel Breviario riformato.
        Esclusione voluta dalla dura e fredda legge del «liturgismo rubricistico»: senza nulla togliere alla bellezza della lettura presa da S. Agostino, si poteva almeno inserire come lettura facoltativa anche l'altra, con quell'espressione, che sintetizza tutto un programma di vita: «La carità di Cristo non potette essere superata dalla fiamma (esterna), in quanto più fiacco fu il fuoco che bruciò fuori, di quello che infiammò dentro». (l'ostinazione è, ancora una volta, premiata!)
        All'indomani, il convito domenicale, allietato anche da una coppia di sposi, che si giurano fedeltà nel Signore, lo tiene ugualmente impegnato, al punto che alle 23 «casca» letteralmente nel letto, con un sonno però a «singulto», fino alle prime ore dell'alba di una nuova giornata feriale.
        Ma anche quella ferialità si carica di mistero alla Messa, in cui la Parola rivolge a tutti un pressante invito alla «conversione». Il primo suggerimento viene dalla Ia lettura: «Circoncidete il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice...», completato dall'annunzio di Gesù ai discepoli: «Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà».
        Dopo la Messa, un breve ringraziamento, cui segue un «arrabbiato» sfogo con una persona consacrata, per situazioni di «sclerocardìa», anche fra anime... elette.
        Dopo questa lunga «carrellata», è ormai tempo di una tappa di riflessione sul materiale «prefabbricato» nel lontano 1976 che, per motivi di brevità, si riporta soltanto nella sintesi del 1979, per cercare di capire la «trama» di questa trasvolata, «decollata» dal deserto e «proiettata» nel mistero.

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