GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - Seminario

Seminario.
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        L'ultima domenica, trascorsa in paese, è particolarmente intensa e ricca di emozioni. Alla mattina, in chiesa, durante la messa, Zino si sente come «mangiato» dagli occhi compiaciuti della gente e dalla cordiale simpatia dei chierichetti, in cui non mancava una punta d'invidia, per il senso di avventura, che caratterizzava quella partenza.
        Le emozioni continuano con il saluto di commiato in casa di parenti ed amici, che non mancano di concretizzare la loro affettuosità in regalie, conservate gelosamente dall'interessato per l'acquisto dei testi scolastici. Si giunge così, verso mezzanotte, all'abbraccio con gli intimi e con la mamma, in cui non manca qualche lacrima, venuta fuori di... soppiatto!
        Altri due coetanei, hanno fatto gli stessi preparativi, per raggiungere insieme il seminario, e, a mezzanotte, si ritrovano tutti all'uscita del paese, ragazzi e accompagnatori, con rispettive cavalcature. Inizia così l'avventuroso, faggio attraverso strade campestri, facilitato, fortunatamente da un bel chiaro di luna, che tiene silente compagnia alla comitiva, fino alle prime luci dell'alba.
        Zino, che in quel viaggio sta assaporando l'inizio della realizzazione di un sogno, sente quel seleniano chiarore come una... delicata carezza, che prolunga quella della mamma...
        Allo spuntar del sole, è necessaria una tappa di «respiro e vettovagliamento», per uomini e bestie. Verso le dieci si giunge finalmente al seminario, che colpisce subito la fantasia dei ragazzi, per la sua imponenza: corridoi che si perdono a vista d'occhio, camerate immense con oltre una ventina di letti, numerose stanze per il personale docente e non docente, grandioso studio, attrezzato di una settantina di comode scrivanie, grande refettorio, veramente un po'... cupo e poco invitante a mangiare, fornito di lunghi tavoli, con piani in lastre di marmo... freddi anche questi e poco invitanti alla consumazione che, ... fortunatamente o disgraziatamente!... non aveva bisogno di stimoli appetitivi.
        Il refettorio è in comunicazione con la cucina, attraverso una ruota a forma di cilindro, chiuso solo per metà da un foglio di compensato, girevole su un asse centrale, e con due piani di appoggio all'interno. Su questi piani venivano sistemati, dalla parte della cucina, i piatti, ritirati poi dall'altra, dopo un mezzo giro del cilindro.
        L'aggeggio era così strutturato, non solo per la naturale riservatezza del lavoro di cucina, ma soprattutto per impedire che i seminaristi potessero guardare le suore impegnate dall'altra parte. Questo nelle intenzioni degli «educatori», cui corrispondeva immancabilmente il contrario, perché i birboni, sempre per il gusto del vietato, trovavano il modo di spingere in cucina qualche... sbirciatine maliziosetta, attraverso spioncini segreti, riservati agli addetti alla distribuzione delle vivande.
        Il seminario era fornito di un grande giardino, da cui si ricavavano ortaggi e frutta, e di una graziosa villetta con vasca e zampillo, con aiuole ben ornate e muretti di cinta coperti di rampicanti e rose variopinte. Si era anche provveduto a fornire il complesso di acqua, da una vicina «fonte», con una conduttura in proprio. I fondatori avevano pensato a tutto: all'utile, al funzionale, e persino all'estetico, ma per lo sport, nemmeno un lontano pensiero.
        Tutta la struttura, veramente imponente per quei tempi, per la sua funzionale grandiosità, colpiva positivamente la fantasia dei ragazzi che vi entravano, aiutandoli a liberarsi gradualmente dall'idea, soggiacente alla mentalità comune, che, entrare in un Istituto religioso significasse «andare a chiudersi», come prigionieri, più o meno volontari.
        Al pregiudizio poteva corrispondere una triste realtà, soprattutto per quelli che, non avendo fatto inizialmente un'opzione di fondo, non potevano facilmente rassegnarsi, con pazienza e costanza, a sacrifici e rinunce, al distacco dagli affetti più cari e da tante abitudini di vita, in spirito di adattamento e di tolleranza.
        Pertanto, alcuni tornavano a casa dopo pochi giorni o dopo qualche settimana; altri tenevano duro, pur mordendo il freno, fino alle vacanze natalizie, per non più tornare; altri, pur non trovando naturale quel sistema di vita, vi si adattavano, per motivi non attinenti ad un indizio di vocazione sacerdotale, ma per necessità o personali o di famiglia; infine c'erano di quelli che, colpiti dall'ideale sacerdotale, pur non essendo sicuri, (e come potevano esserlo?) della propria vocazione, iniziavano pazientemente un cammino di ricerca, per verificare l'autenticità di una tendenza.
        Zino, dopo tutte le esperienze vissute nell'ambiente naturale della famiglia, inizia anche lui quest'avventura verso un ideale, che lo affascina. Tale fascino, con la sua forza di attrazione, non può naturalmente dargli certezze, ma si rivela d'incitamento e di sostegno nell'iniziare questo cammino avventuroso e piacevole, ma anche insicuro ed aspro, a volte entusiasmante ed a volte deprimente.
        La strada da percorrere non era sempre in pianura, offriva faticose salite e pericolose discese, vette che aprivano allo stupore e valli che davano un senso di oppressione.
        L'ambiente in cui l'esperienza avveniva, pur con la buona volontà di tutti, non poteva certo compensare la lontananza dalla famiglia e dal paese natio, anche a causa del disagio alimentare dovuto alla guerra, cui, le periodiche «provviste», inviate da casa, supplivano solo in parte. Queste poi, mentre per alcuni erano occasione di fraterna condivisione e di comunione, per altri, di ripiegamento egoistico e di divisione.
        Per quanto, questi atteggiamenti di chiusura stuzzicavano spesso la furbizia degli altri, che si divertivano ad alleggerirli del lavoro di consumazione, organizzando dei piani strategici di intervento, per ridimensionare situazioni di vergognosa sperequazione.
        In uno di questi interventi punitivi, dopo una consumazione «comunitaria» di un ricco e variegato rifornimento alimentare, si avvertì anche il bisogno di un ... buon goccio di vino, da attingere direttamente ad alcune bottiglie, che lo stesso proprietario conservava gelosamente in uno scatolo di cartone sotto il letto.
        Pertanto, mentre alcuni si prodigavano a tenere impegnato l'interessato in animati giochi o discussioni, i più intraprendenti, a turno, si stendevano sotto il letto e... tracannavano qualche sorso, in proporzione di ... arsura.
        Sfortuna volle che uno di essi, nella fretta del momento, sbagliasse «obiettivo», tracannando un sorso d'inchiostro, fatto con polverina sciolta in acqua, conservato in una bottiglia, nello stesso scatolo.
        Logicamente, dopo il deludente assaggio, il malcapitato buttò fuori il secondo sorso, imbrattandosi tutto e correndo in quelle condizioni verso il lavandino, fra le risate generali e il grido inferocito della belva «ferita». Un film divertentissimo, offerto gratuitamente anche a superiori e personale di servizio!
        Un altro, a circuito chiuso, riservato al gruppo organizzativo, fu realizzato successivamente, in grande stile, con un «assalto» alla dispensa, alleggerita a vista d'occhio, di «materiale bellico», trasferito sotto alcune pedane di cattedra, in varie aule scolastiche, da cui veniva prelevato gradualmente, per una «consumazione» particolarmente gustosa, prolungata nel tempo.
        Per l'occasione, fu subito istituita dai superiori una speciale «commissione», incaricata di fare una meticolosa perquisizione nei comodini personali, negli armadi, nelle scrivanie di ciascuno e dovunque, alla ricerca della «refurtiva», senza venirne mai a capo.
        Eppure, l'abbondante provvista fornì, per circa un mese, numerose e fameliche bocche, sollecitando, durante le ore di lezioni, furbeschi e divertiti ammiccamenti, tra i vari membri dell'impeccabile «servizio segreto», alla faccia degli investigatori che, avendo spesso la refurtiva sotto i piedi, non avrebbero dovuto sbizzarrirsi tanto, a fare «cervellotiche» ipotesi di lavoro, a volte anche ridicole, ma esercitare soltanto un po' di... fiuto canino!
        Un altro significativo assalto, questa volta però di tipo... distruttivo, fu fatto in giardino, d'inverno, ai danni di «innocenti cavoli», cui si fece fare l'esperienza di offrire le radici... all'aria fredda... per impedire che finissero troppo spesso, dopo la prova del... fuoco, sulle fredde lastre marmoree del refettorio - obitorio!...
        Erano i primi esperimenti nel mondo vegetale, di eutanasia!..., ad opera di esperti, che avevano preferito al semplice taglio chirurgico, questo intervento «radicale», onde impedire che spuntassero «teneri broccoli», a sostituire la mancanza delle mamme-cavoli.
        A quei tempi, non si concepiva nemmeno un eventuale pericolo di ricezione passiva, in comode poltrone di «felpati tinelli», dei programmi di mamma televisione, ma c'erano a gettito continuo, delle programmazioni concepite e realizzate in tutti i dettagli, col protagonismo di ciascuno e di tutti, dietro sollecitazione, non certo di pionieristici educatori di stimolanti strutture educative, ma soltanto di... mamma-necessità.
        Era questa mamma energica che spingeva, non soltanto ad impegni scolastici dei più volenterosi, ma anche a stimolare le capacità di tutti ad esprimersi in «bravate», che veramente «infioravano» il cammino di vita, anche in tempi tristi e in ambienti «chiusi», senza parlare della «chiusura mentale» di tanti educatori, anche nei seminari, dove erano «addetti a prefabbricare» i preti del futuro.
        L'imbavagliamento cominciava subito con la «vestizione solenne della talare», per avere immediatamente, quasi per magia, pretini in... gestazione, predestinati a volte, con vergognosa opera diseducativa, ad essere in un domani preti-nani!
        Ma, fortunatamente, la natura ha sempre avuto delle risorse meravigliose, per immunizzarsi, anche dalle più gravi storture educative, per cui la stragrande maggioranza di quei «pretini», abortivano naturalmente, nel corso della gestazione: sarebbe interessante fare al riguardo delle indagini statistiche, per cercare di capire, con analisi serie e critiche, senza le facilonerie dei nostalgici del passato «temporis atti laudatores», i motivi per cui si entrava in seminario e le cause determinanti quegli innumerevoli aborti. Potrebbe essere indicativo il fatto «storico» che, dei numerosissimi «pretini», avviatisi in 1^ ginnasiale con Zino, solo lui ha visto... la luce del sole sacerdotale, non certo perché fosse migliore degli altri, nati a missioni diverse, o per merito di strutture educative, tanto decantate. E non sarà stato certo un... caso unico!
        Ci si può facilmente convincere, alla luce del passato, che soltanto i caratteri «vaccinati» dalla vita, autocostruitisi sotto l'azione diretta dello Spirito Santo, e sostenuti da qualche «autentico educatore», abbiano completato il periodo di normale gestazione, per nascere... sacerdoti-maturi.
        È anche umanamente comprensibile che, tra questi, capitasse qualcuno che, per motivi diversi, arrivasse al sacerdozio, riuscendo poi, con l'aiuto del Signore, ad integrarsi, oppure a pagare nella vita le conseguenze di una «non-scelta».
        Negli anni '40, ci pensò la guerra a ributtare nel mondo reale Zino e compagni, reimpiantandoli in famiglia, tra la gente semplice del proprio paese, anche se tutto sembrava crollare, senza nessuna prospettiva di soluzione futura.
        Anche per Zino sono anni terribilmente duri, che lo caricano di maggiori responsabilità, pur nell'ebbrezza della libertà adolescenziale riconquistata.
        Si trova catapultato nel suo mondo contadino, ad immergersi nella tormentata vita paesana, misera e schietta, a contatto con i coetanei, senza discriminazioni di sesso, e con la natura, coi suoi spaziosi e diletti paesaggi.

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