GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - Ci hai fatti per Te, o Signore...

Ci hai fatti per Te, o Signore....
__________________________________________

        Il bambino, nascendo, continua ad alimentarsi dalla mamma con un nutrimento adeguato alle sue esigenze fisiologiche, fino al divezzamento, che lo prepara man mano ad una maggiore autonomia: dialettalmente, slattare un bambino è indicato con un espressione molto significativa «s-mammà lu criatúro = separare le creatura dalla mamma», come in una seconda nascita, col travaglio anche questa di una crisi.
        Anche su un piano educativo l'uomo nasce «persona», orientata alla crescita, prima naturalmente con allattamento, dall'ambiente familiare, e poi criticamente dall'ambiente sociale, come dopo lo svezzamento, in un continuo cammino di autorealizzazione. Sin dai primi anni della fanciullezza, l'individuo, «essere chiuso in se stesso», deve essere iniziato, più dagli educatori naturali (genitori) che dagli altri, ad «aprirsi al dialogo», con tutta la realtà che lo circonda. Inizia così il processo di maturazione, che deve portare alla formazione della «personalità», attraverso lo sviluppo, la gerarchizzazione e l'armonizzazione di tutte le sue potenze interiori.
        E poiché il nucleo della persona è la capacità di amare, «personalità» è la «persona» che attua gradualmente questa sua capacità di comunione con Dio, gli altri, la natura. La personalità di ciascuno quindi è caratterizzata dalla qualità e dal grado di dialogo, con cui l'Io entra in comunicazione con il Tu, attraverso tanti segni: linguaggio, gesti amichevoli, espansività, abbracci, doni, condivisione, uso delle cose, ecc.
        Tale relazionalità, dimensione essenziale nell'uomo che voglia realizzare se stesso, è stata definita dagli esperti «capacità-tendenza-bisogno» di un Io di entrare in rapporto:

        ...intimo con un Tu trascendente, infinito ed eterno di Dio, attraverso il dono totale, sommo e incondizionato di sé, e attraverso l'accoglimento del dono di Dio «religiosità»;

        ...più o meno intimo con indefiniti Tu, e quindi in una molteplicità di relazioni, anche se con una certa superficialità «socialità»;

        ...con un Tu particolare, attraverso il dono totale si sé e l'accoglimento del dono dell'altro «sessualità»: un rapporto di tipo sociale diventa sessuale, quando è vissuto come particolare, intimo, unico, oblativo, complementare, profondamente sentito, con tendenza a manifestazioni esterne;

        ...con un Tu materiale, in senso analogico, attraverso l'utilizzazione delle cose o di un Tu ridotto a «cosa», «rapporto oggettivante o così-ficante».

        Questo quadruplice dialogo, che l'Io intreccia con il Tu, è regolato da altrettanti atteggiamenti morali: la religiosità regola il dialogo dell'uomo con il Tu supremo; la giustizia regola il dialogo dell'uomo con la società; la castità regola il dialogo dell'uomo con un Tu particolare; la temperanza regola il dialogo dell'uomo con le cose.
        L'uomo regola pertanto la sua dimensione dialogica, entrando in comunione con il Tu di Dio, il Tu sociale, il Tu umano e il Tu materiale.
        Ciascuno, liberamente e responsabilmente, decide di privilegiare questo o quel rapporto, evitando ogni radicalizzazione, e quindi senza rifiutare pregiudizialmente affinità, interazioni, implicante dell'uno con l'altro, per poter prevenire ogni pericolo di «sclerosi», nel processo di maturazione.
        Una religiosità, che si chiudesse in una dimensione spiritualistica, col Tu trascendente, a proprio uso e consumo, o solo incarnazionistica, non porterebbe certo alla crescita armonica e completa dell'individuo.
        Così pure una sessualità, non ridotta a semplice genitalità (cui purtroppo spinge tante volte la nostra civiltà consumistica, con un lavoro alienante, che desessualizza l'uomo, sollecitandolo a forme di compensazione esasperante), ma che si esprimesse in tutto l'essere, con un eros liberante, socializzante, piacevole, gioioso, aiuterebbe certamente gli uomini a superare le fratture che li dividono, anche nell'ambito della coppia, aprendoli ad un amore sociale più profondo, più ampio, più gratificante.
        Anche la pratica della verginità, all'interno della tradizione cristiana, vissuta profondamente in unione sponsale con Cristo, «identificato» nei fratelli, può sollecitare beneficamente la sessualità, ad aprirsi più radicalmente al sociale.
        Cristo stesso assume lo stato di verginità proprio come espressione del più elevato termine di sponsalità dell'umano con il divino. Nell'unione sponsale delle nature, la verginità è l'esemplificazione diretta del fine soprannaturale di tale unione, finalizzata al recupero della comunione trinitaria.
        H.U. von Balthasar in «Il tutto nel frammento» P. 245, così si esprime: «Il verbo incarnato è vergine per raccogliere così nella vita eterna la differenza dei sessi, con tutto ciò che essa comporta di umiliazione e di gloria».
        In Lui infatti come coesistono in piena armonia umano e divino, così, analogicamente, si compenetrano il maschile e il femminile, in tale armonia per cui non esistono più in Lui né uomo né donna, segno tangibile di ciò che si verificherà per ciascuno di noi nella gloria (cfr. Gal. 3,28).
        Di qui la scelta di alcuni che, rinunciando alle espressioni affettivo-genitali della sessualità, ma senza rinunciare al senso della propria «paternità o maternità», si dedicano totalmente al Tu di Dio, che vedono riflesso sul volto di ogni fratello, realizzando ugualmente lo sviluppo integrale della loro personalità.
        Questa testimonianza sarebbe oggi più «capita» dalla gente comune e, conseguentemente, più «significativa», se, insieme alla consacrazione celibataria, ci fosse anche quella sponsale.
        I tempi sono ormai maturi anche per queste scelte coraggiose: sarebbe un grave peccato di «tradimento» allo Spirito, se la Chiesa, in un domani, più o meno vicino, dovesse giungervi solo in forza della «necessità». Sarebbe una «non-scelta»! Le devianze che si verificano nella Chiesa, poche o molte che siano, non possono ancora lasciarla indifferente, ma debbono spingerla ad una verifica serena, umile, critica della situazione.
        Del resto, sia le scienze umane che quelle biblico-teologiche hanno evidenziato, che nessun concetto si avvicina tanto al concetto di sessualità, come il concetto di religiosità, per cui non si può rifiutare pregiudizialmente questo accostamento, anche se può turbare qualche spirito «ipersensibile».
        L'Io, con i suoi desideri infiniti, per realizzarsi in tutte le componenti umane, è naturalmente orientato verso un Tu, con cui integrarsi. Ma nessun Tu creato riesce a colmare i vuoti abissali dell'Io: non le persone, che hanno gli stessi immensi vuoti, e tanto meno le cose.
        Nell'incontro dell'Io umano con un Tu umano nell'amicizia, nell'amore, nel matrimonio, i due assommano i loro desideri, senza riuscire a riempire i due immensi vuoti. Anche l'incontro sessuale, che è il più totalizzante a livello umano, non può riuscire in questo tentativo di sostituire l'incontro con il Tu infinito.
        L'uomo e la donna, essere sessuati, non solo fisiologicamente, ma in tutte le loro espressioni esistenziali, vivono la loro sessualità nella profondità del loro essere umano, là dove si stabilisce la persona, l'Io: una realtà che sfocia nella comunione dell'Io con il Tu.
        Questa non si realizza una volta per sempre, ma si approfondisce indefinitamente per tutta la vita in libertà, oblatività e recettività, nell'impegno di costruzione dell'unità della coppia.
        Tale unità è il frutto di due doni liberi e gioiosi e, contemporaneamente, di due accettazioni libere e gioiose, non necessariamente a livello corporeo-affettivo, ma inevitabilmente, pena il fallimento del rapporto, a livello «personalistico» nell'aspetto più profondo dello «essere persona».
        Ci sono, del resto, persone che, pur avvertendo le normali tendenze affettive ed istintive, sul piano umano, riescono ad attuare un incontro intimo con il Tu di Dio (o un Tu ideale) ed a raggiungere un equilibrio di personalità veramente raro, pur rinunciando all'attuazione delle tendenze affettive ed istintive verso un Tu umano.
        Cerchiamo di capire come ciò possa verificarsi.
        La relazione tra il piccolo Io umano e l'Infinito, trascendente, eterno Tu di Dio implica un'opzione fondamentale per Dio da parte dell'uomo, fondata sulla certezza dell'amore di Dio per l'uomo. Tale opzione esige che tutta l'esistenza dell'uomo, nei suoi pensieri, sentimenti ed azioni, sia rivolta a Dio, suo Principio e Fine, da cui scaturisce la Fonte inesauribile della sua felicità, la vera felicità, da non confondere col piacere o con la gioia.
        Il piacere infatti è qualcosa che tocca superficialmente l'uomo, attraverso la soddisfazione dei sensi, nell'uso delle cose o delle persone «cosificate», nella sola dimensione di corporeità. La gioia poi è una soddisfazione, più o meno profonda, dello spirito, sempre incompleta e passeggera, proveniente dallo stupore per le meraviglie della natura e dell'arte, dalle esperienze entusiasmanti della vita, dalle persone cui vogliamo bene e che ci vogliono bene, nella piacevole dimensione di «oblatività». Anche queste gioie passano, lasciando spesso una gradevolissima traccia di sé, senza poter colmare la «sete d'infinito» dell'uomo.
        Solo la felicità può rispondere a questa profonda esigenza dell'uomo: «ci hai fatti per Te, o Signore, ed è inquieto il nostro cuore, finché non riposi in Te» (S. Agostino). Questa inquietudine, dal sapore eterno, può trovare la sua soddisfazione piena e definitiva solo nell'incontro dell'Io umano con l'unico Tu esauriente, capace di riempire i suoi vuoti abissali con la felicità unica.
        Questa felicità inizia sulla terra, pur con tutti i limiti umani, nell'incontro dialogale con Dio, attraverso fede, speranza e carità, per proiettarsi verso un futuro escatologico, definitivo, esaustivo ed eterno. Il presente quindi si carica di «eterno», spingendo l'uomo in questa meravigliosa avventura verso l'Infinito.
        Una frase dello scrittore argentino Jorge Luìs Borges, in una sua poesia «Giudizio finale», sintetizza molto bene, con linguaggio immaginifico, questo concetto: «No hai un istante, che no este gargado come un'arma = non c'è neppure un istante, che non sia carico come un'arma».
        E noi abbiamo fra le mani queste armi, che sono le vere armi, con le quali possiamo contribuire alla realizzazione del progetto di pace e di giustizia di Dio, già qui sulla terra, in attesa che il Regno sia definitivo nei Cieli. Non possiamo quindi disprezzare il presente con tutti i suoi limiti e contraddizioni, che ci proietta verso la felicità «definitiva», sulle ali di un amore totale anche da parte nostra, come risposta all'amore fedele da parte di Dio, che dona tutto fino a dare se stesso «Dio sarà tutto in tutti».
        Certa cultura pansessualistica odierna, presentando la sessualità (per di più intesa in senso più istintuale che personalistico) come la realtà più profonda dell'uomo, riduce la religiosità a semplice «sublimazione» della sessualità.
        Le due realtà invece, pur collocandosi nello stesso arco dialogale dell'uomo, vanno intese in termini di autonomia, in quanto l'una non va confusa con l'altra, ma anche di correlazione, in quanto ambedue sono così simili e vicine, da possedere una capacità di reciproca compenetrazione.
        La relazione religiosa poi, pur essendo la più radicale e totalizzante, che l'uomo possa esperimentare, collocandosi tuttavia, in modo misterioso, nelle profondità del cuore umano, può essere espressa, in modo significativo, proprio dalla relazione sessuale.
        Questo accostamento non deve sorprendere, perché chi ha un minimo di familiarità col mondo biblico, non troverà difficoltà ad accettare l'idea: il rapporto amoroso tra l'uomo e la donna è costantemente assunto a modello di riferimento, per «rappresentare» il rapporto amoroso tra Dio e l'umanità, tra Dio e il suo popolo, tra Dio e la singola persona umana.
        Anche l'ulteriore riflessione teologica, partendo sia dal Vecchio che dal Nuovo Testamento, ha privilegiato questo aspetto rappresentativo della sessualità umana, per presentare il matrimonio cristiano come il «grande segno» del mistero nuziale tra Cristo e la Chiesa, in modo anche «efficace», in quanto introduce realmente gli sposi cristiani in questo mistero.
        La relazione sessuale, in questa luce biblico-teologica, diventa non solo segno, ma anche «anticipazione» della relazione «escatologica» che, come abbiamo accennato, inizia nell'oggi, con la partecipazione al Regno di Dio sulla terra, per proiettarsi verso il «convito eterno» della «comunione amorosa» di Dio con l'umanità salvata (cfr. Ap. 19).
        D'altra parte, la relazione religiosa, nella luce escatologica, si pone come «termine» di riferimento, cui è ordinata la relazione sessuale, pur nell'ebrezza momentanea del dono-accettazione.
        Quando l'uomo e la donna, questi incorregibili cercatori di dialogo, si incontrano, non cessano di cercare, ma, insoddisfatti di quell'incontro momentaneo, pur tanto estasiante, si mettono a cercare insieme, per giungere all'unico dialogo veramente esaustivo, definitivo e insuperabile: il dialogo con Dio. Essi, pur gustando la bellezza del dialogo sessuale, con la vibrante esperienza di una quasi «divinizzazione» del Tu umano, nella luce dell'innamoramento, provano una certa delusione, per il «non ancora» raggiunto... di qui la spinta a viaggiare insieme verso... l'eternità.
        Da quanto detto possiamo dedurre che il rapporto religioso, essendo di gran lunga superiore al rapporto sessuale, lo include fino al punto che alcune persone, non certo di... serie B, possono, con una scelta libera, rinunciare a vibrazioni affettive e ad espressioni fisiche della sessualità, senza subirne danni o limiti per la loro maturazione, anche nella dimensione sessuale.
        Condizione essenziale, per evitare scompensi di crescita, è l'attuazione, anche se lenta e graduale, di un rapporto sponsale con Dio profondo, vivo, autentico, libero, entusiasmante, affascinante... pur con tutti i limiti della natura umana.
        Alla base di questo rapporto così coinvolgente, ci dev'essere un amore, che si traduca persistentemente in «agápe»: un amore disinteressato, di benevolenza, che non pretende contropartita, sul modello dell'amore di Dio verso l'uomo.
        Agàpe è, a somiglianza dell'amore di Dio, l'amore che deve guidare il cristiano ad amare l'altro, per il bene dell'altro, fino all'oblio e al sacrificio totale di se stesso.
        Nella stessa prospettiva, chiunque si consacra a Dio, con la consacrazione speciale di una libera scelta celibataria, è chiamato a vivere coerentemente la castità, come rapporto profondissimo, attraverso il dono totale ed unico di sé, con il Tu di Dio, nella cui Paternità può scoprire ed esperimentare la propria paternità verso gli altri.
        Tutto questo richiede grande maturità, cui debbono mirare sia le persone interessate, che le strutture educative, perché soltanto per cercare Lui, in maniera più diretta e più forte, è spiegabile la scelta di uomini e donne, che rinunciano all'incontro totale con l'altro sesso.
        E soltanto se è fatta con questa motivazione, di apertura totale all'Altro, esplicitamente o solo implicitamente, la rinuncia alla pratica sessuale non impoverisce, anzi arricchisce la persona.
        Nessun altro ha tutto quello che ci basta, fino a che non si arrivi all'Altro, che ha tutto: sia del maschio che della femmina; l'Altro, che soddisfa appieno anche i nostri più piccoli desideri, giungendo a prevenirli tutti; l'Altro di cui siamo fatti a immagine e somiglianza; «Dio».
        È Lui che sta sotto quel nostro bisogno profondo e irrefrenabile di comunicazione, di dialogo, di simbiosi, di voglia matta di essere ammirati e di ammirare, di dare e di ricevere sorrisi, carezze, gioia...
        Tutto in noi, dalla testa, anzi dai capelli, ai piedi urla: «Ho bisogno dell'altro», e, di altro in altro, fino all'ALTRO, rendendo la vita una perenne primavera, che apre alla stagione degli amori e dello... AMORE, non in una dimensione di complementarietà utilitaristica, ma di arricchente reciprocità.
        La puntualizzazione di cui sopra si è resa necessaria per capire meglio il significato di una scelta vocazionale, con le difficoltà, conseguenti alla sua realizzazione.
        Quella di Zino, concepita nel fuoco, nata nel travaglio, nutrita in famiglia con ... latte naturale e artificiale, è ormai giunta al periodo critico dello svezzamento. L'opzione fondamentale, che la crescita della vocazione richiedeva, già difficile per le disagiate condizioni economiche della famiglia, sembrava addirittura impossibile, a causa della guerra da poco scoppiata.
        Zino, pur avvertendo il fascino del Sacerdozio, è cosciente di non poter tirare troppo la corda in famiglia, per cui, realisticamente, si orienta per la politica dei «piccoli passi».
        Strappa ai genitori il permesso di frequentare una Scuola di Avviamento, in un paese distante circa 8 chilometri, dove sarebbe arrivato a piedi giornalmente. Sembrava che la cosa procedesse bene perché, con l'entusiasmo di poter continuare gli studi, aveva scoperto il «segreto» per mettere le... ali ai piedi, come dimostrerà anche in prosieguo, per le sue «inesauribili» capacità podistiche.
        Anche lo stupore per la natura, di cui Zino si rivelava già un «patito», per la sua congenita sensibilità ecologica, facilitava questi... voli: allora non si parlava di ecologia, ma l'equilibrio ecologico si viveva!
        Purtroppo, dopo alcune dure esperienze di corsa sotto la pioggia battente, e alle prime minacce dei rigori invernali, si convoca un ... consiglio straordinario di famiglia.
        Sembra una congiura, per convincere l'interessato a rinunciare all'impresa, apportando motivazioni che padre e un fratello maggiore, a casa per licenza, si impegnano a prospettargli. Egli veramente non ha dovuto faticar molto, per convincersi della validità delle loro «calorose» (anche per la vicinanza del fuoco, alla sera, dopo cena...) argomentazioni, ma, altrettanto calorosamente chiede di avere la possibilità di studiare come autodidatta, per poi presentarsi agli esami privatamente.
        La sua fermezza, sostenuta dallo sguardo vigile della mamma, che, senza proferir parola, svolge brillantemente la sua funzione di ... avvocato d'Ufficio, convince il padre a cercare una soluzione diversa.
        Infatti, un giovane maestro, amico di famiglia, messo al corrente della situazione, si offre gentilmente a preparare Zino, per l'esame di ammissione al ginnasio, da privatista.
        La Provvidenza continua a «ricamare» il suo disegno, anche se questo, a causa di imprevisti e inceppi di percorso, non risulta sempre evidente nell'intreccio delle circostanze quotidiane, proprio come quando si osserva un ricamo dal retro, col suo intrico inspiegabile di fili.
        L'entusiasmo delle prime esperienze d'insegnamento del maestro, e la comprensibile diligenza del discepolo contribuiscono al conseguimento di una buona preparazione di base, anche per gli studi successivi, soprattutto in Italiano e Matematica, con una «cotta passeggera» per il disegno, trasmessagli per simbiosi dal docente. Questi al momento opportuno, predispone l'incartamento necessario, per l'esame nel capoluogo di provincia, e il servizio di pensione presso una famiglia.
        Il giorno precedente all'inizio degli esami, Zino, servendosi dell'unico e traballante «postale» di servizio dal paese, fa il suo primo, fortunoso viaggio in città, dove avrebbe dovuto incontrare il maestro, proveniente da Napoli, per la sistemazione logistica.
        Caso volle che il maestro non giungesse, e, dopo lunghe, interminabili ore di attesa, non avendo egli il recapito della famiglia, che lo avrebbe dovuto ospitare, torna in paese, in condizioni facilmente immaginabili.
        In famiglia, è un ... grande-piccolo dramma, perché il maestro si era reso irreperibile, non avendo dato notizie di sé nemmeno ai familiari, e c'era il pericolo che l'esame saltasse, se un altro «cireneo» non si fosse offerto a... prendere la croce!
        All'indomani, alle cinque del mattino, Zino riparte accompagnato da questo volontario (il volontariato non è nato oggi!...), ma, a causa di un guasto del decrepito postale, giunge a scuola con notevole ritardo.
        Ci vuole tutta la facondia dell'accompagnatore, universitario bloccato (il fenomeno non è solo di oggi!...), per convincere il capo d'istituto ad ammettere il ragazzo alla prova scritta d'Italiano. L'argomento decisivo a cui ricorre l'avvocato difensore, per riuscire nell'impresa, è stato il sentimento paterno. Il suggerimento gli viene, come dirà egli stesso, da un vistoso anello di fede (e poi dicono che... non serve!), che l'interlocutore portava alla mano sinistra. Un vero lampo di genio, gli suggerisce là per là: «se un vostro figlio...»
        Il preside non permette che il «valente avvocato mancato» (non è necessario un... pezzo di carta... per evidenziare qualità dialettiche) vada oltre, perché, di persona, accompagna Zino nell'aula di esami e gli fa dettare la traccia del compito di italiano.
        Nello stato d'animo in cui si trovava, sia per le peripezie di quella mattinata, che per quanto di indefinito l'attendeva all'uscita, svolge il compito come Dio volle.
        All'uscita dalla scuola, ha la gradita sorpresa di trovare il maestro che, scusandosi dell'involontario contrattempo, lo accompagna alla pensione prenotata.
        L'esame, per il suo esito positivo, pur con tutti i non piacevoli risvolti, diviene una piccola tappa di avvicinamento alla meta, cui Zino continuamente mira.
        Un sacerdote, con la sua squisita paternità, lo aiuta a vincere ogni indugio del padre che, finalmente, si convince di permettere al figlio l'inizio del suo viaggio vocazionale nel seminario.
        La famiglia ritrova il «fervore» dei tempi più critici della sua storia: il padre vende una batteria da cucina in rame, che, oltre tutto, non poteva più fare bella mostra di sé alla parete, per il pericolo di ulteriori pignoramenti; la mamma che, per lo stesso motivo aveva assicurato presso parenti la preziosa cassa del corredo matrimoniale suo e delle figlie, lo decima notevolmente, coinvolgendo anche le figlie a ridurre provvisoriamente la loro provvista di biancheria per il matrimonio, onde preparare il corredo al fratello in partenza; i fratelli maggiori assicurano il loro appoggio morale e, limitatamente alle poche disponibilità, anche materiale; la sorella minore ricama le iniziali del nome su tutti i capi di biancheria. Alcuni di questi erano anche finemente ricamati, e Zino ricorda con piacere il saluto di «Buon Riposo», ricamato sulle federe, e di «Buon Giorno», ricamato sugli asciugamani, che accoglieva come rivolto a viva voce, dalla mamma lontana.
        Sentimentalismo? Non direi, ma occasioni per iniziare o finire la giornata, con un pensiero rivolto alla famiglia, anche se fuggevolmente, per approfondire un rapporto di comunione a distanza, e per responsabilizzarsi ulteriormente nella opzione fondamentale.
        Questa coscientizzazione fu graduale, sollecitata sia dai sacrifici della famiglia, sia dalla generosità di alcune persone che, con fine riservatezza, cominciarono ad incoraggiare e sostenere, anche economicamente, uno dei numerosi chierichetti della parrocchia.

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home