'' SEVERINO E L'ARMONICA. - LE CASTAGNE DI SEVERINO. - SEVERINO E I FUNGHI. - SEVERINO. '' di Gennaro Ciampolillo
SEVERINO E L'ARMONICA.

Era a metà settembre o già finito,
l'estate a poco a poco era passata
ma l'aria dolce era un invito
a rimanere ancora lì, a Vallata.
All'improvviso da una strada antica,
giungeva un suono triste e delicato,
a me sembrò d'una vecchia armonica
e mi fermai attento ed incantato.
Una canzone che era una carezza,
che ora più nessuno canta mai,
vibrò nell'aria fresca ,in quella brezza:
io chiusi gli occhi e tutta l'ascoltai.
Parlava d'una vita ormai passata,
di nostalgia ,di persona amata;
chi la suonava, forse un vecchio amante
ma io non vedevo...eo distante.
Il timbro cadenzato, assai struggente,
unito al buon profumo delle more,
s'insinuava piano nella mente
e poi scendeva dritto,in fondo al cuore.
Un vecchio ritornello ripeteva,
di quando, un giorno, a mano, si mieteva:
"Patrona va la piglia la fiasc',
ru gran' nun è anfut' e manc' allasc'-".
E quel motivo dolce e delicato,
raccontava storie del contado,
parlava di chi un dì zappò la terra,
di emigranti e gente morta in guerra.
Volli saper chi fosse quell'artista,
che era ancor nascosto alla mia vista;
sarà un musicista assai importante
o chi lo sa, qualche noto cantante.
M'incuriosii e mi lasciai portare
da quella melodia particolare;
seguendo quelle note, come scia,
m'incamminai giù per quella via.
La musica giungeva assai più nett'
e io capii ...era lu rucanett'
ma non riuscii ad immaginare
chi lo potesse così ben suonare.
A volte,io pensai, fosse tromba
ma poi sembrava suono di violino,
alcune note gravi come bomba
o tristi come pianto di bambino.
Infine mi trovai in uno spiazzo
e vidi chi suonava lo strumento,
restai di sasso, lì, per un momento:
il musicista vidi...era Saverio.

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LE CASTAGNE DI SEVERINO.

Per la casa di Ragazzo
mi trovai a transitare.
Or vi dico con sollazzo
quello che può capitare.
Stava fuori al suo terrazzo,
sotto l'uva già matura.
Io pensai:"Questo è pazz',
non s'accorge ch'è già scur'?".
Severino ,senza fretta,
stava presso la buffetta.
Che faceva e che pensava?.
Doj castagne s'ammunnava.
"Severi' ma che cumbin',
a quest'ora della sera,
manc' fuss ' primavera?".
Io gli dissi lì vicino.
"Teng' fatt' nu panar',
tutt chin' r' castagn.".
Lui rispose chiar' chiar'
"e duman' m' r' magn'.".
"Vien' quì" mi disse in fretta,
"che ti spiego or sul posto,
questa mia buona ricetta
se vuoi far le caldarrosto".
"A castagne, scorza togli,
non appena le raccogli,
non tirare via la pelle,
mamm mia quant' so belle."
"Della buccia appen mondate,
così fresche ed asciugate,
metti presto in una teglia
e poi regola la sveglia".
"Statt' attient' e nun sbaglià,
ca mezzora hanna stà,
pure i gradi or ti dic'
accussì nun fai fatic'.".
"Duecentoventi esatt',
dentro al forno per mezz'or'.
Hai capito nun so' matt'
e pò vir' che sapor'.
Che profum' e che dolcezza
questa e' prelibatezza.
Hai capito caro Rino,
tu è sent a Severin.".
Io giocando dissi okkey,
come vuole adesso lei.
Egli disse:"Embè t' lagn',
che capisci r' castagn'?".

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SEVERINO E I FUNGHI.

Viene l'autunno con le piogge fredd'
e si raccolgono, maturi ,tanti frutt',
sia castagne che r' cardaredd'
che vengono lessati oppure cutt'.
La gente dice che è proprio espert'
e sa i riti e i mille trucc',
e senti nella piazza tant' allucc'
e chi r' sent' cu la vocca apert'.
Si mostrano chiodini e cardarell'
raccolti sopra i monti di Vallat';
ognuno dice ca li suj so bell'
e che so' tropp buon' e prilibat'.
Staj chi arriva anche lì a Muntell'
oppure sopra i boschi di Bagnol'
per arraffare qualche cardarell'
o doj bustarell r' spunsol'.
Raccontano di funghi mai vist'
e di raccolte enormi, esagerat'
giurann' su Maronn' e Gesucrist'
ca lasciano cu' l'uocchj spalancat'.
Per me ,soltanto uno è tropp' serio,
se di funghi parliamo e si discut',
e come tutti sanno, egli è Saverio
e nella Baronia è conosciut'.
Conosce bene tutta la materia
e prima di parlare egli s'informa,
legge, studia, mannaggia la miseria,
descrive d'ogni fungo odore e forma.
Un pò sornione ,ride il professore
se ascolta il piazza qualche cercatore;
se vede qualche fungo già raccolto,
esprime il suo parere ben accolto.
Io, come detto, ne capisco poco
ma se volessi un dì un bel porcino,
la mano metterei sopra al fuoco
e fiderei solo in Severino.

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SEVERINO.

Sotto al pergolato,
dal sole riparato,
ho visto stamattin'
Ragazzo Severin'.
Cu' penn' e fuoglj in man'
scriv' fatti paisan'.
Chissa' come ha truvat'
sti cunti r' Vallat'.
Lu chiama la muglier'
ma iss nun risponn'
ca pensa a nun cunfonn'
ru fals' cu ru ver'.
Sfugliann' libri e appunt',
metteva su quei foglj
notizie,date e cunt'
con precision' e voglj.
Rilegge e poi controlla,
fumann' sigarette;
chiù tardi ,copia e incolla
e sopra il sito mette.
E tu se sei stressato,
a leggere un pochino,
trovi di Severino
un fatto del passato.
Ritrovi personaggi,
proverbi, antichi detti
e anche brevi saggi
che sono i prediletti.
Ti parla di cucin'
e di funghi porcin',
di come si fa il vino,
secondo Severino.
Che tipo sto Ragazzo,
faceva il professore,
adesso esce pazzo
per fare lo scrittore
delle vicende antiche
e per Vallata vera,
profonde le fatiche,
scordando la mugliera.


Gennaro Ciampolillo

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