Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - Capitolo XI - Regole di prudenza.

CAPITOLO XI.

Regole di prudenza.

SOMMARIO. — La grazia proporzionata per ciascuno — Sempre santo — I lumi e le illustrazioni negli esercizi annuali — Propositi ed esami — Dolcezza nel parlare — Ancora propositi — Massime di prudenza — Massime per un Superiore — La somma praticità del Servo di Dio nei suoi rapporti col prossimo.


    La teologia e l'ascetica insegnano che Dio concede a ciascuno quanto gli occorre per rispondere alla missione che gli assegna.
    Il P. Di Netta fu Missionario esimio, fu Apostolo e redentore di popoli nello spirito: fu anche come vedremo, un Superiore modello, e Direttore perfetto di coscienze, Maestro di Novizi... ed in queste cariche ebbe sempre un contatto più o meno immediato con persone di ogni stato e condizione, con Padri suoi confratelli, con Superiori dell'Istituto, con Magistrati e con Vescovi, con operai e con coloni... Pur nondimeno egli non ismentì mai se stesso: fu sempre il P. Di Netta — sempre il Santo.
    Come vi riuscì? Sveliamo quest' altro segreto di sua vita, ed avremo di che imparare.
    Non gli mancò la grazia da un lato, perchè Dio lo circondò sempre di lumi e di aiuti, ma egli ben vi corrispose: ed è questa corrispondenza propriamente ciò che formerà l'oggetto del nostro studio, e della nostra ammirazione in questo capitolo.
    Il caro nostro Venerabile, secondo ]'uso e le prescrizioni delle Regole Liguorine, ogni anno attendeva con fervore indicibile a dieci giorni di santi Spirituali Esercizi. In questi giorni godeva di comunioni ineffabili col suo Dio, di illustrazioni superne, di moti al cuore... e qui egli, raccolto tutto solo nel suo interno, veniva a certe risoluzioni e propositi, che formavano il programma spirituale di sua vita, in rapporto specialmente al prossimo.
    Qualche cosa la vedemmo già in alcuno dei capitoli precedenti, ora occorre descrivere quello che servirà a spargere sprazzi. di luce nei capitoli seguenti.
    Al nostro Venerabile parve che per l'uomo apostolico due cose sieno sommamente necessarie: «l'esercizio della presenza di Dio, ed una grande prudenza nel parlare». E perciò durante gli Esercizi che egli fece negli anni 1816 e 1817, cioè al principio circa di suo apostolato, ebbe due propositi all'uopo, e due esami, che noi riporteremo per intero:
    « Rinnovo il proposito di non allontanare la mia mente dalla presenza di Dio, e di fare ogni cosa con la giaculatoria di S. Ignazio: Ad maioirem Dei gloriam.
    Esame. Presenza di Dio.

    I. Far tutte le cose comuni, perchè comandate da Dio, col pensiero che se malamente si fanno, o se non si fanno per lodare Iddio, ne dovremo rendere stretto conto.
    II. Pensare che non si può fare una buona orazione senza lo speciale concorso di Dio; così anche per le azioni indifferenti.
    III. Pensare che ogni parola da noi profferita è udita da Dio, così anche pei pensieri e per le azioni. Omnia nuda sunt oculis eius.
    IV. Dire spesso: Dio mi vede e mi ha da giudicare, e simili... ».
    Per ciò che riguarda il parlare, e il modo di governare la lingua, ecco come scrive:
    « Correggere il vizio di parlare senza necessità deve essere la mia occupazione da ora, 18 Giugno 1817, perfino che piacerà al Signore di liberarmene. Questo vizio, sì, mi devo togliere con l'aiuto di Gesù Cristo e di Maria Santissima.
    Esame sul silenzio.
    I. Non introdurre discorsi, questioni, nè far domanda che non sia di giovamento.
    II. Rispondere alle giuste, lecite, e convenienti dimande, brevemente e sensatamente.
    III. Fuggire i discorsi di niun giovamento, e se per convenienza si vi vuol parlare, si pensi e ripensi quel che si vuol dire, e se piace a Gesù Cristo ».
    Qualche anno dopo torna sull'argomento stesso, e scrive altre belle parole:
    « Iddio, la Vergine Santissima, mia cara Madre, e la Congregazione si son portati bene con me... Ma io mi son portato bene con essi? No. Dunque risolvo e rinnovo i propositi già fatti fin dall'anno 1816, sì in riguardo a Dio, che a me; ma specialmente di considerare Gesù Cristo nel prossimo, e trattarlo come dovrei trattare lui medesimo, e parlargli dolcemente, e mai adirarmi ».
    Però siccome non basta misurare e pesare le parole, ma si richiede altresì parlare con dolcezza, per rendersi accettevole innanzi a Dio ed agli uomini? egli continua con le seguenti parole:
    « A me pare, secondo il Signore m'illumina, che l'osservare i propositi finora fatti riguardo al prossimo, tutti si possono ridurre a parlargli con dolcezza, e far comparire nel mio volto sempre l'affabilità. Questo perciò risolvo di fare con l'aiuto di Gesù Cristo, e di Maria SS. Madre mia ».
    Con siffatte regole di prudenza, osservate sempre con rara scrupolosità, si diventa santi : non è meraviglia quindi se dovunque si recasse il Servo di Dio, suscitava, come vedemmo abbastanza, un vero plebiscito in suo favore, e se veniva tanto amato dai suoi compagni, dai popoli, dai Vescovi, dai dipendenti...
    Ma siccome pei santi il contentarsi è cosa sconosciuta, il nostro Servo di Dio non si arresta qui. Scorrendo nel di lui giornale è bello trovare pure norme, risoluzioni e massime, sul modo di comportarsi col prossimo, non già in genere, ma con tutti i ceti singolarmente, con secolari, con ricchi, con rozzi, con superiori, con sudditi, con penitenti, con fanciulli.
    Non tutto già si può riportare, ma neppure tutto si può tralasciare. Gustiamone perciò l'una o l'altra cosa:
    « Oggi 14 gennaio 1820, propongo non impacciarmi affatto affatto negli affari d' interesse dei secolari, per qualunque motivo apparente di carità, perchè non ci riesco ».
    « Oggi 21 gennaio 1820 , mi si è fatto conoscere che dove si porta più affetto, ivi si riceve più affanno: s' intende delle cose di terra. Ed io ricordo il sensato consiglio del P. Migliaccio, di felice memoria: Di ciò che non ci preme e non ci riguarda, non se ne deve dare conto a Dio ».
    « Oggi 27 marzo 1820 , propongo di non dar parola, o promettere di ciò che attualmente non è in mio potere... e però queste saranno le mie espressioni : Vedrò di poterla servire, ma non mi ci comprometto... ».
    Quanto senno in queste risoluzioni!... Il Servo di Dio in quanto religioso liguorino, era sottomesso ad una Regola, che gli vietava severamente ingerirsi in negozi di secolari, opportunamente perciò si premuniva con le risoluzioni su esposte.
    Tuttavia non si creda che quando trattavasi di cose di gloria di Dio o di bene delle anime, quando occorreva comporre litigi o togliere odi, estinguere discordie tra famiglie o prevenire fatti di sangue, non si creda, dico, che egli si rimanesse impassibile. Il contrario invece. In simili casi egli non si risparmiava in conto alcuno, qualunque fosse stato il suo disagio o fastidio. Perciò. egli era salutato universalmente angelo della pace; e in Tropea — tutti lo attestano — non vi era famiglia, non vi era persona, che non ricorresse a lui, arbitro per eccellenza, in qualunque triste incidente. Era il Padre Di Netta che veniva messo a parte di tutto, e quando egli interveniva tutto restava spianato; con lui tornava la pace e la calma. Forse avremo occasione di vederlo più diffusamente; per ora proseguiamo, e veniamo alle sue:
    « Massime di prudenza.
    « Dai secolari poco si spera, ma sempre si lascia. Dobbiamo con loro essere caritatevoli, ma prepariamoci a ricevere ingratitudini e tradimenti. Non toccar l'interesse se li vuoi amici.
    « Fuggi quanto puoi la loro compagnia.
    « Nelle Missioni leva le inimicizie, ma non toccare, nè entrare nei loro interessi o contratti.
    « Non stare mai in ozio, ma fatti vedere sempre occupato, epperò fuggi le loro conversazioni.
    « Puoi far miracoli, che non isfuggirai le loro censure.
    « Solo Dio e la salute dell'anima cerca.
    « Bisogna soffrir tutto per salvarsi l'anima... ».
    « Massime di prudenza per un superiore.
    « Ospitalità cristiana, ma non lungo. alloggio.
    « Non ci è vera amicizia, ma tutto è interesse.
    « Cerca quanto puoi i fatti tuoi.
    « Chi sempre offre, sempre perde.
    « Tutto è perduto ciò che non si dà ai poveri.
    « Con i ricchi tira quanto puoi la roba tua.
    « Con i grandi non essere troppo amico.
    « Con gli esercizianti cerca dapprima il tuo con dolcezza. Trattali poi con povertà, ma che ti restino obbligati.
    « Con i villani usa misericordia or ora, ma liberatene subito che puoi con bella carità, perchè sono fastidiosi e sempre t'inquieteranno.
    « Il Superiore devesi guardare di fare affezionare i Soggetti a qualche cosa, ancorchè buona, che non sia del fine dell'Istituto.
    « Essendosi Superiore, quando taluno cerca un favore che può incomodare la Comunità, si metta a consiglio di tutti , e si guardi il futuro, e le conseguenze.
    « Intorno a funzioni di Chiesa si prepari tutto il giorno innanzi, e la Comunità, e i Soggetti, e gli estranei se ne occorreranno.
    « Ama meglio di far poco con pace e sicurezza, che molto con rischio e tumulti.
    « Nelle opere pubbliche non intrometterti affatto, perchè solo confessare e predicare è il nostro fine.
    « Essendosi Rettore, bisogna i giorni della settimana dividerli -- per gli affari interni ed esterni, temporali e spirituali — alcune cose per la mattina, altre per la sera.
    « Il Superiore un mese prima avvisi i Soggetti di allestirsi per le Missioni; ma solo la sera antecedente alla partenza destini gli uffici; e non sia troppo familiare, ma contegnoso, e studi l'arte di farsi rispettare secondo la Regola.
    « Non bisogna sentire chi ad una cosa ha genio.
    « In tutte le cose da farsi o rinnovarsi, non sentire i maestri solamente, ma esamina tu stesso la necessità, l'uso antico, e il futuro.
    « Nel confessare e consigliare, non dirigere mai in cose d'interessi. ma rimetti loro agli avvocati.
    « Non credere agli estranei che accusano i nostri.
    « Carità sempre dolce, forte, e che abbia l'effetto la correzione, perchè gutta caval lapidem, verrà tempo in cui l'imperfetto si farà perfetto, il discolo si correggerà.
    « Mai scherzi, mai scherzi coi Padri fastidiosi.
    « Fa quello che stimi dinanzi a Dio, e ridi delle dicerie.
    « Sia l'austerità unita con la cortesia, e la dolcezza con la fermezza, ecc... ».
    « Da tutto questo non si può non ammirare il senno e la somma praticità che si contengono in tali massime. Ogni parola va ponderata... E chi conosce i popoli in cui visse il Servo di Dio, e tra i quali esplicò tutta la sua operosità, è forzato conchiudere che era Dio quegli che ispirava e dirigeva.
    Ma, veduto ciò, passiamo a considerarlo nelle varie cariche che occupò, e per le quali egli scrisse i propositi con le massime summenzionate. Così ammireremo come traducesse in pratica quanto nel silenzio della meditazione andava risolvendo: ammireremo il Superiore modello, l'esimio Direttore delle coscienze, il santo Maestro dei novizi... uffici tutti che disascondono l'interno lavorio della grazia nel nostro Servo di Dio, e ci manifestano gli altri lati della santità sua.

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home