Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - CAPITOLO XIII - In Confessionale - Direttore esimio.

CAPITOLO XIII.

In Confessionale - Direttore esimio.

SOMMARIO. — Le vere doti di un Direttore di coscienze — Tutto di tutti — Instancabile — Spinge all'amore al Sacramento ed alla Comunione quotidiana — Apostolo in ciò — La meditazione ogni giorno per tutti — Amore alla mortificazione — Sentimenti opportuni — Brevità di confessare — Rosario di giaculatorie per l'esercizio della presenza di Dio.


    Prima che il Servo di Dio lasci momentaneamente la Calabria per recarsi in Ciorani in qualità di Maestro di novizi, studiamolo nel confessionale, ed in un ufficio delicatissimo, di tanto bene alle anime , e che abbella le altre funzioni tutte del ministero Sacerdotale: intendo l'ufficio di Direttore delle coscienze.
    Il P. Di Netta ebbe all' uopo delle doti non comuni, anche considerandolo naturalmente; ebbe indole mite, maniere affabili, andatura umile e niente altezzosa, sempre alla mano e sommamente accostevole... Cose tutte che eccitano fiducia, ed accattano la confidenza delle anime, senza di che un Confessore o Direttore non potrebbe in esse operare gran bene. La grazia poi fece il resto.
    Perciò egli, appena Sacerdote, si acquistò tosto fama di grande moderatore delle coscienze, per cui a lui si correva da vicino e da lontano. Preti, religiosi e religiose, signori, madri di famiglie, Vescovi si confessavano da lui, o lo richiedevano di consigli, e il Servo di Dio fu sempre tutto di tutti.
    Instancabile nel confessionale, era quivi assiduo da mane a sera, e non ci fu caso che si rifiutasse mai. Fu varie volte in Tropea confessore ordinario e straordinario delle clarisse, e del Seminario, e dove non poteva arrivare di persona, suppliva con le lettere, di cui se ne conserva gran numero.
    A tutti egli sapeva ispirare l'amore alla pietà soda ed alla mortificazione, alla lettura spirituale ed alla meditazione, al ritiro, al silenzio, all'umiltà: le quali cose formavano per lui i capisaldi della vera divozione.
    E perchè tutto questo non può ottenersi senza un grande amore al SS. Sacramento, non può dirsi lo zelo con cui spingeva le anime ad un tale amore. Tutti i suoi penitenti, sieno stati sacerdoti o secolari, si distinguevano in ciò, e ciò formava, come a dire, la loro tessera di riconoscimento.
    Quindi consigliava loro di essere diligenti fin dalla prima mattina nell'andare a visitare Gesù in Sacramento, per raccoglierne, egli diceva, le prime spighe. Ed in ciò fare, insegnava senza volerlo col suo esempio insegnava esempio. Avveniva infatti che talvolta le sue penitenti di Tropea giungessero alla Chiesa dei Padri prima che se ne aprisse la porta: per non ritornare in casa, si fermavano ivi ad aspettare. Il P. Di Netta era già in coro, ed esse ne sentivano distintamente la voce: egli pregava già, ed esclamava: Dio mio, ti amo Gesù mio, tu sei il mio amore. — Ad una divota insegnò : La mattina quando arrivi in Chiesa, dirai: Gesù mio, ecco la pecorella che viene a te, te ne sei stato' solo tutta la notte, or eccomi a farti compagnia.
    Voleva ancora che esse si adusassero all'adorazione, specialmente dove Gesù se ne stava esposto nelle Sacre Quarantore, e per tale occasione si vedevano molti diretti da lui, sacerdoti e secolari, immobili per ore intere avanti al SS. Sacramento.
    Fuori di questa circostanza non voleva che le sue penitenti restassero molto in Chiesa , perchè le voleva occupate, amanti del lavoro, e nemiche dell'ozio , anche spirituale. Diceva loro perciò: Dopo che vi siete confessate e fatte le vostre divozioni, andate a casa a lavorare, e non vi fate prendere dall'ozio.
    A fomentare in loro un tale amore al Sacramento, voleva che avessero la S. Comunione ogni , giorno. Ed in questo mi gode l'animo poter chiamare il Di Netta « apostolo della Comunione quotidiana » quasi a preludere la nostra epoca, in cui l'amato Pontefice nostro, Pio X, togliendo tutti gli equivoci, e definendo esattamente quello che si richiede per la Comunione quotidiana, vuole che tutti la frequentino, e non già solamente coloro che vivono in Comunità o le persone di vita divota, ma tutti tutti, e fanciulli, e grandi, e madri, e uomini di affari.
    Il Venerabile nostro visse in tempo in cui non vi era lo slancio presente per la frequente Comunione, in tempo, cioè, più prossimo al periodo nefasto dei Giansenisti, e vi erano pure allora di taluni, che spinti da falsa pietà allontanavano addirittura dalla Comunione frequente, e tanto più dalla quotidiana. Il Di Netta, guidato da Dio, e condotto da vero spirito divino, praticava il contrario. Lo attestano tutti coloro che si dirigevano con lui, e ne fanno fede le stesse sue parole che s' incontrano nelle lettere che loro scriveva.
    Alla Sig.na Domenica Longo-Mazzapica in S. Cristina d'Aspromonte'scriveva: «... Fate male allontanarvi dalla Comunione, per cui vi dico di non lasciarla mai... » — Alla Sig.na Teresa Alessio: «... Ci bisogna perseveranza nelle opere di Dio, perciò non dovete lasciare la Comunione, da cui aspettare dovete la fortezza. Non piace quel lasciar tutto, quando siete disturbata: che anzi allora bisogna più attaccarvi alla devozione e pregare » ... E in altra lettera « ... Non lasciate la Comunione e la preghiera... »
    Alla Sig.na poi Pasqualina Brancatisano, anima assai delicata, ma tormentata dagli scrupoli, parla con maggior forza: « ... Senza perder tempo applicatevi all'ubbidienza, che Dio m'ispira di darvi: I° Fatevi ogni mattina la Comunione quando potete. 2° Ora che siete ammalata non fate alcuna penitenza corporale nel mangiare, e tutt'altro che può cagionarvi incomodo alla salute. 3° La virtù in cui vi dovete applicare è la frequente comunicazione con Dio, e sua presenza. Un' ora al giorno di orazione, e la visita a Gesù Sacramentato ed alla Madonna, ed altre poche divozioni... » Ed in altra lettera: «... La Comunione fatela senza meno ogni giorno... Non dovete lasciare la Comunione , se non vi è chiaro peccato mortale... » E altrove: « ... Lasciate la Comunione? E perchè non lasciate di mangiare? avete cura del corpo e non dell' anima? Non vi fate vincere dalla tiepidezza, proseguite le divozioni e la Comunione, come l'avete avuta assegnata, e, quando potete, prendetevi l' assoluzione... » E ancora: « ... I dubbi non sono verità, dunque quando non siete certa di aver commesso peccato mortale, non dovete lasciare la Comunione... » E finalmente in un' altra lettera alla stessa, per toglierle ogni angustia scrive nei seguenti termini: «... Non sono i confessori che principalmente santificano le anime, ma è lo Spirito Santo; onde confessatevi col primo che mi avete indicato nella vostra; siate breve nel dire i vostri difetti, che anzi non avendo materia grave, confessatevi una volta all'anno, ma ogni mattina la Comunione... ».
    Il Di Netta conosceva l'anima cui scriveva, con forza le impone la Comunione quotidiana, anche non confessandosi. Il solo peccato mortale vieta la Comunione, e quando esso non ci è, la si può fare tranquillamente. Non è questo l’insegnamento di Pio X sulla Comunione frequente e quotidiana ?
    Il nostro Venerabile voleva inoltre l'uso della meditazione pure quotidiana, e perchè non tutti hanno l'opportunità di farla privatamente, la consigliava nelle Missioni ai Parroci per farla col popolo, o la mattina o la sera, nella visita al Sacramento. Di ciò abbiamo parlato a suo luogo. In Tropea poi aveva pregato una buona signora, attempata e molto pia, la signora Grassi, e nella casa di essa in date ore della giornata si univano le penitenti più ferventi del caro Padre, ed in comune praticavano la meditazione, ed anche un po' di lettura spirituale... Come non dovevano esse santificarsi ed amare davvero la virtù?
    Era premuroso di staccarle interamente dalla propria volontà, e spingerle alla mortificazione dei sensi, ma più a quella interiore.
    E perciò loro parlava spesso delle tribolazioni, e le spingeva ad amarle. Se ne trovano documenti nelle sue lettere. Al signor Giovambattista Grillo, che nella coscienza dirigevasi con lui, scriveva in data 17 maggio 1837: «Mi son consolato nel vedere i 'vostri righi e più per le tante grazie che vi comunica il Signore, particolarmente le malattie ed il distacco dei beni temporali. Veramente le beatitudini del Vangelo vanno a cadere su di voi, e sulla vostra famiglia... »
    Nell'istessa maniera scriveva all'Arcidiacono Mons. Giuseppe Grillo, in data 23 novembre 1840:
    «... Di voi e dei vostri che posso dirvi? Sono le preghiere dei vostri genitori santi, che vi fan piovere i celesti favori, che sono le Croci e le Tribolazioni, onde distaccarvi da questo carcere tanto amato ».
    Anche al babbo suo, che scrivevagli di alcune perdite subite, rispondeva collo stesso tenore e con belle parole: « Sento l'afflizione in cui state... ma non per questo dovete accorarvi, caro padre, essendo che la divina Provvidenza così vuole; onde dobbiamo conformarci alla sua SS. Volontà. Dio affligge i buoni in questo mondo con aridità, con desolazione, ed anche dà ad essi motivi di penitenza, per poi fare loro godere la sua gloria in quell'altra vita ».
    Nei suoi regolamenti di vita ascetica, rilasciati a religiose od a pie donne del secolo, e nelle lettere di indirizzo spirituale, a questo batteva sempre: «L'amore ai patimenti, la, rassegnazione. nelle croci nelle avversità, la castigazione dei sensi, e specialmente degli occhi, la pratica dell'umiltà e dell'ubbidienza, il cavar profitto dalle tentazioni, l'amore al ritiro, al distacco, e al nascondimento... » ecco quello che inculcava sempre , e ne esigeva rigorosamente la pratica. Era come il fior fiore della più solida pietà, cui mirava.
    Nel confessare era breve, ed ebbe questo proposito: « Propongo di non sentire altro in confessione che peccati e cose appartenenti allo spirito, e mai domandare altro fuorchè questo; e dare brevi istruzioni ».
    In omaggio poi a questo stesso proposito egli non soleva andare mai in casa dei penitenti, meno quando vi fosse spinto per ragioni del ministero, per confessare ammalati. In simili casi l'opera sua non la rifiutava mai, anzi mostravasi sempre pronto, e si recava dovunque fosse richiesto. Per ragioni di decoro confessava con le porte della camera spalancate, e dapertutto vi lasciava la pace e lo spirito di Gesù Cristo. Fuori di queste occasioni, egli non fu visto mai in casa di secolari, meno da Superiore a Pasqua e a Natale, per far le visite di convenienza al Vescovo ed alle Autorità, come è uso presso le Comunità Liguorine.
    Non posso intanto prima di terminare il capitolo, non accennare ad un Rosario di giaculatorie di quindici decadi, composto da lui, e fatto imparare alle penitenti specialmente, onde tenerle tutto il giorno occupate nella preghiera e esercizio della presenza di Dio senza molto sforzo e con molta facilità. Ecco come ne parla una testimone nel Processo informativo, la Sig.na Alfonsina Basile:
    « Il Servo di Dio per far sì che avessimo Dio innanzi agli occhi c' insegnava le seguenti giaculatorie, che ci ingiungeva ripeterle in forma di Rosario. ciascuna dieci volte:
    Gesù mio, sono una povera peccatrice, piena di peccati e di difetti, abbiate di me pietà.
    Dio mio, vi credo a me presente, vi adoro profondamente.
    Gesù mio, confido e spero nella vostra bontà.
    Dio mio, vi amo, e vi voglio bene.
    Gesù mio, tutta a voi mi dono.
    Gesù mio, fatemi tutta vostra.
    Gesù mio, vi ringrazio di quante grazie mi avete fatte.
    Gesù mio, sia fatta in me la vostra santissima volontà.
    Dio mio, mi pento di quanto vi ho offeso, vi prometto di non più peccare.
    Mamma mia Maria, liberatemi dall'inferno.
    Angelo mio custode, aiutatemi, difendetemi nelle tentazioni.
    Santi miei Protettori, pregate Gesù e Maria per me.
    Dio mio,, datemi la santa umiltà.
    Gesù mio, datemi la santa purità.
    Gesù mio, datemi la santa perseveranza finale e fatemi morire in grazia vostra
».
    Un' altra testimone non meno illustre per la bontà della vita, Sig.na Domenica Longo-Mazzapica, ripete la medesima affermazione; anzi ella per sua divozione e per recare vantaggio agli altri stampò le giaculatorie che a lei furono suggerite, giaculatorie che contengono sentimenti bellissimi e di profonda ascetica. A comune edificazione non posso tralasciarle neppure, e le riporto qui per intero con le medesime di lei parole:
    « Il Servo di Dio camminò sempre alla presenza di Dio, e tanto a me, quanto ad altri, soleva intimarne la pratica con dare salutari avvertimenti, e suggerendoci delle giaculatorie, che per mia divozione ho fatto già stampare.
    « Ci consigliava di ripeterle a forma di Rosario, ciascuna dieci volte. Eccole:
    I° Gesù mio, io sono una povera vostra creatura abbiate pietà di me che sono piena di peccati e difetti.
    2° Gesù mio, vi credo mio Dio, mio Redentore, mia vita, e cibo dell'anima mia, vi adoro profondamente.
    3° Gesù mio, confido e spero nei meriti vostri infiniti e nel vostro Sangue preziosissinio, il perdono dei miei peccati, l'amor vostro, e la gloria del Paradiso.
    4° Gesù mio, tutta a voi mi dono, fatene di me quel che voi volete.
    5° Gesù mio., sommo Bene, vi amo, e vi voglio sempre amare.
    6° Gesù mio, fatemi tutta vostra, e datemi la vostra virtú.
    7° Gesù mio, io vi ringrazio di quanto avete fatto per me, e delle grazie che mi avete concedute per vostra bontà.
    8° Dolcissimo mio Gesù, il vostro gusto io voglio e niente più.
    9° Gesù mio, mi pento di avervi offeso: bontà infinita, mai più peccati.
    10° Dio mio, per i meriti di Gesù Cristo, vostro Friglio e mio Signore, datemi il vostro amore , la perseveranza finale , e la gloria del Paradiso.
    II° Maria Vergine mia, sotto il manto vostro io pongo l'anima e il corpo mio, salvatemi.
    I2° S. Michele Arcangelo, S. Giuseppe,guidatemi voi, amte per me il vostro e il io Signore.
    I3° Angelo mio custode, gudatemi voi, assistetemi voi.
    I4° N.N.
(si metta il nome del Santo di cui si è più devoti ) pregate Gesù per me.
    I5° Gesù mio, vi credo nel SS. Sacramento, vi amo con tutto il cuore, e vi desidero nell'anima mia, giacchè' non potete ventre sacramentalmente, venite spiritualmente nell'anima mia, e come già venuto vi abbarccio e vi stringo nel mio cuore...
».
    Il Servo di Dio consigliava l'uso di tale Rosario non solo nei tempi liberi della giornata, o quando si era occupati in lavori di non molta applicazione, ma altresì nei periodi di aridità e di tentazioni. In questi casi voleva che le sue penitenti passassero la meditazione, ripetendo quelle giaculatorie con tutto il sentimento del cuore, e se ne servissero anche come apparecchio e ringraziamento della Comunione.
    Così la pace era nel loro cuore, e l'esercizio della presenza di Dio facilitato: veniva poi con sè un maggiore impegno nella fuga della colpa ed un amore tragrande per l' esercizio della virtù. Ciò che forma l'essenza della vera perfezione cristiana.

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