Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - CAPITOLO XVI. - Altre cariche - Doti nel predicare.

CAPITOLO XVI.

Altre cariche - Doti nel predicare.

SOMMARIO. — Il Di Netta Visitatore — Bene accetto dapertuttoPerchè umile— La visita in Catanzaro—Tra i giovani Padri—Il predicare semplice voluto dalla Regola Liguorina — Sotto la guida del Venerabile — Attitudine sua speciale di predicare — Testimonianze dei contemporanei — Donde la stima dei Calabresi pei Lignorini — Soavità angelica e attraente.


    Sarebbe uno sbaglio se del Venerabile nostro Servo di Dio volesse pensarsi, che egli sia stato soltanto un grande e un vero Missionario, e nulla più. Lo vedemmo infatti Superiore modello, Direttore esimio perle coscienze, Maestro dei Novizi... e lo ammirammo pure eroico in queste diverse fasi, o tappe, di sua vita. Tuttavia c'è dell'altro.
    Il P. Di Netta era un santo; questa parola al riguardo di lui era su per le bocche di tutti, ed io qui la scrivo volentieri, non già per anticipare il giudizio sicuro e certo della Chiesa, alla quale solamente si appartiene il dichiarare ciò in modo definitivo, ma per affermare che se tale mostravasi il Servo di Dio, e tale era riputato, anche dai Superiori suoi, è evidente che di lui questi dovean servirsi sempre che lo credevano opportuno per il bene della Congregazione.
    Perciò noi lo troviamo ancora rivestito di altre cariche e di altri uffici, dietro i quali la sua figura emerge sempre più splendida, e pure più completa.
    È questo che ci tocca di vedere.
    Le regole Liguorine prescrivono, come quasi in tutti gli Ordini religiosi , che annualmente i Superiori Maggiori visitino le Case a se soggette, e tale visita essi devono compierla o personalmente, od a mezzo di loro rappresentanti, che prendono il nome di Visitatori. E chiaro, che a ciò vengono scelti dei soggetti idonei, e che accoppiano a somma prudenza un vero spirito religioso, unito ad amore sentito per l'osservanza regolare.
    Chi può dubitare intanto che il Ven. Padre Di Netta non avesse di siffatte qualità? Epperciò egli più volte venne investito di tale carica, e dai Superiori spedito ora in uno ora in altro Collegio, specialmente delle Calabrie, a portarvi il soffio di sua santità e del suo spirito religioso, come gli opportuni ordini e riforme che sembravano richieste dalle diverse circostanze e bisogni.
    Il Visitatore dura in carica un periodo talvolta assai limitato di giorni; ha perciò bisogno di accattarsi tosto la fiducia e la stima dei sudditi, altrimenti che bene potrebbe operare? e che obbedienza esigere? Il P. Di Netta però era dapertutto precorso dalla sua fama, ed il suo arrivo era un avvenimento dei più piacevoli per la Comunità, ed accadeva quindi che tutti se gli stringevano tosto attorno, come ad un amico e ad un padre, piuttosto che ad un Superiore: gli aprivano ben volentieri tutto il loro cuore, gli manifestavano tutti i loro bisogni.... in modo che il Visitatore aveva subitamente il quadro sotto gli occhi delle condizioni e delle esigenze della Casa, e gli riusciva perciò facile apportarvi il rimedio dovuto. E confermato questo da chi ebbe la fortuna di essergli contemporaneo, e testimone delle sue sante operazioni. Esclamano tutti « che questi uffici culminanti venivan affidati al Di Netta per le rare qualità di che era ornato , e per delle speciali attitudini con le quali li disimpegnava ».
    Se non che il segreto della sua riuscita era riposto propriamente nella umiltà sua, dalla quale egli non si discompagnava mai. L'ubbidienza sola lo faceva piegare a certi uffici , tanto egli se ne sentiva insufficiente; ma accadeva per cotesto ch'ei riponeva tutta la sua fiducia in Dio e nel merito dell'ubbidienza, e perciò se ne disimpegnava sempre bene, e con lode dei Superiori.
    Si recava in Catanzaro in Santa Visita: — è il venerando P. D. Alessandro Ammirati, soggetto di virtù non comuni, e morto pure lui in concetto di santità, che ce lo riferisce — in quel Collegio era rarissimo il caso che si suonasse il campanello della porteria dopo le 24 ore della sera, perciò si chiudeva la porta sempre a quella data ora, sicuri che nessuno più sarebbe venuto. Avvenne intanto che una sera, appunto dopo l'Ave Maria, si udì il suono di detto campanello. Il fratello laico scende tostamente, e senza aprire , per il chiusino della porta si fa a domandare chi fosse. Sono il Fratello Di Netta, rispose una voce di fuori. Il laico non conosceva un tale Fratello Di Netta, e perciò senza aprire, ne va ad avvisare il Superiore, che era appunto l'Ammirati. Ma questi grida: Per carità, aprite subito, è il P. Di Netta, il P. Visitatore. E con la Comunità si precipita alla porta.
    Si pensi ora quale profitto doveva cavarsi dalla Santa Visita, a mezzo di un Visitatore che si presentava senza alcuna parata ufficiale, senza pretensioni di sorta, e con veste di tanta umiltà!
    Ma bisogna accennare pure ad un'altra attitudine del Di Netta, e quindi ad un altro incarico che spesso si ebbe dai Superiori nei periodi di riposo, tra un Rettorato e l' altro. Un incarico delicato, ma che si era sicuri di non sbagliare affidandolo a lui: quello cioè di formare prossimamente i giovani Padri, e istruirli nelle predicazioni di Missione.
    Nell' Istituto Liguorino non puòdirsi quanta cura e quanto impegno si abbia da tutti, per conservare intatto il metodo e lo spirito del S. Fondatore in ordine alla predicazione, e, in modo speciale, per ciò che riguarda le Missioni. Il Santo vuole in queste un predicare tutto all'apostolica, che sia grave, serio , conforme agl' insegnamenti della Chiesa, e interamente alieno dallo spirito e dal fare mondano. Perciò i giovani Padri oltre a compiere un secondo noviziato della durata di sei mesi, per radicarsi meglio nella virtù e per apparecchiarsi i lavori apostolici, soliti delle Missioni. restano per un periodo ancora di anni sotto la guida di un Padre provetto, perchè questi li vigili in maniera tutta particolare, e ne riveda gli scritti e le composizioni proprie del ministero. In tal modo la Regola previene ogni novità perniciosa, che potesse subentrare a corrompere quel modo tutto semplice, ma stringente, che il Santo dei Liguori usava a conseguire quei veri trionfi di rinnovazione morale nei popoli.
    In Tropea all'epoca del Santo nostro, in diverse spedizioni vi capitarono vari giovani Padri ad addestrarsi sotto l'esempio e l'impulso di lui nell'agone delle Missioni. Ed era giusto , perchè allargato immensamente colà il campo delle fatiche apostoliche, per lo zelo mai pago del Di Netta, non era mai sufficiente il numero degli operai evangelici, e restava sempre inferiore ai continui bisogni, ed alle esigenze delle popolazioni. Si scorge dalle lettere del Servo di Dio al Rev.mo Padre Rettore Maggiore, ove domandava sempre nuovi rinforzi di Padri e di Fratelli , e sempre rimanevasene lamentoso di essere coi suoi impari e non proporzionato al peso delle fatiche. I Padri poi che colà erano spediti, rimanevano in modo mirabile investiti dell'ardore medesimo e del medesimo santo fuoco di che bruciava il Servo di Dio.
    Occorreva però talvolta secondare, e talvolta anche frenare lo slancio giovanile, moderarlo, indirizzarlo, e renderlo tutto santo, e a seconda lo spirito del Liguori. A tutto questo provvedeva il Venerabile nostro.
    Ecco quanto si legge in una nota di Santa Visita della Casa di Tropea per riguardo al Servo di Dio: « ... Si raccomanda caldamente a tutti lo studio, specialmente delle materie dommatiche e morali, e delle diverse composizioni necessarie al ministero... Ed affinchè i giovani abbiano una guida per abilitarsi più facilmente e senza pericolo di adulterare il nostro metodo nelle diverse sorti di composizioni di che occorrono, destiniamo il P. Di Netta per rivedere, giusta i nostri Statuti capitolari, le composizioni dei giovani, residenti in questa Casa, e non mancherà di farci conoscere di tanto in tanto quei giovani che obbediranno a questi nostri ordini, e del profitto che faranno sotto la sua guida... ».
    Ora il Venerabile Servo di Dio disimpegnava tanto bene un tal mandato, e con siffatto amore e premura, che scrivendone ai Superiori non aveva poi che a lodarsene sempre. E nelle lettere ad essi non parlava che dello zelo dei giovani Padri nelle fatiche apostoliche, del decoro in mezzo ai popoli, e della edificazione che davano. L' uno egli chiamava « ottimo, ed ornamento della Compagnia per la scrupolosa regolarità e per la dottrina », l'altro era « instancabile, il cuore di tutti, e il faticatore... »
    Nè poteva essere il contrario. Considerando il Servo di Dio tanto nelle dualità sue naturali, quanto nelle altre soprannaturali, egli era benissimo non solo « l'apostolo modello, l' oracolo, il missionario di gran fama », come veniva comunemente appellato, ma altresì era il maestro vero, e la guida per eccellenza dei suoi Confratelli giovani, che gli obbedivano, e in lui si ispiravano.
    E qui giunti, ci viene opportuno dire qualche parola sulle speciali attitudini intellettuali del Di Netta in quanto predicatore, e del suo amore speciale a studi cosiffatti, da potersi affermare che i trionfi suoi apostolici e la riuscita sua in ciò cu. era adibito, oltre a essere effetto di un dono di Dio, erano altresì effetto dello studio suo indefesso e passionato col quale vi si disponeva. Oh! come ne parlano i contemporanei suoi.
    « Ricordo benissimo, dice uno di essi, il Can. D. Giuseppe Toraldo, che il Servo di Dio si te- neva continuamente applicato, in tutto il tempo che gli rimaneva libero, nello studio e nella lettura, fuggiva come nemico capitale l'ozio, e dopo il disimpegno dei propri uffizi, per lo più era a studiare ».
    « Lo ricordo sempre chiuso nella sua stanza, aggiunge il Can. D. Antonio Barone, quando non avesse avuto occupazioni in Chiesa... Sempre intento agli studi canonici, ed agli studi propri del suo ministero di valente predicatore ».
    Il Venerabile Servo di Dio avea letto e riletto la Storia Ecclesiastica dell'Abate Fleury, la Storia Romana del Rollin con la sua continuazione, la Storia dei Concili del Moscardi, quella del Concilio di Trento del Pallavicini, e le opere del Bossuet, gli Annali del Muratori, e quanti altri libri di gusto sia in prosa sia in versi gli capitavano sott'occhi. I )
    Non bisogna neppure trasandare che leggendo egli non lo faceva punto per soddisfare quella cotale curiosità ingenita in tutti, ma solo per rendersi sempre meglio idoneo nel ministero, laonde non lasciava notarsi quanto poteva occorrergli a tal'uopo. Leggendo la Biblioteca dei Padri dell'Abate Guillon non mancava pigliarne copiosi appunti, e poi, di gusto come era, si dilettava altresì di marcare la Platonica filosofia di Clemente Alessandrino e di Origene, la Tulliana eloquenza di Lattanzio, e quella di Tertulliano, le grazie, i sali, ed i sapori del Crisostomo e di Girolamo... convertendo tutto in proprio succo e sangue. La Bibbia vendicata di Du Clot, i fondamenti della Religione di Valsecchi, le opere del Cardinale Gotti, i tre volumi di Dasone, il Genio del Cristianesimo di Chateaubriand, la Verità della Fede, la Storia delle Eresie, e la Traduzione dei Salmi di S. Alfonso... e mille altri di cotal genere furono replicatamente letti da lui. Che se nei suoi discorsi, e nel suo predicare non faceva sfoggio di tutto ciò, proveniva non da mancanza di cognizioni , ma sibbene da una vereconda premura di umiliarsi ed invilir se medesimo, convinto col più saggio dei re, che ubi est humilitas ibi est sapientia II ).
    Nondimeno non poteva nascondersi del tutto, e tanta abilità tuttavia mostrava sul pergamo, che non è da meravigliarsi, se, come si accennò a suo luogo, si rimaneva immobili nell' ascoltarlo e come estatici, tanta era l'unzione del suo dire, l'aggiustatezza del porgere, la persuasiva nelle idee... Nel conversare il P. Di Netta parlava poco, e tale temperanza la portava sul pulpito; però era incisivo nelle parole, e scultorio: mentre quindi piaceva per tale sobrietà, al tempo stesso conquistava gli animi, e ne trionfava indicibilmente.
    E qui io non ritengo di manifestare un mio giudizio, ed è il seguente: nelle Calabrie tutti i Liguorini sono stimati e riveriti, e godono di una fama singolare presso quei popoli, ma io penso che tale stima in gran parte è dovuta al concetto straordinario che lasciava di sè dapertutto il nostro Servo di Dio, in fama non solo di santo ma di dotto e valente Missionario.
    Ho avuto l' agio di leggere ed esaminare parecchi scritti suoi predicabili, e si resta ammirati non solo per la santa unzione di cui sono cosparsi, ma altresì per la robustezza dei pensieri, per la sodezza delle ragioni, per la chiarezza delle espressioni, e più per una cotale vasta erudizione scritturale, patristica e storica, che si incontra in ogni pagina.
    Quando parla di Maria, riesce inarrivabile per la semplicità di un dire oltremodo attraente, congiunto a nerbo di argomentazioni. E se leggendo tali cose si subisce come un incanto , che dovea essere quando venivano animate dalla vivezza della parola e dal fascino del suo gesto?
    L'illustre cavaliere D. Filippo Taccone Gallucci, parlando del Di Netta, affermò: « Il suo carattere era quello del vero asceta-santo. A vederlo poi, dal suo volto non si scorgeva altro che pensieri di cielo. Ed ío nella mia esperienza non ho conosciuto uomo, i cui occhi dicessero soavità angelica od attraente, come quelli del Servo di Dio ».
    Si pensi da questo quali impressioni dovesse suscitare un siffatto predicatore, così naturalmente attraente, di spirito poi al tutto angelico e ornato di mille virtù: un predicatore ricco di tante doti intellettuali , abituato allo studio , e facondo per le continue letture... E si pensi pure quanto profitto dovean cavarne i giovani Padri sotto tale condottiero Santo e illuminato...
    Ed ecco chiarito così, sempre meglio, il segreto intimo della grandezza del nostro Venerabile Di Netta.

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I ) Dall'elogio funebre del P. Fimmanò.
II ) Idem.

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