Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - CAPITOLO XVIII. - Vita soprannaturale - Le Profezie.

CAPITOLO XVIII.

Vita soprannaturale - Le Profezie.

SOMMARIO. — Il dono della profezia accompagna spesso l'apostolo santo — Il Di Netta profeta esimio — Se ne portano alcuni esempi — Dopo' sei anni — La lettera M sopra di un cero — Il futuro Arciprete di Zambrone — Il sig. Di Tocco e il P. Barone — Un tubercolotico che non muore — Profezie che confortano — Altre che attristano — In rapporto ai terremoti — Oppido e i cento anni — Le fedifraghe — Esempi che scottano — Una predizione del 1842.


    La mistica unione con Dio favorisce bene spesso il santo della cognizione degli arcani divini, e di alcune illustrazioni o rivelazioni intorno alle cose future. Una tal grazia prende il nome, secondo S. Tommaso , di profezia, o di discrezione degli spiriti , a misura che il Santo vede o l' occulto avvenire delle cose, o l' occulto dei cuori umani.
    Or di tale grazia si trova arricchito spesso l'apostolo santo, perchè la bontà di Dio concede la cognizione di siffatti segreti e cose occulte al solo scopo della utilità spirituale del prossimo, cui mira lo zelo di un Apostolo, e così riesce stabilita meglio e accreditata la verità che da lui s'insegna, o impedito maggiormente il male e promosso il bene. Ecco perchè il nostro Ven. Servo di Dio se ne trova a profusione arricchito.
    Egli profetizzava o leggeva nell' avvenire delle cose e delle coscienze semplicemente parlando, e come fosse un fatto a tutti ordinario! E lo faceva con siffatta frequenza, da diventare un tal dono di conoscenza di tutti. Tutti infatti ne parlavano, come tutti al presente lo hanno attestato nei suoi Processi.
    Scegliamo le profezie meglio verificate, e attestate con giuramento; e per non riuscire noiosi le accenneremo semplicemente.
    Il giovane Chierico D. Raffaele Elia, che fu poi Canonico della Cattedrale di Tropea, era desolato, giacchè per una serie di circostanze da lui stesso narrate nel Processo, non poteva ordinarsi, nè all'uopo entrare in Seminario, come assolutamente esigeva il suo Vescovo, Mons. Michelangelo Franchini. Ricorse perciò dal Servo di Dio, come l'unico che avrebbe potuto aiutarlo, essendo il Di Netta confessore del Vescovo; ma fu tutta cosa vana: il Vescovo non credè fare eccezione. Allora il Di Netta prese a dirgli: Confida, figlio, nella bontà del Signore , il Vescovo stesso ti chiamerà spontaneamente, e ti darà gli Ordini... Ma il tempo passava, e non se ne faceva nulla; tuttavia il Di Netta ripeteva sempre fermo: Non dubitare, sarai chiamato. Trascorsero sei anni: ed ecco una sera del febbraio 1852, morto già il Servo di Dio, il Vescovo lo chiama improvvisamente, lo accoglie con amore, e in tre mesi soltanto l'ordina Sacerdote.
    Una signora, D. Silvia Di Tocco, già ricca di numerosa prole , si lamentava con esso pei travagli di una nuova gestazione, temendo, indebolita com'era, di non sopravvivere ai dolori e ai pericoli di un nuovo parto. Egli le rispose con una trovata propria dei santi , ed assai opportuna a nascondere la virtù. Le disse: Non temere, il tuo parto sarà felice, e quando se ne accosterà il tempo, manderai alla Madonna un cero con sopra una M dipinta; arrivata la fiamma alla M darai alla luce una bambina, cui porrai il nome di Maria, e questa sarà l'ultima tua figlia. Tutto si verificò alla lettera.
    Nella Missione data a Zambrone si presentò a lui un contadino con un figliuoletto, cui aveva in ,animo di dedicare alla carriera ecclesiastica. L'accolse il Servo di Dio , esaminò il fanciullo nella condotta, indi facendogli col dito un segno di croce sulla fronte: Va, gli disse: che tu sarai un giorno l' Arciprete di Zambrone. Lo fu difatti, ed è vivente ancora, di nome D. Francesco Landri.
    Al Sig. D. Francesco Di Tocco, grande amico del Servo di Dio, ma sofferente assai di asma, aggravatosi nel 1825 e prossimo a morire, disse egli bonariamente: D. Ciccio mio, non morrai per adesso, soffrirai sì, ma vivrai ancora. Infatti visse per altri trent'anni, benchè sempre cagionevole e sofferente !...
    Lo stesso Sig. Di Tocco un giorno gli domandava in presenza di altri Padri sulla salute del P. Barone Pietro, in quell'epoca ammalato nella nostra Casa di Pagani. Qualcuno gli rispose semplicemente: È tuttavia infermo. Il Servo di Dio per contrario risoluto dice: Il P. Barone è già avanti a Dio, e viene giudicato. Fece impressione non poco un tal linguaggio, ma tacquero tutti, e il Di Tocco se ne segnò il giorno e l'ora. In quei tempi non vi era ancora il telegrafo, e la posta stessa in Tropea arrivava ogni otto giorni; ma giuntane in prosieguo la notizia , fu constatato che una tale morte era avvenuta realmente in quello stesso giorno ed ora.
    Il Signor Orazio Avallone a trent'anni cadde infermo con sintomi gravi di tisi. Volle recarsi in Napoli a consultare quei primarii, e questi fatalmente gli diagnosticarono la malattia inguaribile, perchè di natura veramente tubercolotica. In tal caso la povera moglie di lui si portò dal Servo di Dio, e: « Padre mio, disse, come farò io con quattro figli? » Ed egli: No, non morrà vostro marito, starà bene e vivrà vecchio. L'evento infatti provò tutto il vero di siffatte parole; perchè l'Avallone si rimise tosto, e visse bene fino agli anni ottanta!...
    Talvolta il parlare del Servo di Dio avea l'aria come di chi vuol confortare una povera sofferente, e fatto soltanto per infondere un pò di coraggio e ravvivare le speranze, non già per pronunziare una profezia. Però l' evento veniva a comprovare le cose, e a dire veramente che il Servo di Dio profetava.
    La signora Domenica Barone per rovesci di famiglia e grandi ristrettezze finanziarie avea dovuto vendere la casa stessa, ove era nata, e dove abitava fin dall'infanzia. Quale schianto!... Provandone perciò pena grande, e forte riluttanza a uscire di colà, confidò tutto al Servo di Dio, e questi: Sta di buon animo, dalla casa non uscirai, non lo proverai un tal dispiacere. Avvenne così. Prima del giorno fissato per l'uscita, la suddetta signora, già inoltrata negli anni, se ne mori in pace, e dopo poco intervallo se ne mori pure il marito di lei, restando così avverato quanto aveva affermato il Di Netta.
    Il Cav. Filippo Taccone Gallucci racconta di sè : « Il Servo di Dio era un santo, ed io nella elezione del mio stato ebbi a sperimentarlo un profeta. Avendomi disegnata la donna, che dovevo togliere a moglie, predisse che sarei stato felice. Infatti ebbi sei figli, dei quali due morirono in odore di santità; il primogenito Nicola fu degnato di dieci Brevi di lode da Pio IX, e di un titolo cavalleresco da Leone XIII per dotte opere pubblicate, un altro è Vescovo di Tropea I ), e due figlie vivono dedicate interamente a Dio ».
    Era il 1845, e il sig. D. Nicola Gabriella doveva tornare in Tropea da Oppido. Le vie allora erano cattive oltremodo e pericolose, e non vedendosi giungere al giorno stabilito, in famiglia vi fu un grande panico , ladnde si corse a raccontare gli affanni al Servo di Dio. Non abbiate paura, egli disse, D. Nicola sta in Limbati. — Ma come Limbati, che ci entra Limbati? gli fu risposto. Infatti un tal paese era fuori la linea da percorrere. Tuttavia egli di nuovo a ripetere: Sì, non temete, sta in Limbati. Era così. Più tardi arrivò un messo con questa notizia appunto.
    Nel marzo poi dello stesso 1845 il fanciullo Giuseppe Mazzarone di Fiumefreddo Bruzio infermò mortalmente. I genitori per mezzo dell'ora Vicario Foraneo e Parroco di quel Comune, D. Giuseppe Arlia, a quell' epoca seminarista in Tropea, chiesero le preghiere del Servo di Dio. Questi rispose: Fate sapere al sig. D. Rafaele Mazzone e sua consorte, che il loro figliuoletto Giuseppe non solo non morrà della malattia che soffre, ma un giorno sarà di sollievo e di onore al Casato. Il P. Pisani D. Francesco attesta pure che il Servo di Dio scrisse una lettera al Mazzarone con le suddette parole circa il figlio. Questa lettera fu applicata al corpo infermo del fanciullino, il quale cominciò tostamente a migliorare, e raggiungere tutto il suo sviluppo, che ancora non avea fatto. Indi, a soli quattordici anni, si pose con attività a dirigere la famiglia, dalla quale orasi allontanato il genitore per gravi perdite subìto. A venti anni poi, soggetto alla leva militare, l'obbligarono la madre e la zia ad estrarre da sè il numero, dopo avergli legato al braccio un berrettino del Servo di Dio, ormai già morto. Ne estrasse l' ultimo, e mentre quell'anno tutti partirono in Ia categoria, egli solo restò esente, riuscendo così realmente il sostegno e l'onore della famiglia.
    Non sempre però la profezia conteneva un evento lieto e di gioia. Talvolta era purtroppo triste e doloroso. — Perchè il Santo nel profetizzare non obbedisce alla legge del cuore, ma ad una legge nascosta e soprannaturale, ed in ciò fare egli è sempre passivo.
    La Signora D. Antonia Barone, Baronessa Fazzari, narra che la madre sua era afflitta per non essere stata ancora allietata da prole maschile, mentre avendo un patrimonio abbastanza vistoso, desiderava averne. Il Servo di Dio, saputo ciò, le disse: Sì, ne avrai di figli maschi, ma saranno la tua croce. E questo si avverò purtroppo!...
    Così alla Signora Beatrice di Francia , che si lamentava pure di non aver figli maschi, il Servo di Dio rispose : Ne avrai tre , ma ti saranno tre chiodi spuntati. E fu così. Si incinse ella successivamente di tre maschietti, i quali poi divennero di lei e del marito il vero tormento.
    Un giovane signore viveva vita scorretta, e niente valeva a richiamarlo, come racconta la Sig.na Domenica Petracca. La sorella di lui ricorse al P. Di Netta. E questi: Tra breve finirà tutto. Il giovane infatti, dopo poco si infermò a morte, e nel fior degli anni disparve. — La stessa Sig.na depone: « Che al tempo delle Missioni in Tropea, nel 1842, un individuo frequentava ostinatamente la casa del peccato. I parenti suoi ricorsero al Servo di Dio, perchè interponesse la sua valida preghiera alla di lui conversione. Dopo insistenze varie il P. Di Netta disse loro: Non ho che fare, ma la fine di questo giovane sarà terribile. Non eran forse finite le Missioni, e l'infelice già restava ucciso nella casa stessa del peccato ».
    Attesta la Sig.ra Maria Santagati-Malerbì che in Radicena una signora dopo preghiere parecchie avea ottenuto un figlio. Capitato colà il nostro Servo di Dio, venne pregato da lei di una benedizione pel bambino. Ma egli: Va, e prega la Madonna perché le lo levi. Come, rispose la madre, ho fatto tante preghiere per averlo, ed ora volete che preghi perchè muoia? Sì, ripiglia il Servo di Dio, prega, prega Maria che te lo levi... Il giorno dopo, contro ogni previsione, il bambino si moriva.
    Alla Sig.na Alfonsina Basite predisse che sarebbe stata martire pei continui patimenti, — che avrebbe tosto mutato confessionale, alludendo alla sua prossima morte... E tutto si avverò. — Alla Sig.na Domenica Longo - Mazzapica profetizzò una serie di patimenti che avrebbe sofferto, dai suoi stessi beneficati. E così fu. — Alla madre della Sig.ra Teresa Alessio prediceva che avrebbe fatta mala vecchiaia. Ed ella perdeva in realtà il conforto di una figlia, poi il marito le andò in prigione, indi le successe una serie continua di sventure... nelle quali soleva ripetere tra le lagrime: « Il Padre Di Netta me lo profetizzava ».
    Abbiamo poi un gruppo di predizioni intorno ai frequenti terremoti di che sono spesso afflitte le povere Calabrie: predizioni verificatesi tutte, quali dopo breve intervallo, quali dopo tempo lunghissimo. Di alcune si è fatto forse cenno in altro luogo, ma crediamo bene tuttavia qui riportarle, per averle tutte sott'occhio.
    Predicando la Missione in Brattirò una sera profetizzò una scossa di terremoto. A un tratto, durante la predica si interruppe, e disse distintamente così: Stasera: fra poco, vi sarà novità, ma non v'intimorite, perché non vi saranno disgrazie. Dopo pochi minuti avvenne quanto il Servo di Dio avea predetto, ma senza disgrazie, e senza morti.
    In Delianova, stando in Missione, avea scelto per sè, come era solito fare sempre, una delle peggiori stanze. Ed ecco nel cuore di una notte, alzarsi tosto, uscire dalla stanza, svegliare i compagni, ed esclamare: Sentirete una grande scossa di terremoto, ma non prendetevi paura. Tutti si posero sull'attesa, e non passò molto che s'intese invero tremar la casa tutta, della quale crollò solo la stanza donde era uscito il nostro Servo di Dio.
    Ma più bella, e di un' importanza tutta propria, è la profezia fatta in Oppido, mentre ivi trattenevasi per predicazione. Era in casa dei signori Grillo, ed una sera volgevasi il discorso sul terremoto che desolò le Calabrie nel 1783. Se ne narravano gli episodi dolorosi, ed ognuno si mostrava scorato, e con una certa trepidanza, per la ragione che di tali sorprese spaventevoli quelle misere regioni sono visitate assai frequentemente. Il Servo di Dio si fermò un istante, e poi dietro un impulso improvviso, eccolo uscire in queste espressioni: Non temete; per cento anni Oppido non sarà distrutta. La fama di questo detto in poco di tempo fu patrimonio comune, e per tutti era di conforto e di sicurezza nelle scosse che di tanto-in tanto si ripetevano. Si diceva con certa fiducia: Non abbiate paura, il P. Di Netta ha detto che Oppido non sarà distrutta per cento anni. E la predizione si è avverata appuntino per sì lungo periodo di tempo. Infatti nel terremoto del 16 novembre 1894, che rase molti paesi delle Calabrie,. e tra i quali pure Oppido, i cento anni del P. Di Netta erano di già trascorsi.
    Nel corso di questo compendio si disse a suo luogo del grande amore del nostro Servo di Dio per la verginità, e del gran numero di anime che egli consacrò all'amore di Gesù Cristo. Non tutte però di esse continuarono nella vita intrapresa di perfezione e di annegazione, e ce ne furono alcune purtroppo che si volsero indietro per abbracciare gli amori del mondo. In ordine a queste anime deboli, e come a dire fedifraghe, abbiamo pure una serie di predizioni, spaventevoli piuttosto, ma che danno a divedere quanto sia male lasciare la via ottima intrapresa per seguire la voce dei sensi. Ne riferiremo l'una o l'altra solamente.
    Tra le fervorose penitenti di lui ve n'era una, certa Caterina Massara di Tropea: avea vissuto vita spirituale da bambina, ed era legata al Signore con voto di castità. Tuttavia non perseverò, e mutato pensiero, volle passare a marito. Quando ciò seppe il Servo di Dio, usò tutti i mezzi per richiamarla. Ma tutto fu vano. Ella non andò più da lui, e questi fu costretto scrivere a Roma per la opportuna dispensa. Nel mandargliela però uscì in queste parole: Passerà a marito, ma non ne godrà. Purtroppo la profezia si verificò, dopo soli tre mesi di matrimonio! Appena sposa, cadde inferma di varie malattie, e ne morì.
    Lo stesso accadde ad una tale Eleonora Messina pure di Tropea. Dopo una vita di anni parecchi vissuta in tutto il fervore dello spirito, e legata anche essa da voto di castità, volle maritarsi, al- lontanandosi dal Servo di Dio e dalla sua Chiesa. Non può dirsi quanto ne fosse egli afflitto, e tentò tutto, sebbene indarno, per ricondurla sulla via tra- lasciata... Divenne sposa. Ed ecco, giunto l'ottobre, tempo per uscire nelle Missioni, il Servo di Dio disse ad alcune compagne di lei: Mi scriverete la morte di Eleonora Messina!... Queste, meravigliate, fra sè si domandarono: Che vuol dire ciò, se la Eleonora è piena di vita? Non ne compresero la profezia. Il Padre però partì, e le compagne purtroppo gli scrissero veramente della morte della Messina, avvenuta poco tempo dopo, a causa di avvelenamento per cibi guasti !
    Anche ad un'altra penitente del Servo di Dio, diretta da lui nello spirito e nella vita santa, quando se gli presentò un giorno per dirgli che la volevano per isposa, il buon Padre in tuono miserevole le fece sentire: Va, maritati pure, che qualche volta ti metterai le mani ai capelli. E questo avvenne sventuratamente. Perchè il marito fu 'uomo dedito al vino, e la poneva tanto spesso in disperazione: Ebbe poi figliuoli maschi parecchi, ma le moriron tutti giovani...
    E per dirne di un'altra soltanto: La giovane Silvestri Cannatà, che viveva vita molto divora in Sinopoli sua patria, mutato tosto pensiero, desiderò passare al mondo. Il Servo di Dio, che la conosceva e dirigeva, saputolo, volle richiamarla, ma inutilmente. Allora in tono profetico esclamò: Vuol maritarsi? e saranno per essa guai, guai, guai... E l'avveramento venne tosto. Dopo sposata, la misera Cannatà per un malanno agli occhi divenne cieca, indi perdè un figlio, e finalmente con crudeltà venne dal marito abbandonata, che lasciolla per sempre nel crepacuore e nella miseria.
    Di parecchie altre poi, già dedite con fervore alla vita devota, mostrando in prosieguo desiderio di collocarsi, e per questo rattiepidendosi nello spirito, egli esclamava loro: Non sarete nè di Dio, nè del mondo. Veramente con tutte le più grandi premure, non poterono mai conseguire l' intento di maritarsi !...
    Si dirà, sono combinazioni della vita. Lo si dica pure, e si contenti chi vuole. Noi però in fondo di tutte le combinazioni vediamo un essere, Dio, che regola ogni cosa, e cui ogni cosa obbedisce.
    Ed ora dovremmo parlare di alcune predizioni da lui pronunziate nel tempo che fu Maestro di Novizi, ma ce ne dispensiamo per non ripeterci, avendone già discorso dettagliatamente in quel capitolo.
    Accenniamo piuttosto ad un altro fatto riferito da vari testimoni, e che è prodigio e profezia insieme, ed è bello per le circostanze singolari che l'accompagnano. Così chiuderemo il presente capitolo.
    Apparteneva un giovane gentiluomo ad onesta famiglia Tropeana... ma pei suoi eccessi e sregolatezze era divenuto la desolazione della madre sua. Giunse, intanto, la celebre Missione del 1842, ed in questa la povera Signora concepisce tutta la speranza di attirare il figlio a Dio. La Missione tuttavia volgeva al termine, e le preghiere, le spinte di ogni genere, i consigli, a nulla approdavano. La madre allora ricorse al Servo di Dio, perchè le ottenesse la conversione del figlio. Il santo Missionario le rivolse amorose parole: Fatevi coraggio, le disse, il Signore non abbandonerà vostro figlio. E le porse delle cartine di Maria Immacolata, aggiungendo: Mettete queste cartine stasera nel suo letto, e voi, quando si ritira, non vi coricate, bensì attendete, recitando il rosario, fino a che non vi chiamerà. Voi sentirete delle grida provenienti dalla sua stanza, ed allora accorretevi. Era la mezzanotte, quando la madre, vegliante, sente nella camera del figlio grida convulse e di spavento. Corre ella, e vede come una fiamma che avvolge il figlio: insieme sente come un odore di zolfo, e il figlio, che in preda allo sbigottimento, grida: I demoni mi circondano, voglio confessarmi, chiedo perdono a Dio, voglio salvarmi l'anima... La madre commossa e tra le lagrime cerca di rassicurarlo come meglio sa, con la promessa che la mattina lo avrebbe accompagnato in chiesa... Indi torna a letto, senza però prendere più sonno, tra per il timore e la consolazione. La mattina ben presto corre dal Servo di Dio, il quale a solo vederla, e senza farla parlare, le dice senz'altro: Non vi dicevo che la Madonna stanotte vi avrebbe fatta la grazia? Oh! che bella grazia, che bella grazia !...
    Ed ella lacrimosa, ma giuliva: Sì, Padre, avete ragione, mio figlio è salvo...
    Vien narrato il fatto nel Processo di beatificazione da vari testimoni giurati.

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