Emilio Paglia - LAMPAMI E TRE - Sipp’till’

Sipp’till’
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        È tradizione specialmente nei paesi, attribuire dei vezzeggiativi ai bambini, e, da grandi, dei soprannomi a volte anche ereditari.
        Così, Giuseppe Bove, diventò "Sipp'till' ", nomignolo appropriato al suo aspetto fisico: piccolo di statura, emaciato in viso, su cui però, brillavano grandi occhi furbeschi. Padre di una bella famigliola, provvedeva ad essa col lavoro di piccoli trasporti in paese e nelle vicinanze con un carretto trainato dalla sua fida cavallina con la quale aveva stabilito un rapporto d'intesa con brevi e secchi comandi.
        Durante i viaggi, Sipp'till', seduto sulla stanga della trainella (carretto), confidava alla sua cavallina gli incerti del suo guadagno ripetendo i nomi dei debitori, anche per imprimerseli nella mente, essendo analfabeta, come ricordo per riscuotere nel prossimo giro; quando il guadagno era soddisfacente, allora colorava con stornellate paesane la sua vena euforica.
        Ogni volta che Sipp'till' scendeva dalla stanga del carretto accarezzava con la mano il collo della sua cavallina intimandole all'orecchio il comando di non muoversi durante la commissione che doveva sbrigare e non era mai successo che questa disubbidisse.
        Le strade del tempo, in Baronia, erano disagevoli, imbrecciate alla meglio e con buche vistose prodotte dalle condizioni atmosferiche; in tale traballamento procedeva il duro lavoro del carrettiere Sipp'till' il quale, spesso, dopo aver consumato la frugale colazione si attaccava più volte alla bottiglietta di vino che sempre portava con sé mentre la fida cavallina continuava per la sua strada senza interruzione di lavoro. Buona biada sgranocchiava la bestia nelle ore stabilite, affondando il muso nella sacchettina tenuta tra le orecchie con una cordicella.
        A fine giornata lavorativa, Sipp'till', una volta in stalla carretto e cavalla, si dava un gran da fare per preparare il foraggio nella mangiatoia, strigliava ed asciugava il sudore della bestia sempre parlandole in direzione delle orecchie con espressioni carezzevoli accompagnate dalla mano che la cavallina leccava spesso quasi per ringraziamento.
        Infine, dopo l'ultima carezza sulla groppa con leggeri colpetti, Sipp'till', chiudeva la porta della stalla per entrare in quella attigua dove abitava con la famiglia, nell'unico stanzone a piano terra.
        In una brutta notte temporalesca, ladri esperti portarono via la cavallina al povero Sipp'till' che rimase privo d'un bene prezioso e per l'affetto naturale verso la bestia e per la perdita del lavoro, unica fonte di sostentamento per la famiglia. Con quali mezzi finanziari comperare un'altra bestia da tiro?
        Povero in canna e con l'amarezza di tanta perdita, Sipp'till' cominciò a girovagare per stalle, mercati, fiere di bestiame, alla ricerca vana della sua cavallina. Non poteva farsene una ragione d'essere stato derubato ad un metro di distanza dalla porta della sua abitazione e il passo fu breve verso lo squilibrio mentale ed alla sua precoce fine.
        Di lui è rimasto il detto che spesso ripeteva in dialetto vallatese:
        "Artecl' quent': chi ten' man' à vent"'.
        (Articolo quinto: chi comanda il gioco ha vinto)


Trevico: Chiesa dell'Addolorata

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