PRIME LIRICHE 1901-1903 - EPOPEA GARIBALDINA - I Mille. - Palermo - Tommaso Mario Pavese.

V.
I Mille.

3. Palermo
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Ammiccano ne l' aria serena le lucide stelle,
        e i zeffiri di primavera soffian tra' prati fioriti;
        i flutti de 'l mare gorgogliano, baciando la riva,
        sonanti qual fremer di cetra, scossa da man leggera:
        cani randagi latran, ne la notte, da' casolari.
        E, quando l’aurora spunta bella, da’ crini di rosa
        il rumor de le bombe ferisce già l’ aria solenne;
        solcano esse il cielo, distruggon, tremende, uomini e case.
        Il popol di Palermo manda urli di furor frementi,
        e grazie a Garibaldi, splendente di luce e di vita.
        Egli, su 'l cavallo, contento, gira per la città,
        e le donne s' inginocchiano: baciandogli le mani,
        alzan vèr lui, per benedirli, gli attoniti bimbi;
        e tutte l’eroiche squadre sono inondate d' amore.
        A stormo suonan le campane de 'l Vespro gloriose,
        da 'l volto de' liberi Siculi la gioia traspare:
        il popol redento abbraccia, lieto, i militi forti.
        I raggi de 'l sol s' infrangon, ridenti, ne la marina,
        e l' onde, da la brezza increspate, qual lame d' argento
        splendono: invade la città un soffio di pace e di calma.
        Sfilano intanto, meste, le borboniche lunghe schiere,
        le navi, dondolandosi, fendono il glauco mar placido;
        e, mentre ne l' aere risuonano inni e cantici allegri,
        la verde campagna, presso, olezza profumi soavi.

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