PRIME LIRICHE 1901-1903 - Da Orazio - Libro 1, ode III. - Tommaso Mario Pavese.

I.
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Libro 1, ode III.

La dea che in Cipro domina,
        ed i fratelli d' Elena, astri limpidi,
e, de' venti padre, Eolo,
        frenati gli altri soffi, fuor che il Iapige,

ti guidi, o nave. che a noi
        Virgilio a te affidato devi: a gli attici
confini illeso portalo,
        e serba la metà de la mia anima.

Rovere e bronzo triplice
        intorno a 'l petto aveva quei che fragile
nave fidò pria a '1 pelago,
        senza temer il minaccevol Africo

che con gli Aquilon battesi,
        nè l' Iadi tristi; nè di Noto l'impeto,
de 'l qual l' Adria non ha arbitro
        maggiore, ne 'l calmare i flutti o muoverli.

Quale di morte incedere
        temè quei che i natanti mostri, intrepido
guardò, e il mare turgido
        e le infami scogliere acroceraunie.

Le terre, invan dio provvido
        divise con ocean dissocievole,
se, nondimen, navi empie
        i mar trascorrono da non accedersi.

Audace, tutto tollera
        la gente umana, e corre a 'l vieto e illecito:
temerario Prometeo,
        con mala frode, il fuoco apportò a' popoli.

Poi che a le sedi eteree
        rapito il fuoco fu, di febbri squallida
schiera su 'l inondo gravita;
        e, pria tarda, la morte ineluttabile

affrettò il passo a Cerbero.
        Il libero aëre percorse Dedalo,
su ali non date a gli uomini:
        infrase l'Acheronte il poter d' Ercole.

Niente a' mortali è arduo:
        sfidiamo il ciel stesso, in nostra stoltizia,
nè, per le sceleraggini,
        soffriam ci mandi Giove irati fulmini.

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