Studi Sociali e Giuridici - Tommaso Mario Pavese

PER UN REFERENDUM SUL DIVORZIO

         E’ strano che gli antidivorzisti fingano ancora di dubitare se la società italiana sia matura per introdurvi l’istituto del divorzio. Quando è ormai risaputo che il divorzio, presso quasi tutti gli Stati, venne ammesso da tempi antichissimi e lo fu anche in Italia fino al 1815; quando la coscienza pubblica e de’ meglio illuminati lo invoca come unico rimedio, nella maggior parte dei casi, contro l’uxoricidio per adulterio, è strano, ripeto, che si possa ancora domandare se la società italiana sia matura per l’introduzione di tale istituto. Che forse la coscienza italiana si è resa retrograda, ritornando in uno stato più incivile di quello del popolo romano, che il divorzio, a quei tempi, pur ammetteva? O forse l’Italia è più incivile di sì gran numero di Stati, che attualmente riconoscono la dissolubilità del matrimonio? Chi non ha le traveggole alla mente e pensa senza pregiudizi o interessi deve quindi indubbiamente riconoscere che la società italiana è matura perchè si introduca il benefico istituto.
         Moltissimi processi antichi e recenti, e che quotidianamente continuano a svolgersi, più o meno clamorosi, hanno contribuito inoltre a rendere urgentemente necessaria l’ammissione del divorzio. Infatti, questo è l’unico antidoto atto a far diminuire grandemente il numero degli uxoricidi, giacchè la semplice separazione personale si rivela, nella pratica, sempre più insufficiente a riuscire a tale scopo: anzi spesso non fa altro che accrescere i mali di un matrimonio.., disgraziato. — Per non offendere la Chiesa, si potrebbe mantenere l’indissolubilità del solo vincolo religioso.
         Il divorzio dovrebbe essere ammesso nei seguenti casi: 1. adulterio, sia dell’uomo, che della donna, però nelle forme e modalità rispettivamente richieste dagli articoli 353 e 354 del nostro codice penale, purchè tale adulterio non sia stato provocato da dolo o grave colpa dell’altro coniuge; 2. bigamia; 3. attentati alla vita di un coniuge; 4. abbandono volontario per oltre un anno, senza giusto e grave motivo, della casa coniugale; 5. condanna all’ergastolo, o alla reclusione o detenzione superiore ad anni 15; 6. maltrattamenti, sevizie, ingiurie gravissime; 7. atti di libidine contro natura o con bestie; 8. non ogni specie di malattia mentale incubile, ma solo le follie aggressive, e quelle che producono impotenza coeundi incorreggibile e perpetua, in ancor giovane età; 9. l’error virginitatis, cioè la constatata deflorazione della donna precedente al matrimonio e sconosciuta allo sposo, la quale, dalla giurisprudenza e dottrina, attualmente non è, nella nostra legislazione, ritenuta valida a far annullare il matrimonio; purchè tale errore venga allegato subito come motivo di divorzio, e non vi si sia precedentemente rinunziato; 10. infecondità o sterilità perpetua della donna o dell’uomo, essendo quasi sempre scopo del matrimonio la perpetuazione della specie e il generare una famiglia; 11. malattie gravi, contagiose, inguaribili. Il divorzio dovrebbe essere accordato solo a domanda del non colpevole; e mai dovrebbe concedersi a chi ha dato volontariamente e dolosamente causa ad uno de’ motivi precedenti.
         Come si provvederà alla prole dei divorziati?
         Quando le discordie ed i continui litigi hanno poste fra i coniugi barriere insormontabili di rancori e di odio, è evidente che i figli avranno per sempre impresso nella memoria il ricordo delle lagrime, delle ire e delle turpidudini de’ loro genitori, delle quali sono continuamente i miseri e dolorosi testimoni. In nome appunto della morale, si tolgano i figli a tanto scempio! E si affidino invece al coniuge più affettuoso e meno colpevole, ed entrambi i genitori contribuiscano al mantenimento della prole, che conservi sempre il diritto di ereditare da entrambi quelli che, avendole voluto dare la vita, hanno pure l’imprescindibile dovere di renderle, per quanto più possono, lieta l’esistenza.
         Auguro fervidamente che si vinca questa giusta e santa battaglia.

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