GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - c) La Chiesa locale nell'ecclesiologia del Vaticano II

c) La Chiesa locale nell'ecclesiologia del Vaticano II
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        La storia della salvezza deve orientare la storia umana, su cui s'innesta, in un continuo cammino dell'umanità verso la comunione ecclesiale, aperta a tutto l'uomo e a tutti gli uomini, come ha aiutato a riscoprire il Vaticano II, abbattendo le barriere di ogni gretto giurisdizionalismo.
        Sulla base di questa prospettiva comunionale, in occasione del trasferimento di un Pastore, deciso con freddezza a "tavolino", con tutta la benevolenza possibile, tradotta in "simpatia critica", in un articolo pubblicato (anche se osteggiato da qualche burocrate ecclesiastico), esprimevo il mio profondo disagio per quel "violento strappo", ancora sanguinolento, subìto dalla comunità in un delicato momento di "ricostruzione" materiale ed ecclesiale.
        Eppure solo qualche anno prima l'ecclesiologia del Vaticano II, privilegiando gli spazi umani a quelli territoriali, aveva solennemente proclamato che la Chiesa locale non è da considerarsi una circoscrizione della Chiesa universale, quasi parte di un tutto, ma come "luogo ed esercizio di comunione", in cui il tutto si realizza e si manifesta quale espressione piena della Chiesa di Cristo. Mi è gradito riportare i punti qualificanti di quell'articolo:
        "La Chiesa locale non è tutta la Chiesa, ma la esprime in una comunità che, sotto la guida del Vescovo, coadiuvato dal suo Presbiterio, richiamandosi all'amore di Dio, manifestatosi in Cristo, vive nella libertà e, sotto l'azione dello Spirito, partecipa alla diffusione del Regno di Dio sulla terra.
        L'apostolicità della Chiesa poi, come progressivamente ha evidenziato in questi anni la riflessione teologica, non significa pensare come pensavano gli apostoli o i primi cristiani, ma proclamare lo stesso annuncio della liberazione dell'uomo nel ricordo dell'avvenimento di Cristo e nell'esperienza della Sua presenza operante: fede apostolica è l'attesa del futuro dell'uomo, fondato sull'amore del Padre manifestatosi in Cristo perché, sotto l'azione dello Spirito, sia reso oggi credibile dall'amore liberante di tutti coloro che a Lui si richiamano (esplicitamente o solo implicitamente).
        Cristo non è solo un'offerta d'amore e di grazia, ma anche una promessa di liberazione e di vita per tutti quelli che aderiscono a Lui con la fede: il Vangelo contiene e coinvolge tutti, perché l'evento vissuto oggi dai cristiani rivela agli uomini il disegno di Dio, che si realizza in Cristo, e, sotto l'azione dello Spirito, diventa attuale esperienza di salvezza, l'oggi di Dio.
        Cristo è sempre un "avvenimento " che si colloca nella storia, per raggiungerla tutta, per vivificarla e trasformarla progressivamente, come un pugno di
        lievito nella massa. Il Regno di Dio è già presente "qui e ora", anche se "non ancora" nella sua pienezza: il cristiano vive l'oggi sempre in proiezione verso il futuro, che è tensione verso il pieno compimento di quanto le promesse realizzate annunciano.
        La storia della salvezza, dalla creazione alla parusia, ha il suo culmine nel Mistero Pasquale di Cristo, che ricorda la Morte del Signore (evento passato), proclamandone la Risurrezione (è vivo oggi anche nei suoi seguaci) in attesa del suo ritorno (evento avvenire): chi crede in Lui e Lo segue entra nel dinamismo della Risurrezione.
        Una Risurrezione che si realizza gradualmente "hic et nunc", nella misura in cui ci si apre a Cristo e gli si permette di trasfigurare la vita, fino a che questa nostra Risurrezione non sia definitiva.
        Il corpo ecclesiale di Cristo, che si estende nel tempo e nello spazio, è in lenta maturazione verso la fase finale, in solidarietà con tutta l'umanità.
        Pienamente Chiesa quindi, la Chiesa locale tradirebbe la sua vocazione, se si ripiegasse su se stessa. Ogni Chiesa infatti è suscitata dallo Spirito, per rifare quello che Babele non cessa di disfare: senza posa.
        Egli spinge ogni Chiesa a restaurare la comunicazione tra gli uomini e ad instaurare comunione nelle Chiese e fra le Chiese.
        «Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo... e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito... Voi siete corpo di Cristo e Sue membra, ciascuno per la sua parte» (I Cor 12, 13.27)...
        E' la Chiesa particolare il punto d'incontro tra la Parola e il mondo nella sua realtà socio-politica e culturale: all'interno di questa realtà si coniugano l'ascolto e la risposta, che sfociano nella salvezza. La Chiesa locale, senza ricercare la diversità per se stessa, non può fotocopiare una ipotetica Chiesa universale, ma deve esserne la presenza nella sua originalità... ".

        Il teologo C. Molari, in uno studio monografico "Il Vescovo testimone della fede apostolica", sin dall'inizio degli anni '70, affermava:
        "Se l'annuncio efficace del messaggio evangelico viene fatto da una comunità che vive la libertà, il Vescovo è testimone della fede nella misura in cui si fa eco della esperienza vitale dei credenti che, in un determinato luogo, accolgono il dono dello Spirito. Non può esistere testimone se non in rapporto ad una comunità che vive la fede e ne esprima l'efficacia secondo la struttura della propria cultura. Se la fede matura in una comunione di vita, il Vescovo Pie è testimone solo quando la riflette fedelmente. Di fronte alla Chiesa universale egli si fa garante dell'autenticità dell'esperienza di fede della propria comunità e ne annuncia la formulazione assunta".

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