GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - Crescita del «pretino»

Crescita del «pretino».
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        L'adolescente comincia a formarsi uomo, con tutti i disagi e gli entusiasmi di questo passaggio, con tutte le pulsioni sentimentali ed affettive proprie dell'età, con le sue... basse ed alte maree.
        Nonostante tutto, bisogna andare avanti, magari stringendo i denti nel percorso in salita, per assumersi in quella situazione personale e sociale, la responsabilità di continuare con fermezza il cammino iniziato, e di valutare con progressiva capacità critica l'opzione fatta, alla luce anche delle prime esperienze di seminario, e con la piena autonomia di giudizio, facilitata dall'imprevisto ritorno nel proprio ambiente.
        Per la continuazione degli studi, si ritiene fortunato, per avere avuto la possibilità di frequentare una scuola, molto più a dimensione umana, presso una famiglia, in cui tre fratelli laureati si erano organizzati ad offrire una scuola privata, al completo di lettere, lingua e matematica.
        Si prenotano per la III" ginnasiale una decina, tra ragazzi e ragazze, che familiarizzano ben presto, scoprendo la bellezza della vita, in gruppo misto (una vera conquista per quei tempi!), per il reciproco arricchimento, non solo scolastico-culturale, ma anche umano-sentimentale, con scambio di libri e appunti, di piccoli doni e galanterie.
        Una esperienza fortuita, ma molto positiva per la crescita di tutti, particolarmente per Zino che, pur avendo fatto una sua opzione e pur essendo già vestito da «pretino», non dà nulla per scontato e accetta volentieri anche le espressioni di simpatia del gentil sesso, facilitata inconsciamente dalla singolarità, a detta degli esperti, della ... veste talare (ma egli è convinto, non solo da quella).
        Queste gradite simpatie, nella loro spontaneità, lo iniziano ad una più profonda conoscenza della diversa psicologia delle ragazze. Come pure il reinserimento sia nella parrocchia e nell'A.C., sia nella vita di paese e di famiglia, contribuisce ad una valutazione più serena ed obiettiva delle scelte conseguenziali ancora da fare.
        L'esame di III^ ginnasiale è sostenuto, con esito positivo, in un paese distante oltre 20 chilometri, raggiunto a piedi con tre coetanei, ed ivi fermandosi a pensione, per lo stretto necessario. Dopo alcuni giorni, provvedono al ritiro del diploma per tutti Zino ed un altro valente podista, offrendosi a rifare la marcialonga, per nulla paventati dal pericolo di attraversare anche una zona, dove si svolgevano esercitazioni militari.
        A ottobre riprende l'attività scolastica, organizzata «familiarmente», anche per l'insegnamento del greco, in cui uno dei fratelli era particolarmente esperto: Zino conserva un ottimo e gradito ricordo di questa scuola «fuori programma» e di questa «insperata» esperienza esistenziale, provvidenziali occasioni di maturazione culturale e umana.
        Può riprendere la vita di seminario al V^ ginnasio ritrovandosi, rispetto al I^ ginnasio, in una classe già decimata al massimo, cui si erano aggiunti altri nuovi elementi: seminaristi, convittori ed esterni.
        Si prepara così all'esame di licenza ginnasiale, conseguita presso una scuola statale, nella sessione autunnale, perché rimandato, spudoratamente, in ... Educazione Fisica (in forza di un principio di «decimazione» fra tutti i seminaristi), cui in consiglio, per salvare la faccia, si aggiunge la geografia.
        La vergognosa discriminazione, sempre di moda nei confronti dei privatisti, permette a Zino di fare anche l'esperienza, in tutto il curriculum scolastico, se non della bocciatura, almeno del rinvio a settembre.
        L'umiliazione subita lascia ugualmente il segno nella sua vita, fin al punto di sentirsi tentato di non più aprire il testo di geografia, ma il buon senso ha la meglio, tanto che all'esame di riparazione, il professore fa intuire di aver fatto una gaffe. Comunque, nella sua negatività, l'esperienza gli è utile anche, come vedremo, per la successiva esperienza di docente.
        Il passaggio al seminario regionale segna, nel suo cammino vocazionale, una tappa entusiasmante, perché la meta comincia a delinearsi meglio, anche se le difficoltà economiche divengono più gravose.
        La famiglia è sottoposta a sacrifici inauditi, integrati provvidenzialmente dalla generosità di alcune persone, cui Zino deve tanto, per la realizzazione del suo ideale sacerdotale.
        Il regionale era un plesso grandioso, molto funzionale, che ospitava oltre 400 giovani di liceo e teologia.
        Dopo le prime difficoltà dell'impatto iniziale, l'inserimento nel nuovo ambiente è facilitato dalla materna finezza di un uomo che,nella sua semplicità e generosità, unite a profonda esperienza sacerdotale, riusciva a galvanizzare i giovani, sollecitandoli continuamente ad una costante crescita della propria personalità.
        Questi stimoli erano a «gettito continuo», sia nell'ambito prettamente scolastico, che in quello umano-culturale: musica, teatro, sociologia, liturgia, missioni, catechesi nelle parrocchie, scambi culturali, passeggiate ecologiche, gite, sports vari, e persino ... giardinaggio, in cui Zino era un maestro provetto.
        La presenza di un autentico educatore può essere sufficiente a facilitare la vita comunitaria, con tutti i suoi momenti di frizione, anche in un grande istituto, fino a renderla piacevole, entusiasmante, arricchente.
        Sono persone che, nella pedagogia del quotidiano, con intuito educativo e sensibilità umana, sanno leggere tra le righe lo spirito della legge, sollecitando gli educandi (o da essi sollecitati) a lasciarsi guidare soltanto da questo, nella crescita della propria personalità, per evitare «strette osservanze» solo di facciata, tante volte ipocrite.
        Ai seminaristi era severamente proibito dare, durante le vacanze, lezioni private a ragazze, dalle quali bisognava, per «fuggire le occasioni», anche guardarsi dal conservare o stabilire rapporti di amicizia e di familiarità, pena l'estromissione dal seminario... addirittura!
        Per Zino diventa un vero « rompicapo» ...: aveva intuito che la famigerata prescrizione non veniva dal superiore immediato, ma «dall'alto» e, proprio per questo, era più... «cogente». D'altra parte, non era il tipo di farsi mettere la... museruola, rinunciando, senza convincenti motivazioni, alla propria «testa», per cui, anche a costo di «defenestrazione», opta per la pericolosa inosservanza. Non certo, per cieca testardaggine, ma per motivate convinzioni che, col passare degli anni si sarebbero consolidate ancora di più.
        Aveva sempre considerato la donna, non come un pericolo da evitare, ma una persona, forse un po' misteriosa, da capire, una persona con cui dialogare, con estrema schiettezza, con cui creare autentica comunione, in reciproco rispetto. Si faceva poi sempre più urgente l'esigenza di capire più a fondo il «mistero» della donna, in vista della scelta da fare, dopo qualche anno, di rinunzia al legame matrimoniale, non per «sentito dire», ma con «cognizione di causa».
        Oltre a queste motivazioni di fondo, c'era anche la spinta economica di guadagnare qualcosa per le spese dei libri, cosa non certo trascurabile, per non gravare più di tanto sul bilancio familiare, poco rassicurante.
        A spingere all'inosservanza, almeno questa volta, non è stato il gusto del vietato, ma, se mai, il gusto di riportare su un piano naturale e personalizzato, il senso di... «stupore o compassione», che le ragazze nutrivano per lui.
        Zino non gradiva né il ruolo del «mito da ammirare» né il ruolo del «coscritto da commiserare», ma faceva del tutto, anche contro la sua naturale riservatezza, alquanto timorosa, accentuata però dalla talare, per essere considerato solo un giovane fra gli altri, che si preparava, nella massima libertà, a fare una sua scelta di vita.
        La ripetizione, data anche a ragazze, senza nessun problema, gli offre l'occasione di conoscere meglio la loro diversa psicologia, facilitando un rapporto improntato a profonda spontaneità e rispettosa convivenza, in un progressivo e reciproco arricchimento.
        Egli si arricchisce di affabilità, delicatezza, tenerezza, effusioni affettive, profondo senso della vita..., come esse si caricano di idealità, razionalità, stupore per le cose belle, senso del mistero, tenacia di volontà, programmazione a lungo cabotaggio, del futuro, nell'impegno presente...
        Un periodo provvidenzialmente proficuo, checché ne dicano i «controllori» di sempre, sia per lui, che per le ragazze, delle quali parecchie si sono realizzate in un felice matrimonio, e qualcuna in una entusiastica consacrazione al Signore.
        Al ritorno in seminario, non trova difficoltà ad esporre i motivi della sua deroga a disposizioni... del pennino, decise a tavolino.
        Colui che aveva il dovere di esercitare il potere esecutivo, per leggi piovute dall'alto, dando la chiara impressione, con la sua finezza pedagogica, di non far molta fatica, a capire le motivazioni addotte, sorpreso dalla pacata fermezza di Zino, si limita ad un «amichevole» consiglio di evitare imprudenze.
        Tutto contribuisce a creargli un armonioso equilibrio interiore, che lo guiderà poi a prendere, in piena maturità, la decisione definitiva, senza avere negli anni successivi ripensamenti e rimpianti.
        Con questo non si vuol dire che non sia stato mai attraversato da pensieri o desideri diversi da quell'ideale, o anche da dubbi circa la sua scelta specifica: sarebbe «mostruoso» pensare a qualcosa del genere, anche per un ideale meraviglioso, quasi fosse qualcosa di trascendentale, ma innaturale ed inumano.
        Zino si è sempre energicamente ribellato, sia al ruolo di mito o coscritto, sia a quello di «mostro». Queste sue convinzioni, maturate sempre più profondamente nel tempo, hanno contribuito notevolmente a stabilire con la donna un rapporto di massima naturalezza, che ha inciso positivamente anche nel ministero pastorale, come avremo modo di puntualizzare.
        La finezza materna del capo d'istituto, padovano, era mirabilmente integrata dalla fermezza paterna di un bergamasco che, pur essendo chiamato «padre spirituale», non esercitava la sua azione educativa a «scompartimento stagno» ma, con solide e convincenti motivazioni, sollecitava alla crescita di «tutto» l'uomo, in tutte le sue dimensioni.
        Una coppia ideale di autentici educatori, che possiamo identificare come «Mamma Finezza» e «Papà Fermezza», i quali, con tutti i comprensibili limiti umani, creavano in quel «casermone» un clima familiare così caldo, che integrava molto bene quello della famiglia naturale. Sono sempre gli uomini che formano ed animano le strutture educative e non viceversa.
        Di questo riuscito «connubio» di azione materna e paterna beneficiarono sia i giovani che, man mano, rinunziavano a proseguire il cammino verso il sacerdozio, sia quelli che continuarono.
        Dei numerosi professori, tutti sacerdoti, soltanto pochi lavoravano nella prospettiva educativa di formare « uomini-sacerdoti» e «sacerdoti-uomini». Pur essendo nella maggioranza professionalmente preparati, la loro azione in una specifica struttura educativa, non si svolgeva in dimensione «formativa», ma soltanto «informativa», tradendo quasi del tutto lo scopo di una Scuola, e, vergognosamente, lo specifico di un Seminario Maggiore.
        Tra questi «sedicenti» educatori, professori e preti, faceva spiccatamente eccezione l'unico professore laico, esemplare padre di famiglia che, nella sua umiltà (era piccolo anche di statura), con le sue notevoli doti di professionalità e responsabilità, rettitudine e semplicità, incideva profondamente nella vita dei giovani, con la sua grande dirittura morale (non per niente, era professore di matematica...).
        Anche tra i professori di teologia, solo qualcuno è riuscito a dare di sé un'esemplare immagine di «sacerdote».
        Da ciò risulta evidente che, nell'esercizio di ogni professione, sia pure la più nobile, se manca la funzione «educativa», tutto si riduce a fredda e semplice informazione, a volte addirittura «diseducativa», che, non prepara gli uomini del domani, ma soltanto dei «robots», cui oggi possono provvedere, e molto più incisivamente, Mass Media, telematica, informatica...
        La società odierna, ormai computerizzata, avrà sempre più bisogno di «educatori», poiché dei gelidi informatori ormai, e direi, finalmente, non sa che farsene.

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