CENNI STORICI - Conoscere l'Irpinia

Appendice

STORIA E LEGGENDA DEL PONTE ROMANO

Nascosta dal folto fogliame dei pioppi e coperta per buona parte da rovi e spine si erge una costruzione antica intorno alla quale storia e leggenda si intrecciano a rendere più mitico e fascinoso il luogo.
Sistemata l'area circostante dalla Comunità Montana ed utilizzata spesso e soprattutto nel periodo primaverile per picnic, la costruzione attira il visitatore per la sua imponenza e per la carica di mistero che contiene in sé.
Si tratta del cosiddetto Ponte Romano (o ponte di Annibale, secondo alcuni, ma questa è un'altra storia; il ponte di Annibale c'è, ma a due chilometri ad Est, in territorio di Luogosano...). Un ponte solido, come tutte le costruzioni di Roma antica, a tre luci, quindi molto grande, sicuramente via di collegamento tra i due rami dell'Appia antica, per creare un passaggio sul fiume Calore tra i territori di Chiusano-San Mango-Castelvetere e quelli di Taurasi-(Luogosano)-Passo di Mirabella.
Resti di un ponte simile di recente sono stati ritrovati ad ovest, sul territorio di confine tra Lapio e Montemiletto sempre sul fiume Calore (anche questa è un'altra storia...).
Ma la fascinosità allora in che cosa consiste? È domanda lecita.
Di solito sotto un ponte passa acqua, sia pure poca, altrimenti avremmo un semplice viadotto. Sotto il nostro Ponte Romano non passa acqua, nemmeno un filo... diventa un pantano il terreno sottostante nei periodi di pioggia intensa. Ed invece il Ponte Romano è un ponte vero costruito sul grande fiume Calore: ne sono testimonianza certa i robusti enormi "frangiflutti", tecnicamente perfetti, che si opponevano alla delicata violenza delle acque tagliandole e smistandole verso le luci laterali, per evitare il blocco della "luce" principale nei periodi di "piena" che porta e trasporta con sé materiale ostruttivo.
Allora come mai? Dove è andata a finire l'acqua che scivolava allegra sotto il ponte?
Una parentesi, necessaria.
Nella zona, quando altrove piove, o c'è bel tempo o c'è bufera e tempesta... si scatenano i sette venti; la violenza delle piogge provoca spesso frane, smottamenti ed alluvioni...
Dopo la grande nevicata del 1956, nel 1957, al tempo del passaggio della cometa, ci fu in maggio una grande gelata che distrusse tutte le fioriture, in novembre un'alluvione terribile; venne giù nella valle del fiume mezza collina con la strada che collegava Malvito a Paternopoli e Luogosano, il fango all'altezza di un metro circondava le case, ma tutto poi si sistemò... Il fiume Calore è stato sempre buono, ha protetto la zona, nel suo largo letto ha accolto e smaltito tutto.
Il Calore ha sempre ripreso il suo corso col brioso fruscio delle acque chiare e fresche... anche quando in altra occasione dovette combattere con le "calde" acque del fiume Fredane all'altezza della confluenza sul territorio di Paternopoli (si noti lo strano ossimoro dei nomi dei fiumi e della realtà fisico-chimica delle loro acque: il Calore ha avuto sempre acque "fresche", il Fredane invece acque "calde" per la provenienza ed il passaggio sul territorio di Villamaina famosa per le sue terme...).


La parentesi si è resa necessaria per spiegare quanto avvenne in una notte terribile all'inizio del secolo scorso.
Una tempesta furiosa, venti violenti con percorsi contrastanti, pioggia frustante ed incessante; in quella notte tremenda e paurosa si staccò perfino un pezzetto della montagna di Chiusano... il torrente Uccello, fino ad allora modesto nella portata, affluente di sinistra del Calore proprio all'altezza del Ponte Romano, a dispetto del nome, si gonfiò e s'ingrossò enormemente, trascinò a valle, con impetuosa ed irrefrenabile corsa nell'inconsueto alveo che si allargò a dismisura, tutto quanto incontrava.
Le acque ignare del fiume Calore, provenienti da Est dove il tempo non era stato tanto cattivo, si videro parare innanzi macigni arcigni e detriti minacciosi; il Calore, nella sua bontà, arretrò, si scostò, si spaventò, traboccò, trovò un altro letto, largo, nel quale scorrere sereno, anche se più voluminoso, con il suo incedere maestoso.
La tempesta passò. E col tempo i due corsi d'acqua fecero pace. Ora il torrente Uccello, umile e docile, quale del resto era sempre stata la sua natura, porta il suo modesto contributo al grande vecchio, defraudato, a monte, delle sue acque dall'ignoranza, dall'incuria e da più devastante violenza, quella degli uomini.
Ed il Ponte Romano? Dimenticato da tutti? No.
L'acqua buona del Calore, ancora e sempre innamorata del suo ponte, con misterioso percorso sotterraneo, scorrendo sotto quel territorio che un tempo fu di Luogosano, alimenta un laghetto nel quale il Ponte si specchia... E le canne che circondano i bordi bassi, al mattino, al sorgere del sole, sono armoniosamente suonate dal lieve fruscio del vento che, tra le lunghe foglie sottili, delicato soffia in quel luogo, evocando un soave suono elegiaco, flebile, pianto e rimpianto di un tempo che fu. Un tempo che l'amore degli uomini, quelli capaci di ascoltare la musica del creato, può far ritornare e rivivere negli occhi sempre fanciulli di due innamorati.
Il Ponte è là. Ed anche il suo segreto.

Giuseppe Gesa

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