Vallata - brevi cenni storici -
Relazione del 1610.

      Nella chiesa di V., dedicata a S. Bartolomeo Ap., vi sono 22 sacerdoti, 4 diaconi e 3 suddiaconi, con 60 chierici. Viene recitato l'ufficio in coro, e si canta la Messa conventuale, e nei giorni festivi solennemente.
      La detta chiesa è fornitissima di tutti i paramenti; ci sono tre confraternite ed un ospedale, le cui cappelle sono ben ornate, ed hanno licenza di reddito, che viene speso per la riparazione delle dette.
      In tale relazione possiamo riscontrare una tendenza a privilegiare il culto rispetto alle opere sociali: chiesa fornitissima di paramenti, cappelle ben ornate, redditi utilizzati per la restaurazione delle stesse. Ma notiamo pure tutta una rifioritura di vita ecclesiastica: ben 22 sacerdoti, 4 diaconi, 3 suddiaconi e 60 chierici. Un seminario al completo e ben organizzato!
      Tra le righe vi si legge chiaramente che le vocazioni nascevano dalla comunità e si preparavano al sacerdozio nella comunità, con i vantaggi e i limiti che tale situazione poteva comportare.
      Gli elementi positivi, che potevano sollecitare la formazione umana e sacerdotale di quelli che si preparavano al sacerdozio erano tanti:
      il continuo contatto con la religiosità popolare, nelle sue varie espressioni; l'esperienza di culto, che aveva i suoi momenti forti nella messa conventuale giornaliera con l'ufficio corale, nella messa solenne dei giorni festivi, nelle processioni e funzioni varie con grande partecipazione di popolo; le prime esperienze di apostolato con gli ammalati, vecchi, poveri; le esperienze catechistiche e formative con bambini e con i vari sodalizi; la maturazione nell'ambiente naturale della famiglia, con le sue esigenze di lavoro, di condivisione di gioie e di dolori, di adattamento alle varie situazioni, di socialità, di religiosità, ecc.; l'inserimento costante in un popolo, che aveva certamente i suoi difetti, ma anche tanti pregi, valori umano-cristiani, che sicuramente contribuivano alla loro maturazione, certo, se da parte loro c'era sensibilità o disponibilità a cogliere tante sollecitazioni.
      E' chiaro che, con questi elementi positivi, c'erano anche elementi che potevano incidere negativamente sulla loro preparazione al sacerdozio:
      chiusura in un piccolo ambiente di paese; gelosie e rancori di famiglie, pettegolezzi, protezionismi vari e arrivismo; prospettive forse di una vita più comoda; limiti di formazione intellettuale e spirituale, di preparazione umanistica e teologica, anche se non mancavano nel clero locale figure di sacerdoti ben preparati.
      Tutto sommato, si trattava di una crescita più aderente alla realtà, anziché di una crescita artificiosa nel chiuso di una serra.

      Non prendiamo in esame la relazione del 1614, perché riporta quasi "ad litteram" quella del 1605; riproduciamo invece quasi integralmente, nel suo bel carattere a stampatello, la relazione del


      1660, che ricorda la terribile pestilenza del 1656, la quale devastò e quasi distrusse il Regno di Napoli; il Vescovo evita di fare una dettagliata descrizione, "per non aumentare il dolore del Papa".
      Per quanto riguarda V., la relazione aggiunge alcune pennellate al quadro già fosco presentatoci dal Primicerio D. B. Caruso, di cui al precedente capitolo. Confrontando le cifre riportate dai due documenti, possiamo evincere questi dati inoppugnabili:

      Prima della peste:   Abitanti 1678   Sac. 26   Diac. 6   Chier. 20   Sudd. 2 (a)
      deceduti nella "          " oltre 1200       "  17      "     2      "      17       "    1
                                   ---------------- --------------------------------------------
      sopravvissuti  "          " circa 478         "   9       "    4       "       3        "   1
      Nel 1660 abbiamo       "          651          " 13       ------       "       7     ---------

      (a) I suddiaconi non sono menzionati nella relazione.

      E' evidente che le cifre della relazione si riferiscono alla situazione del 1660, quattro anni dopo la peste, per cui con le nuove nascite si arriva ai 651 abitanti; i sacerdoti da nove, ridotti ad otto nel 1659 per la morte dell'Arcip. de Hippolito, risalgono a tredici, per l'ordinazione sacerdotale avvenuta nel frattempo dei quattro diaconi e del suddiacono superstiti; infine ai tre chierici superstiti si aggiungono nel frattempo altri quattro: la vita, dopo quella catastrofe, doveva pur continuare!
      Il confronto quindi dei due documenti inediti ci conferma la piena attendibilità delle notizie tramandateci.

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