Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - CAPITOLO XIX. - La parola dei contemporanei. - La fama di Santo.

CAPITOLO XIX.

La parola dei contemporanei.
La fama di Santo.

SOMMARIO. — L'universalità della stima — I contemporanei — Santo da fanciullo — Il meriggio — Al solo apparire — Il suo esteriore — Sempre ricercato , sempre amato — Frasi di testimoni viventi — Il giudizio di uomini sommi — D. Giuseppe Ioculano e la sedia del santo — Il P. Pisani — Il P. Caprioli — Sudditi e novizi — Fama che cresce cogli anni — Un oracolo — Attraimento dei Santi.


    Da quanto sin qui siamo venuti narrando del nostro caro Venerabile, è facile comprendere in quale estimazione fosse egli tenuto da tutti che lo conobbero e lo videro, sia per gl'irradíamenti di sue virtù, sia per lo splendore dei doni celesti. Da per ogni dove veniva circondato di stima e di venerazione, e la fama di santo lo seguiva in tutte le sue peregrinazioni, e dovunque apparisse.
    Ciò è tanto più singolare, se si pone mente agli amori suoi per l'umiltà e pel nascondimento. Vedemmo pure che d' indole era più tosto timido e riservato, e ordinariamente si manteneva celato, e senza parlare: non amava espandersi, tanto meno rivelarsi — come per altro di solito son tutti i santi. Tuttavia un'aureola luminosa pare che misteriosamente lo avesse irraggiato, sempre, i di cui sprazzi andavano a colpire anche quelli che non tanto si intendono di virtù, o che pare abbiano una ripulsione innata per tutto ciò che è pietà e santità.
    È bello perciò sentire come ne parlavano i contemporanei suoi, ed in quale conto lo avessero avuto; e con tutto che finora abbiamo coscienza di avere abbozzato il ritratto di Lui camminando sempre sulle orme delle testimonianze di quanti lo conobbero , e servendoci del loro giudizio e talvolta anche delle loro stesse parole , ci piace, quasi a compimento, dare nell'istesso modo le ultime pennellate rimirando l' individuo nella totalità sua, e studiandone le opere nel loro complesso.
    Suol dirsi che la gloria segue la virtù, come la luce l'ombra: così dal santo nostro si sprigionava un non so che di soprannaturale e di misterioso, che a guisa di fragranza lo circondava, e seguiva dovunque.
    Nel P. Di Netta, questo si osservò dai primi anni stessi di sua infanzia, per cui nel suo paese natale, di lui si diceva comunemente : « Questo giovanetto è nato santo ».
    Ciò fu come l'aurora. A mano a mano poi che le sue virtù andaronsi manifestando insieme alla gran copia dei doni ricevuti dal cielo, fu intorno a lui luce di pieno meriggio. La stima lo seguì sempre e universalmente: fu stima di Confratelli, di Superiori, di personaggi illustri, di popoli interi... Era chiamato « Uomo di Dio, angelo in carne, uomo di orazione, gran Servo di Dio, santo innamorato della Madonna, apostolo, un secondo Saverio »...
    Dovrei qui riportare letteralmente quanto i testimoni tutti deposero nei suoi Processi canonici?... Ma in ciò fare riuscirei prolisso, e dovrei ripetermi ogni riga. Dirò di loro testimonianze come a volo di uccello.
    « Bastava che egli apparisse in pubblico, sia pure tra compagni molti, e tostamente riusciva distinto, e come segnato a dito ». I popoli, suol dirsi, hanno una specie d'intuito, non sanno dirti i perchè delle cose, ma il più delle volte ben si appongono, e non sbagliano. Nel Di Netta dunque a prima vista ci intuivano il santo, e così lo chiamavano.
    Uscendo egli una volta da Tropea per Missione insieme a molti altri suoi Confratelli, la Sig.ra Basile , ecco come chiamò su di lui l' attenzione delle figlie : « Vedete , figlie mie , come il P. Di Netta risplende di santità fra tutti? ».
    Era la sua angelica modestia, era il raccoglimento, e la dolcezza del viso, era il suo modo di parlare affabile e mansueto , era il suo incesso grave e umile, era tutto il suo portamento semplice e senza affettatura... che spirava come un'aura profumata, e lo faceva apparire uomo fuori l'ordinario.
    Per ciò l' attorniavano tutti con festa, specialmente i bambini, sempre i primi nelle spontanee manifestazioni del cuore, e coi bambini i vecchi, gli uomini., le donne , signori distinti., plebei e nobili, ignoranti e dotti...
    Facevansi tutti un vanto di potergli baciare la mano ; la sola sua presenza incuteva rispetto e amore; e tutti si componevano all'apparire di lui... Da per tutto ove recavasi , lasciava tanto indelebile il ricordo di sue virtù , che il suo ritorno veniva sempre reclamato, e voluto a tutti i costi.
    E in tal modo si spiegano le continue istanze fatte dai Tropeani, quando da essi dovette allontanarsi per assumere la carica di Maestro dei novizi. Fu un lutto per essi, come per tutti i Calabresi; ne scrissero le ripetute volte al Rev.mo Rettore Maggiore, spedirono commissioni tanto a Ciorani, quanto a Pagani , perchè loro venisse restituito l'amato Padre « essendo per essi il Di Netta quello che fu S. Filippo Neri per Roma ». E furono contenti solo quando l'ottennero nuovamente.
    Si spiega pure perchè dopo oltre sessanta anni da che disparve da noi il Servo di Dio, la memoria di lui non finì punto: la fama anzi si rese più universale e gigante, come il desiderio di vederlo decorato con gli onori degli altari si fece sempre più intenso e manifesto.
    Il Servo di Dio non ebbe, come ci fanno sapere quei che lo conobbero e lo udirono, il dono di una voce singolare, non era neppure, come fu accennato a suo luogo, tanto felice in quella specie di tonetto, solito a farsi nelle prediche dai Missionari delle parti meridionali d'Italia, pure avea l'unzione e il fascino della santità, un fare tutto celestiale, angelico, attraente... quindi il solo suo apparire col suo predicare facevano miracoli.
    « Per santo era ritenuto dove andava a predicare. — Tutta la Calabria, tutti che lo conobbero, dai bambini ai vecchi, lo ritennero per santo. — Il Servo di Dio era appellato da tutti apostolo santo. — Si ritenne sempre, e da tutti indistintamente come un santo. — Si aveva pel Servo di Dio, e si ha, quella venerazione, onde si venerano i santi, e la stessa venerazione e fama godeva dapertutto, massime dove andava a predicare... ». Ecco come parlano tutti coloro che deposero nel suo Processo, e dei quali molti sono tuttora viventi.
    Ed è concorde anche il sentimento di uomini gravissimi, e distinti per dignità: Mons. Coppola, Vescovo di Oppido Mamertina, il suo Vicario Gen.le Mons. Grillo, e il Segretario Teologo Sig. Pupa, venuti in Tropea per le feste della Canonizzazione di S. Alfonso , vollero assolutamente baciare la mano al Servo di Dio, « perchè lo avevano come un santo vivente ». In altra circostanza lo stesso Mons. Coppola disse: Il P. Di Netta è un santo, ed io l'avrei proposto per Vescovo, ma conoscendo la somma sua umiltà e il dispiacere che ne avrebbe ebbe provato, ne ho fatto di meno. — Venuto il Cocle a Tropea nel 1842, come è stato riferito altrove, lo stesso insigne Prelato che era per altro così ponderato nel suo parlare, diede pubblicamente il titolo di santo al Di Netta. —Mons. Mincione, Vescovo di Mileto, non avea un linguaggio diverso; parlando con lui, e sempre che lo poteva aver seco, lo colmava di mille segni di sentita venerazione. — Non occorre poi accennare ai Monsignori Franchini e Vaccari, Vescovi di Tropea, perchè essi possono chiamarsi viventi quasi, e palpitanti ancora , tanto si ricorda da tutti il concetto, in che lo ebbero sempre. — Il Signor D. Giuseppe Ioculano in casa si teneva custodita una sedia, solo perchè vi si era seduto il Servo di Dio. Ed ai figli suoi diceva spesso : Non mi toccate questa sedia, perchè su di essa si è seduto un santo. — Lo stesso facevano talune delle penitenti sue, signore distinte di Tropea: nell'ultima malattia, quando acciaccato e sofferente scendeva a confessare, esse gli offrivano una sedia, su cui poggiare i piedi, poi se la ripigliavano contente, per tenersela come una cara reliquia.
    E per dire tutto in breve, riportiamo in questo luogo le parole riferite dal nostro venerando Padre Pisani Francesco, che dicono tutto e son belle: « lo ho avuto occasione di girare per le Missioni parecchie Diocesi delle Calabrie , come quelle di Tropea, Mileto, Oppido, Reggio, Squillate... e dapertutto non ho inteso chiamare con altro nome il Servo di Dio che con quello di Santo... E con tal nome veniva chiamato non pure dal popolo, ma dalle persone le più cospicue e costituite in dignità ecclesiastiche. Così veniva chiamato da tanti rispettabili Sacerdoti, Canonici, e dagli stessi Vescovi... ».
    Nè questa stima era da meno presso i Superiori e i Soggetti della Congregazione.
    Il P. Caprioli, già lo dicemmo, che raccoglieva fino le notizie, per scriverne la vita, e ci duole non essere pervenuti fino a noi tali tesori, altrimenti oh! quanto altro avremmo saputo da un testimone coetaneo, e che fu per anni parecchi suddito e compagno del Servo di Dio nel Ministero delle Missioni. I sudditi suoi più che il superiore, amavano in lui il padre, e veneravano il santo, e si guardavano scrupolosamente di dargli il menomo disgusto. I giovanetti poi suoi novizi, lo confessano a gara, dal primo loro ingresso in noviziato formavansi di lui il vero concetto di uomo di vita interiore, e di uomo santo. E un tale concetto non veniva meno in prosieguo, neppure uscendo essi di Congregazione, come accadde a taluno di loro.
    Non veniva meno neppure negli altri; e ciò derivava perchè nel Servo di Dio con l'andare degli anni le virtù sue brillavano sempre più, e derivava altresì dalla copia dei doni soprannaturali, che pare andassero come moltiplicandosi di giorno in giorno: doni che come si sa, lasciano tanta profonda impressione in tutti!
    Il P. Pavone, che il Servo di Dio conobbe assai da vicino, essendo vissuto con lui in Calabria per moltissimi anni, dà questo giudizio precisamente. E nella sua deposizione dopo di aver parlato di una fama sempre crescente attorno al Venerabile Padre, dopo di aver asserito che il titolo stesso di Apostolo delle Calabrie andava sempre più generalizzandosi in quelle regioni... così conclude:
    « Questa fama s'ingigantiva a misura che si verificavano gli eventi da lui predetti, come il fatto del crollamento della stanza I ), i portentosi arresti di tempesta, quando egli viaggiando per mare diceva ai marinai, non avete a temere, e finalmente cresceva questa fama per la esemplarità di sua vita».
    Si giunse a tanto che era reputato quale un oracolo, e si riponeva in lui tale una fiducia che poteva parere fanatismo, se non fosse basata, come si è detto, sopra i solidi fondamenti delle sue virtù e dei suoi doni. Si udivano con attenzione straordinaria le sue parole, anzi si riguardava qualsiasi suo gesto, e si teneva come di fede quanto egli avesse detto, massime se riguardava il futuro... Addirittura « le sue parole, afferma il P. Andreoli, si ascoltavano da tutti come oracolo ».
    E per conchiudere. Il Di Netta faceva misteriosamente trasparire dal volto suo tutto tutto l'interno, e bastava mostrarsi, per rivelarsi tosto qual' era e quanto era. Il candore suo angelico, la modestia, l' umiltà, la carità, la sua unione con Dio... gli si leggevano sul viso in modo singolare.
    Talvolta ho avuto io l' occasione di avvicinare delle persone assai virtuose, ed ho potuto constatare che veramente in esse la virtù si rivela sempre; e perciò esercitano un attraimento che sa del misterioso... Il Di Netta, non ho avuta la fortuna di conoscerlo personalmente, ma ho parlato, ho conversato con tantissimi che lo conobbero da vicino, e son questi tutti che mi hanno ingenerato di lui la estimazione che qui ho cercato di descrivere : « cioè che il volto del Servo di Dio era una visibilissima trasparenza del suo interiore, e da ciò il giudizio così comune ed universale di essere egli un santo, ed esser questa, e non altra, la parola che veramente gli si conveniva »...

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